3.
LA
TESI
GRAALIANA:
IL
MISTERO
DI
RENNES-LE-CHATEAU
Il
primo
percorso
che
seguiremo
è
quello
che
ha
fatto
più
scalpore
in
seguito
alla
pubblicazione
de Il
Santo
Graal
di
Baigent,
Leigh
e
Lincoln (1982),
riportata
in
auge
con
grande
clamore
mediatico
da
Il
codice
Da
Vinci
di
Dan
Brown
(2003):
quella
che
abbiamo
chiamato
la
"pista
graaliana",
connessa
con
la
concezione
del
Santo
Graal
come
metafora
per
indicare
il
ventre
di
Maria
Maddalena
e
la
presunta
discendenza
che
ella
avrebbe
dato
a
Gesù,
dalla
quale
avrebbe
avuto
origine
la
dinastia
dei
Merovingi;
tale
discendenza,
creduta
estinta, sarebbe
sopravvissuta
in
segreto
a
Rennes Le Château,
sotto
la
protezione
del
Priorato
di
Sion,
il
cui
braccio
armato
sarebbero
stati
i
cavalieri
Templari,
la
cui
presenza
a
Rennes
è
data
per
assodata.
Proprio
qui,
a
Rennes Le Château,
verso
la
fine
dell'Ottocento,
il
curato
della
cittadina,
Bérenger
Saunière, avrebbe
rinvenuto
qualcosa
di
sensazionale
che
gli fruttò
un'enorme
ricchezza.
Il
dato
più
importante
per
la
nostra
ricerca
è
costituito
dal
fatto
che
Saunière
abbia
voluto
con
sé
proprio
questo
dipinto
di
Poussin nella
"caccia
al
tesoro"
che
lo
portò
alla
conquista
di
questa
ricchezza;
perché?
Una
rara
fotografia
di
Saunière
da
giovane
Oltre
a
questo
dipinto,
egli
si
procurò
anche
una
copia
di
un
quadro
di
Teniers,
che
secondo
alcuni
è
da
identificare
con
Sant'Antonio e San Paolo di
Tebe
nel
deserto,
secondo
altri,
a
nostro
parere
più
sensatamente,
con
La
tentazione di Sant'Antonio;
il
motivo
per
cui
il
sacerdote
volle
con
sé
proprio
questi dipinti
sarebbe
implicito
nel
messaggio
in
codice
contenuto in
due
delle
quattro pergamene rinvenute
da
Saunière nella
chiesa
di
Rennes Le Château.
Sarà
bene
precisare
anzitutto,
a
scanso
di
equivoci,
che
non
esiste
nessuna
prova
dell'effettivo
rinvenimento
di
queste
pergamene:
degli
originali
non
c'è
traccia;
se
essi
sono
esistiti, sono finiti in mano a privati
(Cavalieri di Malta? - Lega Internazionale dei Librai Antiquari?) e,
non essendo più disponibili, sono stati sottratti
a qualsiasi possibilità di eseguirvi opportuni
esami anche fisici. All'epoca della loro scoperta, tuttavia, Saunière
ne dovette preparare più copie.
Un primo gruppo venne fatto per il sindaco del comune di Rennes le Château
che, venuto a conoscenza del loro ritrovamento, ordinò al prelato di
consegnargliele: si dice che siano andate distrutte in un incendio scoppiato
negli uffici comunali avvenuto intorno al 1920. Un secondo gruppo fu fatto per l'abate Emile
Hoffet, esperto di esoterismo,
legato alla Chiesa ed al famoso seminario di Saint Sulpice
di Parigi,
ove Saunière era stato inviato dal vescovo di Carcassonne, monsignor
Billard, per la decodificazione del testo cifrato delle pergamene (1891-1893?).
Alla morte dello studioso, sembra che le copie siano
state rubate o vendute
a privati, assieme ai numerosi volumi che componevano la sua biblioteca
(1946).
Circola
poi
la
voce
che
gli originali in possesso di Saunière
siano
stati lasciati in eredità
ad una sua nipote (Berta Jammes), ma nei due testamenti noti del
curato di Rennes le Château non esiste alcun lascito o legato a favore
della parente. Le pergamene, secondo
una
versione
dei
fatti, furono
vendute dalla signora
Jammes nel 1955; secondo un'altra versione, nel 1965 furono date in
prestito ad un'associazione privata inglese con la clausola che, dopo
venticinque anni, sarebbero dovute tornare in Francia per entrare in
possesso di Pierre Plantard, in quanto legittimo erede
dei
Merovingi.
Una
copia,
comunque,
sarebbe
venuta in
possesso
del
marchese Philippe de Chérisey,
noto
complice
di
Pierre
Plantard,
e
da
lui
fu
consegnata
nel febbraio 1964
a
Gérard de Sède, autore dell'opera Le Tresor Maudit de Rennes-le-Château
(1967)
e
vero
artefice
del
"mito"
di
Rennes le Château.
In
base
a
studi
di
tipo
paleografico
le
due
pergamene,
nella forma in cui furono rese note al pubblico da De Sède, non possono essere considerate autentiche e, soprattutto,
non risalgono affatto ad un'epoca antica; si può immaginare
che siano opera dello stesso marchese de Chérisey,
ansioso
di
fornire
all'amico
Plantard
un
documento
che
gli
consentisse
di
figurare
come
erede
della
dinastia
Merovingia,
chiamata
direttamente in
causa
da
una
delle
pergamene.
Nulla
si
può
dire,
ovviamente,
sugli
originali,
se
mai
sono
esistiti.
Il
testo
della
seconda
pergamena
Comunque
sia,
la
seconda delle pergamene
riprodotte
da
de
Sède, una
volta
decriptata, diceva così:
BERGERE PAS DE TENTATION QUE POUSSIN TENIERS GARDENT LA CLEF PAX DCLXXXI PAR LA CROIX ET CE CHEVAL DE DIEU
J'ACHEVE CE DAEMON DE GARDIEN A MIDI POMMES BLEUES
che tradotto in italiano suona:
PASTORA NESSUNA TENTAZIONE CHE POUSSIN TENIERS DETENGONO LA CHIAVE
PACE 681 PER LA CROCE E QUESTO CAVALLO DI DIO IO COMPIO [o ANNIENTO?]
QUESTO DEMONE DI GUARDIANO A MEZZOGIORNO MELE AZZURRE.
Sebbene
questo
messaggio
sia
apparentemente
delirante,
una
cosa
almeno
è
chiara:
Poussin
e
Teniers
vengono
chiamati
in
causa
come
detentori
di
una
non
meglio
identificata
"chiave".
Di
qui
ebbe
inizio la
caccia
al
tesoro
di
Saunière,
a
quanto
pare
coronata
da
successo.
Preveniamo
un'ovvia
obiezione:
perché,
se
le
cose
stanno
così,
dovremmo
occuparci
di
questo
quadro
e
non
anche
di
quello
di
Teniers
chiamato
in
causa
dalla
stessa
pergamena?
La
risposta
è
semplice:
perché
purtroppo
il
quadro di
Teniers
in
questione
non
è
mai
stato
identificato
con
sicurezza,
avendo
egli
dipinto
più
volte
lo
stesso
soggetto
(Sant'Antonio
nel
deserto).
A
dire
il
vero
neppure
per
Poussin
siamo
assolutamente
certi
che
il
quadro
"incriminato"
sia
proprio
questo:
non
manca
infatti
chi
sostiene
che
potrebbe
trattarsi
della
prima
versione,
quella
del
1629-30;
ma
per
varie
ragioni
questo
sembra
poco
probabile.
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