POUSSIN: LES BERGERS D'ARCADIE, 1639-40

 

 

3. LA TESI GRAALIANA: IL MISTERO DI RENNES-LE-CHATEAU

 

Il primo percorso che seguiremo è quello che ha fatto più scalpore in seguito alla pubblicazione de Il Santo Graal di Baigent, Leigh e Lincoln (1982), riportata in auge con grande clamore mediatico da Il codice Da Vinci di Dan Brown (2003): quella che abbiamo chiamato la "pista graaliana", connessa con la concezione del Santo Graal come metafora per indicare il ventre di Maria Maddalena e la presunta discendenza che ella avrebbe dato a Gesù, dalla quale avrebbe avuto origine la dinastia dei Merovingi; tale discendenza, creduta estinta, sarebbe sopravvissuta in segreto a Rennes Le Château, sotto la protezione del Priorato di Sion, il cui braccio armato sarebbero stati i cavalieri Templari, la cui presenza a Rennes è data per assodata.

Proprio qui, a Rennes Le Château, verso la fine dell'Ottocento, il curato della cittadina, Bérenger Saunière, avrebbe rinvenuto qualcosa di sensazionale che gli fruttò un'enorme ricchezza. Il dato più importante per la nostra ricerca è costituito dal fatto che Saunière abbia voluto con sé proprio questo dipinto di Poussin nella "caccia al tesoro" che lo portò alla conquista di questa ricchezza; perché?

 

 

Una rara fotografia di Saunière da giovane

 

Oltre a questo dipinto, egli si procurò anche una copia di un quadro di Teniers, che secondo alcuni è da identificare con Sant'Antonio e San Paolo di Tebe nel deserto, secondo altri, a nostro parere più sensatamente, con La tentazione di Sant'Antonio; il motivo per cui il sacerdote volle con sé proprio questi dipinti sarebbe implicito nel messaggio in codice contenuto in due delle quattro pergamene rinvenute da Saunière nella chiesa di Rennes Le Château.

Sarà bene precisare anzitutto, a scanso di equivoci, che non esiste nessuna prova dell'effettivo rinvenimento di queste pergamene: degli originali non c'è traccia; se essi sono esistiti, sono finiti in mano a privati (Cavalieri di Malta? - Lega Internazionale dei Librai Antiquari?) e, non essendo più disponibili, sono stati sottratti a qualsiasi possibilità di eseguirvi opportuni esami anche fisici. All'epoca della loro scoperta, tuttavia, Saunière ne dovette preparare più copie. Un primo gruppo venne fatto per il sindaco del comune di Rennes le Château che, venuto a conoscenza del loro ritrovamento, ordinò al prelato di consegnargliele: si dice che siano andate distrutte in un incendio scoppiato negli uffici comunali avvenuto intorno al 1920. Un secondo gruppo fu fatto per l'abate Emile Hoffet, esperto di esoterismo, legato alla Chiesa ed al famoso seminario di Saint Sulpice di Parigi, ove Saunière era stato inviato dal vescovo di Carcassonne, monsignor Billard, per la decodificazione del testo cifrato delle pergamene (1891-1893?). Alla morte dello studioso, sembra che le copie siano state rubate o vendute a privati, assieme ai numerosi volumi che componevano la sua biblioteca (1946).

Circola poi la voce che gli originali in possesso di Saunière siano stati lasciati in eredità ad una sua nipote (Berta Jammes), ma nei due testamenti noti del curato di Rennes le Château non esiste alcun lascito o legato a favore della parente. Le pergamene, secondo una versione dei fatti, furono vendute dalla signora Jammes nel 1955; secondo un'altra versione, nel 1965 furono date in prestito ad un'associazione privata inglese con la clausola che, dopo venticinque anni, sarebbero dovute tornare in Francia per entrare in possesso di Pierre Plantard, in quanto legittimo erede dei Merovingi.

Una copia, comunque, sarebbe venuta in possesso del marchese Philippe de Chérisey, noto complice di Pierre Plantard, e da lui fu consegnata nel febbraio 1964 a Gérard de Sède, autore dell'opera Le Tresor Maudit de Rennes-le-Château (1967) e vero artefice del "mito" di Rennes le Château.

In base a studi di tipo paleografico le due pergamene, nella forma in cui furono rese note al pubblico da De Sède, non possono essere considerate autentiche e, soprattutto, non risalgono affatto ad un'epoca antica; si può immaginare che siano opera dello stesso marchese de Chérisey, ansioso di fornire all'amico Plantard un documento che gli consentisse di figurare come erede della dinastia Merovingia, chiamata direttamente in causa da una delle pergamene. Nulla si può dire, ovviamente, sugli originali, se mai sono esistiti.

 

 

Il testo della seconda pergamena

 

Comunque sia, la seconda delle pergamene riprodotte da de Sède, una volta decriptata, diceva così:
BERGERE PAS DE TENTATION QUE POUSSIN TENIERS GARDENT LA CLEF PAX DCLXXXI PAR LA CROIX ET CE CHEVAL DE DIEU J'ACHEVE CE DAEMON DE GARDIEN A MIDI POMMES BLEUES

che tradotto in italiano suona:
PASTORA NESSUNA TENTAZIONE CHE
POUSSIN TENIERS DETENGONO LA CHIAVE PACE 681 PER LA CROCE E QUESTO CAVALLO DI DIO IO COMPIO [o ANNIENTO?] QUESTO DEMONE DI GUARDIANO A MEZZOGIORNO MELE AZZURRE.

Sebbene questo messaggio sia apparentemente delirante, una cosa almeno è chiara: Poussin e Teniers vengono chiamati in causa come detentori di una non meglio identificata "chiave".

Di qui ebbe inizio la caccia al tesoro di Saunière, a quanto pare coronata da successo.

Preveniamo un'ovvia obiezione: perché, se le cose stanno così, dovremmo occuparci di questo quadro e non anche di quello di Teniers chiamato in causa dalla stessa pergamena? La risposta è semplice: perché purtroppo il quadro di Teniers in questione non è mai stato identificato con sicurezza, avendo egli dipinto più volte lo stesso soggetto (Sant'Antonio nel deserto). A dire il vero neppure per Poussin siamo assolutamente certi che il quadro "incriminato" sia proprio questo: non manca infatti chi sostiene che potrebbe trattarsi della prima versione, quella del 1629-30; ma per varie ragioni questo sembra poco probabile.