DAN BROWN, IL CODICE DA VINCI

 

 

Pochi libri, nella storia della letteratura, hanno suscitato scalpore e polemiche come Il codice Da Vinci dell'americano Dan Brown, scritto nel 2003 e pubblicato in Italia nel 2004, vero e proprio fenomeno editoriale tradotto in quarantaquattro lingue e con oltre quaranta milioni di copie vendute, da cui è stato ricavato anche un film di successo nel 2006, per la regia di Ron Howard; le polemiche sono nate non solo in seno alla Chiesa, per ovvi motivi di ortodossia religiosa legati alla presentazione "eretica" della figura di Gesù, ma anche all'interno dello stesso mondo letterario, in cui l'enorme ed impensabile successo di pubblico (e di cassetta) del romanzo non ha mancato di indispettire gli scrittori che, per lo più giustamente, ritenevano di essere stati in qualche modo la fonte dell'ispirazione di Dan Brown, e che tuttavia non avevano ottenuto un'analoga notorietà: primi fra tutti gli inglesi Michael Baigent, Henry Lincoln e Richard Leigh, autori de Il Santo Graal del 1982 (tr. it. Mondadori 2004), ma anche il nostro Umberto Eco.

Se da una parte sono comprensibili il fastidio e l'insofferenza suscitati dal romanzo di Brown, dall'altra però è necessario provare ad accostarsi a quest'opera con il massimo distacco e la massima freddezza possibili, per poter formulare un giudizio critico un minimo sereno e soprattutto non influenzato da pregiudizi cattolici.

 

 

Dan Brown come Monna Lisa

 

 

Questa in sintesi la trama:

Jacques Saunière, curatore del Louvre, viene brutalmente assassinato durante una notte all’interno dello stesso museo parigino. In un ultimo gesto disperato, l’uomo, di settantasei anni, si aggrappa ad un dipinto di Caravaggio e fa scattare l’allarme. La pesante saracinesca di ferro cala immediatamente, bloccando l’ingresso al suo inseguitore. Gli ultimi minuti di vita Saunière li impiega per togliersi i vestiti, distendersi sul pavimento e disporsi come il celeberrimo disegno di Leonardo Da Vinci, l’uomo di Vitruvio. Quando giungono i primi soccorritori si trovano davanti ad una scena agghiacciante: vicino al corpo nudo senza vita alcuni numeri, che costituiscono una sequenza di Fibonacci, e un nome: Robert Langdon.

Costui è uno studioso di simbologia, il quale, condotto al Louvre, viene interrogato, poiché ritenuto dal capitano di polizia Bezu Fache colpevole della morte del Curatore. Per discolparsi, e per venire a capo dell'enigma, Robert Langdon, affiancato da Sophie Neveu, nipote del curatore ucciso e studiosa di crittologia, e successivamente anche dallo studioso Sir Leigh Teabing, dovrà ripercorrere attraverso indizi nascosti in importanti opere d'arte, enigmi e misteriosi nemici, il percorso del Santo Graal, uno dei più grandi misteri dell'umanità, ricercato perfino da Hitler.