PASTORI IN ARCADIA: "ET IN ARCADIA EGO"

 

 

Tuttavia, se Goethe è risultato essere il personaggio-chiave nell'interpretazione ermetica di questa frase sibillina, non si tratta certo del punto di arrivo: un'altra sorpresa ci attende in tempi più recenti. Infatti "Et in Arcadia Ego" è stato rivendicato come motto del Priorato di Sion e della famiglia Plantard, il cui ultimo esponente, Pierre Plantard, affermava di essere discendente dei Merovingi e quindi di Gesù e di Maria Maddalena, e come tale legittimo pretendente al trono di Francia, usurpato dai Carolingi con l'appoggio della Chiesa cattolica nel lontano 679, allorché l'ultimo re Merovingio, Dagoberto II, fu fatto assassinare nella foresta di Woevres dal suo maestro di palazzo Pipino il Grosso (da cui la cosiddetta "dinastia" dei Carolingi); inoltre lo si trovava inciso, a quanto pare, sulla tomba della marchesa Marie de Negri d’Ablès, dama di Hautpoul-Blanchefort, a Rennes Les Château, prima che il discusso parroco Bérenger Saunière lo facesse sparire.

 

 

Pierre Plantard

 

Per la complicata storia del Priorato di Sion, presunta associazione sorta nel 1099 a tutela della discendenza di Gesù Cristo e di Maria Maddalena, e di Pierre Plantard, si veda questo approfondimento; per il legame del Priorato con i Merovingi si veda questo capitolo. La vicenda della tomba di Marie de Negri, le cui lastre furono manomesse e levigate da Bérenger Saunière così da farne sparire le scritte, è stata affrontata in questa pagina.

A questo punto il legame del motto ermetico con la figura di Gesù ed il mistero di Rennes Les Château diventerebbe strettissimo, anche se è appena il caso di far notare che potrebbe trattarsi di una colossale montatura, data anche la rivendicazione molto tarda (1964) del motto da parte di Plantard e del sedicente Priorato. Comprendere che cosa Gesù e la sua presunta discendenza abbiano a che fare con l'Arcadia è a questo punto indispensabile, ma la questione verrà affrontata in una sezione a parte.

 

 

La Torre Magdala a Rennes Les Château

 

Per il momento ci sembra che quanto detto fin qui sia sufficiente per azzardare una risposta alla questione del motto; e poiché, come abbiamo visto, le tesi in proposito sono due ed antitetiche e non esistono elementi certi per smentire nessuna delle due, le riporteremo entrambe a conclusione di questo capitolo:

a) il motto "Et in Arcadia Ego", in origine riferito alla tomba di Terenzio a Stinfalo in Arcadia, con il significato di "Io giaccio in Arcadia", fu in seguito ripreso da alcuni artisti, pittori e scrittori, ora come memento mori, per ricordare agli uomini la fugacità e la precarietà dell'esistenza, ora come espressione del rimpianto di un'ideale "Età dell'Oro", di volta in volta identificabile con la giovinezza ormai lontana o con un luogo di suggestiva bellezza o comunque con una condizione di beatitudine irrimediabilmente perduta;

b) il motto "Et in Arcadia Ego", qualunque sia la sua origine, si trasforma ben presto (verso la fine del Cinquecento) in una "parola d'ordine", un segno di riconoscimento fra adepti di sette che custodiscono, attraverso la maschera dei pastori d'Arcadia, segreti riconducibili, a seconda delle tesi dei critici, all'àmbito alchemico-ermetico oppure a quello dell'eresia gnostica, connessa con un'interpretazione eterodossa della figura di Gesù e della sua presunta discendenza. In tale prospettiva l'Arcadia non sarebbe altro che il germe dal quale sarebbe scaturita, nel Settecento, la moderna Massoneria.