5.
LA
TOMBA
DI
MARIE DE NEGRI
D’ABLES
La famiglia dei d’Hautpoul-Blanchefort,
signori di Rennes Le Château,
poteva vantare, tra i suoi antenati, addirittura un membro dell’Ordine
dei Templari: infatti, Bertrand Blanchefort fu il sesto Gran Maestro dei
Cavalieri Templari. Nel 1781, il curato di Rennes Le Château Antoine
Bigou ricevette in confessione, in punto di morte, dalla marchesa Marie
d’Hautpoul-Blanchefort, un segreto di famiglia, che,
per espressa volontà della marchesa, avrebbe dovuto essere tramandato. La marchesa morì
il 17 gennaio 1781 e fu sepolta, stranamente, sotto il campanile
della chiesa locale (i nobili del suo rango possedevano tutti
una cappella di famiglia).
Si
dice
che
Bigou abbia
nascosto i
documenti affidatigli dalla marchesa in uno dei pilastri dell’altare della chiesa di Rennes,
dove
più
tardi
li
avrebbe
rinvenuti
il
curato
Bérenger Saunière,
abate del borgo di Rennes Le Château dal 1885;
secondo
alcuni
la
ricchezza
improvvisa
e
inspiegata
di
cui
egli
entrò
in
possesso
sarebbe
legata appunto
al
rinvenimento
del
"segreto"
della
marchesa.
Ma,
per
tornare
al
curato
Bigou,
egli
nel
1791, dieci anni dopo la morte della marchesa, fece porre sopra la
sua
tomba
una lastra proveniente da un’altra
tomba. Questa tomba, secondo alcuni, si trovava ad Arques ed
era
esattamente
quella
di
Les
Pontils,
distrutta
nel
1988
con
futili
pretesti.
La
lapide preesistente
non
venne
sostituita,
ma
accostata
alla
seconda:
la
prima
era
posta
in
verticale,
la
seconda
in
orizzontale.
Sulla
lastra
orizzontale, quella
apposta
in
un
secondo
tempo,
pare
che
l'abate
Bigou abbia
fatto incidere,
parte
in
latino
e
parte
in
greco,
il
motto
Et in Arcadia ego;
diciamo
"pare"
perché
la
lastra,
come
vedremo,
venne
in
seguito
levigata
per
farne
sparire
ogni
scritta;
essa
comunque,
secondo
le
più
attendibili
ricostruzioni,
si
sarebbe
presentata
così:
Riproduzione
della
lastra
tombale
della
marchesa
di
Hautpoul
L’iscrizione
centrale,
“Reddis
Regis
Cellis
Arcis”,
viene
tradotta
da
Jarnac
“Nella
Rennes
del
re,
nelle
cave
della
fortezza”.
“Praecum”,
sempre
secondo Jarnac,
corrisponderebbe
ad
un
abbreviamento
del
genitivo
“Praeconum”,
“degli
araldi”
(da
praeco,
-onis
lat.
=
araldo),
termine
con
cui
venivano
spesso
designati
i
Templari
nel
XIII
e
XIV
secolo,
quali
araldi
della
cristianità.
E
il
motto
Et
in
Arcadia
Ego?
Il
solito
memento
mori?
O
qualcosa
di
più
e
di
ben
diverso,
considerati
anche
la
provenienza
della
lastra
tombale
e
i
segreti
tramandati
dalla
marchesa?
Saremmo
tentati
di
optare
per
la
prima
risposta,
se
non
fosse
che
la
lastra
verticale
sembra
essere
stata
concepita
apposta
per
far
sorgere
i
più
strani
dubbi:
essa
infatti
contiene
puerili errori
di
grafia
(a
destra
si
può
leggere
la
versione
"riveduta
e
corretta"),
alcuni
dei
quali
veramente
imbarazzanti,
come
ad
esempio
"REQUIESCAT
IN
PACE"
scritto
"REQUIES
CATIN
PACE".
Ora,
considerato
che
"catin"
in
francese
significa
"prostituta",
l'errore
è
da
considerare
quanto
meno
sospetto.
Inoltre
la
data
della
morte
è
sbagliata
(altro
errore
incomprensibile).
Ecco
una
fotografia
della
lastra,
in
cui
gli
errori
sono
evidentissimi:
Tuttavia
una
pesantissima
ipoteca
grava
sulla
questione
della
tomba
della
marchesa:
infatti
solo
della
lastra
verticale
esiste una
documentazione
fotografica;
Saunière
fece
invece
sparire
ogni
traccia
della
lastra
orizzontale,
per
cui
per
essa
dobbiamo
affidarci
a
ricostruzioni
congetturali
basate
sulla
memoria
di
chi
le
aveva
viste. Un
fatto
comunque
è
evidente:
se
Saunière
ha
occultato quella lastra
è
perché
la
riteneva
compromettente.
Che
le
scritte
ci
fossero
è
affermato
da
due
testimoni
oculari,
Ernest
Cros
ed
Eugene Stublein,
ed
almeno
il
primo
è
da
considerare
un
osservatore
attento
ed
un
testimone
attendibile
e
in
buona
fede,
vista
l'accesa
polemica
che
innescò
con
Saunière
proprio
a
questo
proposito.
Ernest
Cros era
un
ingegnere
ferroviario,
conoscente
di
Saunière
ed
appassionato
d’archeologia.
Egli,
durante
una
sua
visita
a
Rennes
le
Château
nell’anno
1908,
notò
una
strana
lastra
funeraria
sulla
tomba
della
marchesa
Marie
de
Negre
de
Blanchefort.
Le
iscrizioni
inconsuete
lo
colpirono
e
gli
parvero
molto
antiche.
Quando
Cros,
tempo
dopo,
tornò
nel
cimitero,
la
lapide
era
sparita.
Non
vedendola
più
e
conoscendo
bene
l’ignoranza
del
parroco,
Cros
lo
rimproverò
aspramente
per
non
aver
avuto
cura
di
un
pezzo
di
tale
valore
e
per
aver
mancato
di
rispetto
alla
sepoltura
della
nobile.
Saunière
si
difese
rispondendo
che
aveva
bisogno
di
spazio
nel
cimitero.
Si
racconta
che
i
due
uomini
abbiano
litigato
furiosamente per
questo
motivo.
Ma
l’ingegnere
non
si
dette
per
vinto.
L’idea
della
lapide
antica
scomparsa continuò
ad
ossessionarlo
per
anni,
tant'è
vero
che
dodici
anni
dopo,
nel
1920,
si
decise
a
disegnare
la
lastra
tentando
di
ricostruirne
l’aspetto
grazie
alla
propria
memoria
e
alle
testimonianze
dei
paesani:
sulla
sua
ricostruzione
sono
basati
i
disegni
riprodotti
sopra.
Purtroppo
però
l’opera
di
mistificazione
di
Pierre
Plantard,
che
cercò di
sfruttare
il
mito
del
Graal
a
proprio vantaggio
spacciandosi
per
l'ultimo
dei
Merovingi
e
creando
-
o
ri-creando
-
a
tale
scopo
il
"Priorato
di
Sion", ha
portato
molta
confusione
anche
su
questo
indizio.
Infatti
pare
che
siano
stati
proprio
lui
e
de
Chérisey,
suo
complice
nella
mistificazione,
ad aggiungere
all’iscrizione
originaria
disegnata
da
Cros la
scritta
“Et
in
Arcadia
Ego”;
ma la
testimonianza
di Cros
non
conferma la
presenza
del
motto:
egli
infatti
pensava
di
ricordare
semmai
in
tale
posizione
la
presenza
di
segni
cabalistici,
forse
templari.
In
questa
materia
siamo
destinati
a
non
conoscere mai
la
verità:
infatti
tutte
le
prove
materiali
che
potrebbero
confermare
o
smentire la
"tesi
graaliana"
sono
state
fatte
sparire
con
motivazioni
francamente
puerili
(la
necessità
di
"fare
spazio
nel
cimitero"
nel
caso
della
tomba
della
marchesa,
l'irritazione
per
i
troppi
visitatori
e
l'attenzione
dei
media
nel
caso
della
tomba
di
Les
Pontils).
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