Ma la citazione da parte di
Goethe di questo motto potrebbe avere un significato
ben
più
complesso
di
un
semplice
richiamo
ad
una
perduta
"Età
dell'oro": pare infatti che il grande poeta tedesco
facesse parte di una setta chiamata Le Brouillard,
società segreta (poi nota come
Société Angélique) dedita al culto pagano della "Gaia Scienza", di
cui
sembra
facessero parte numerosi pittori e scrittori quali Poussin, Delacroix, Rabelais,
Novalis, France, Barres, Nerval, la Sand e per l'appunto Goethe, che secondo
alcuni avrebbe usato il motto "Auch ich in Arkadien" appunto per suggellare la
propria appartenenza ad essa.
E' con Goethe che
per
la
prima
volta
il
problema
di
un
significato
iniziatico
del
motto
si
pone
con
chiarezza;
del
resto lo scrittore tedesco non
solo
non
fa
mistero
della
propria
appartenenza
ad
alcune
sette
segrete
collegabili
con
la
Massoneria
(nata
ufficialmente
il
24 giugno 1717), ma anzi dedica un intero
paragrafo del Viaggio in
Italia alla propria investitura romana
presso l'Accademia
d'Arcadia (altra probabile emanazione de
Le Brouillard) sotto il pomposo soprannome di "Megalio Melpomenio";
tale
assunzione
di
un'identità
iniziatica
è
da
lui
stesso
presentata come
coronamento dell'altro "nomen mysticum"
(Abaris) da lui assunto quale Illuminato di Baviera: ed
è
cosa
universalmente
nota
che
gli
Illuminati,
creati
da
Adam
Weishaupt
il
1°
maggio
1776, sono
considerati
una
delle
più
potenti
(se
non
la
più
potente)
fra
le
logge
massoniche,
sebbene
la
loro
esistenza
storica
documentabile
si
riduca
ad
una
meteora
durata
non
più
di
otto
anni
(per
l'intera
questione
si
veda
questo
approfondimento).
Con
tutto
ciò
sono
in
molti
a
ritenere
che
essi
non
solo
siano
tuttora vivi
e
vegeti,
ma
anzi
siano
i
principali
responsabili
del
"complotto"
per
l'instaurazione
del
NWO
(New
World
Order).
Alla
questione
della
"teoria
del
complotto"
è
stato
dedicato
questo
approfondimento.
Come si vede, la tradizione di assumere un
nome
fittizio
ed
una seconda
identità all'interno di queste associazioni segrete è una costante, un
sottile
fil
rouge
che
parte
dal
"Circolo di Cos", al quale apparteneva Teocrito,
ed
arriva
alla
Massoneria,
passando
attraverso
l'Arcadia. Essa riflette
il
rito
di
iniziazione,
che
prevede una morte simbolica ed un'altrettanto simbolica palingenesi,
cioè di fatto l'assunzione di una nuova personalità (e quindi
di un nuovo
nome).
Si
noti fra l'altro, nel ritratto sotto riprodotto, come Goethe si sia fatto
effigiare in una posizione interpretata da alcuni come iniziatica
(per l'intera questione si vedano queste pagine):
egli infatti si tocca il ginocchio destro con la mano sinistra, gesto che si
ritrova ad esempio nella Tempesta del Giorgione e che sembrerebbe alludere al dextrum genu o
genus, cioè in apparenza "ginocchio destro", ma in realtà
"vera stirpe"; a quale "vera stirpe" si alluda non è
dato
sapere,
ma
molti
pensano
che
si
tratti
dei Merovingi:
ed
ecco
che
torna
in
campo
la
"pista"
collegata
alla
discendenza
di
Gesù,
cioè
quella
legata
al
mistero
di
Rennes
Les
Château.
Tischbein, Goethe in the Roman campagna, 1787
Siamo arrivati al punto cruciale del discorso, proprio grazie alla figura-chiave di Goethe. Come si è
detto, il poeta tedesco fa parte dell'Arcadia ed anche della setta degli
Illuminati: è quasi inevitabile, a questo punto, sospettare che
la figura dei pastori dell'Arcadia, almeno a partire dal Seicento,
assuma un significato simbolico che
con le pecore ha ben poco a che fare: "pastore", infatti, è colui che ha in
custodia il suo gregge, per cui tale figura si presta bene ad un utilizzo
metaforico, come avviene già nel caso di Gesù Cristo, definito appunto "il Buon
Pastore". Assumere la "maschera" di pastore d'Arcadia significherebbe quindi
dichiarare il proprio status di iniziato, ed i pastori
d'Arcadia di cui pullulano la pittura e la letteratura del Sei-Settecento (ed
anche prima, se è da interpretare in questo senso la figura del pastore che
appare in piedi sulla sinistra nella Tempesta del
Giorgione) sarebbero in realtà i custodi di inquietanti segreti. Di
qui anche l'altrettanto inevitabile connessione dell'Arcadia con la Massoneria, che ne
costituirebbe l'evoluzione, con i "pastori" che improvvisamente si trasformano
in "muratori", cioè costruttori e non più custodi; il che naturalmente resta
tutto da dimostrare, ed è precisamente l'ultimo quesito che ci eravamo
posti
all'inizio
della
nostra
ricerca.
Ma,
se
così
fosse,
allora
anche
il
ricorrere
del
motto
"Et
in
Arcadia
Ego"
assumerebbe
tutt'altro
valore:
precisamente
il
valore
di
una
"parola
d'ordine",
un
segno
di
riconoscimento
fra
iniziati.
Questo
giustificherebbe
l'abuso
di
un
motto
la
cui
frequenza, se
lo
si
riduce a
reminiscenza
della
tomba
di
Terenzio
oppure
a vagheggiamento
e
rimpianto
di
un
tempo
che
fu,
risulterebbe
inspiegabile,
oltre
che
futile
e puerile.
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