GESU' CRISTO COME PARADIGMA DELL'IDIOTA

 

 

Nella storia della letteratura europea la figura del Cristo ha interessato un enorme numero di pensatori. Questo è avvenuto sin dall’antichità, con le opere che saranno poi alla base della dottrina cristiana (i Vangeli), e con quelle più distaccate d’intellettuali contemporanei allo sviluppo della dottrina stessa (si prenda in considerazione Luciano di Samosata), passando poi per la filosofia scolastica e il Medio Evo, che ci hanno offerto la più vasta produzione filosofico-religiosa che riguardi la religione cristiana, senza contare le arti figurative, che annoverano una enorme quantità di opere ispirate alla figura di Gesù.

Nessuno però, a mio parere, ha saputo esprimere il turbamento ed il disagio che si provano di fronte al paradosso della figura di Cristo meglio di Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1881), che in almeno due romanzi fa espresso riferimento a Gesù: si tratta de L'idiota del 1869, da cui prende il titolo la mia tesina, e I fratelli Karamazov del 1878-80, in cui l'intero episodio del "Grande Inquisitore" (leggibile per intero in questa sezione), messo in bocca all'ateo Ivan, ha per protagonista Gesù Cristo.

Fëdor Michajlovič Dostoevskij

La composizione de L'idiota, uno dei massimi capolavori della letteratura mondiale, parte dallo scopo dichiarato di rappresentare “un uomo positivamente buono”, un Cristo del XIX secolo. In una lettera del 1867, indirizzata allo scrittore Apollon Nikolaevic Majkov, Dostoevskij afferma: "Da tempo mi tormentava un’idea, ma avevo paura di farne un romanzo, perché è un’idea troppo difficile e non ci sono preparato, anche se è estremamente seducente e la amo. Quest’idea è raffigurare un uomo assolutamente buono."

La trama in estrema sintesi è questa: il principe Myškin, ultimo discendente di una famiglia nobile, creatura spiritualmente superiore in cui la generosità d'animo e la candida fede nel prossimo si accompagnano ad una totale inesperienza di vita e ad una sorta di paralisi della volontà, ritorna in Russia dopo essersi curato per l'epilessia (morbo dal quale era affetto lo stesso Dostoevskij); qui si scontra con una società malata e crudele, dove il suo atteggiamento bonario ed innocente, al limite dell'autolesionismo, fa sì che sia considerato un "idiota". Gli è compagno di viaggio Rogozin, un giovane esuberante e violento, che gli narra il suo amore folle per la bella Nastasja Filippovna, una mantenuta di lusso dai numerosi amanti, come la Margherita Gautier de La signora delle camelie di Dumas figlio.