Nella Morte di Peregrino
Proteo
Luciano di Samòsata (120 - circa 180 d.C.) descrive il suicidio di Peregrino, bruciatosi vivo per
protesta durante i giochi olimpici del 167 d.C. Questo strano santone, dai
precedenti filosofico-religiosi alquanto eclettici, era stato anche cristiano:
in occasione del suo arresto furono proprio i cristiani a difenderlo,
manifestando così, secondo l'autore, tutta la loro ingenua credulità.
Il
tono
di
Luciano
nei
loro
confronti
non
è
di
condanna
o
di
disprezzo,
ma
piuttosto
di compassione:
egli
non
si
capacita
di
come
questa
stravagante
setta
religiosa,
fondamentalmente
innocua,
possa
adorare
un
"sapiente
crocifisso"
e
credersi
immortale.
Si discute da sempre sull'interpretazione
del
termine
σοφιστής usato da Luciano a proposito
di
Gesù
Cristo:
il
vocabolo
non
ha
necessariamente
un'accezione
negativa,
ma
è
piuttosto
una
vox
media;
c'è
quindi
chi
ritiene
che
esso
significhi
semplicemente
"sapiente",
senza
connotazioni
dispregiative, e
chi
invece,
più
verosimilmente,
vi
ravvisa
un'intenzione
ironica
(soprattutto
per
il
dissacrante
accostamento
con
il
participio
perfetto ἀνεσκολοπισμένον,
"crocifisso"), intendendolo
nell'accezione
moderna
di
"falso
sapiente",
colui
che
sostituisce
al
retto
ragionare
(sillogismo)
una
parvenza
di
razionalità
(sofisma).
Riporto
il
brano
(Morte di Peregrino 12-13 passim):
Ἕωθεν μὲν εὐθὺς ἦν ὁρᾶν παρὰ τῷ δεσμωτηρίῳ περιμένοντα
γρᾴδια χήρας τινὰς καὶ παιδία ὀρφανά, οἱ δὲ ἐν τέλει
αὐτῶν καὶ συνεκάθευδον ἔνδον μετ'
αὐτοῦ διαφθείραντες τοὺς
δεσμοφύλακας. Εἶτα δεῖπνα ποικίλα εἰσεκομίζετο καὶ λόγοι ἱεροὶ αὐτῶν
ἐλέγοντο, καὶ ὁ βέλτιστος Περεγρῖνος καινὸς Σωκράτης ὑπ'αὐτῶν ὠνομάζετο. Καὶ δὴ καὶ τῷ Περεγρίνῳ πολλὰ τότε ἧκεν χρήματα παρ' αὐτῶν ἐπὶ προφάσει τῶν δεσμῶν, καὶ πρόσοδον οὐ
μικρὰν ταύτην ἐποιήσατο. Πεπείκασι γὰρ αὑτοὺς οἱ κακοδαίμονες τὸ μὲν ὅλον ἀθάνατοι
ἔσεσθαι καὶ βιώσεσθαι τὸν ἀεὶ χρόνον, παρ' ὃ καὶ καταφρονοῦσιν τοῦ θανάτου καὶ ἑκόντες αὑτοὺς ἐπιδιδόασιν οἱ πολλοί. ἔπειτα δὲ ὁ νομοθέτης ὁ πρῶτος ἔπεισεν αὐτοὺς ὡς ἀδελφοὶ πάντες εἶεν ἀλλήλων, ἐπειδὰν ἅπαξ παραβάντες θεοὺς μὲν τοὺς Ἑλληνικοὺς
ἀπαρνήσωνται, τὸν δὲ ἀνεσκολοπισμένον ἐκεῖνον σοφιστὴν αὐτὸν προσκυνῶσιν
καὶ κατὰ τοὺς ἐκείνου νόμους βιῶσιν· καταφρονοῦσιν οὖν ἁπάντων ἐξ ἴσης καὶ κοινὰ ἡγοῦνται. ἢν τοίνυν παρέλθῃ τις εἰς αὐτοὺς γόης καὶ τεχνίτης ἄνθρωπος καὶ πράγμασιν
χρῆσθαι δυνάμενος, αὐτίκα μάλα πλούσιος ἐν βραχεῖ ἐγένετο ἰδιώταις ἀνθρώποις
ἐγχανών.
Una
delle
più
antiche
raffigurazioni
di
Gesù,
in
cui
egli
appare
ancora
imberbe
(dalla
cattedrale
di
Santa
Costanza
a
Roma,
IV
secolo
d.C.)
Fin dall'alba era possibile veder sostare dinnanzi al
carcere (= di Peregrino) anziane vedove e bambini orfani, ed i loro capi, corrotti i carcerieri, trascorrevano perfino la notte
con lui dentro il carcere. Poi
gli venivano portate cibarie di ogni sorta e si recitavano per lui le loro preghiere, e l'ottimo Peregrino era considerato da loro un novello Socrate. E per l'appunto in quell'occasione a Peregrino, con il pretesto del carcere, vennero da
loro molte ricchezze, ed egli si procurò in questo modo una non piccola
rendita per l'avvenire. Infatti quegli sventurati (= i
cristiani) sono assolutamente convinti che saranno immortali e che vivranno per
sempre, e perciò la maggior parte di essi disprezza la morte e la affronta
volentieri. E poi il loro primo legislatore (=
Cristo) li persuase che sono tutti fratelli tra loro, una volta che abbiano
rinnegato gli dèi dei Greci disobbedendo loro e adorino quel sapiente
crocifisso e vivano secondo le sue leggi: dunque disprezzano allo stesso modo tutti i beni terreni e
li credono comuni. Perciò,
qualora arrivi tra loro un uomo che sia un abile ciarlatano e che sappia approfittare delle situazioni, in un
attimo diventa straricco, beffando
quegli uomini sempliciotti.
|