Il
vocabolo
"idiota"
è
una
di quelle
parole di
uso comune
che con
il trascorrere
del tempo
hanno perso
il significato
originario.
Originariamente
infatti
non aveva
l’accezione
di
“imbecille”,
“cretino”,
“stupido”,
di persona,
insomma,
tarda di
mente: l’idiota,
stando all'etimologia,
è
“colui
che conduce
una vita
privata,
fuori della
società
e dei pubblici
impieghi”.
La
voce italiana
deriva dal latino
ĭdĭōta,
calco del
sostantivo
greco ἰδιώτης, -ου, ὁ,
che, derivato
a sua
volta
dall'aggettivo
ἴδιος
("personale,
privato"),
significa
propriamente
“privato
cittadino”.
Quindi,
in partenza,
l'idiota
è colui
che non
è
in grado
di assolvere
alcuna funzione
pubblica
e di
rendersi
utile alla
società
(o non vuole
farlo),
e appunto
per questo
conduce
una vita
privata.
E', insomma,
una persona
non integrata
nel
sistema
sociale,
se non addirittura
emarginata.
Già
in greco,
tuttavia,
questa originaria
accezione
convive
con quella
traslata
di "ignorante"
e di
"uomo semplice",
perché
nel sistema
della πόλις democratica
era appunto l'ignoranza,
o più
raramente una
eccessiva semplicità
di spirito, ad
impedire
l'accesso
alle cariche
pubbliche.
In
latino,
poi, il
termine
ha solo
la valenza
traslata
di "ignorante, profano".
Col
tempo l'immagine
della persona
che vive
in disparte,
“da privato”,
quasi un
misantropo,
è
passata
da quella
di “uomo
rozzo”,
“ignorante”
a quella
di “demente”,
“scimunito”:
in questo
passaggio
la solitudine
che
caratterizza
l'idiota
svolge un
ruolo di
causa e
di effetto,
perché
fra le cause
del mancato
impegno
pubblico
vi sono
appunto
le scarse
capacità
intellettuali,
e d'altra
parte l’idiota,
vivendo
da solo,
non ha possibilità
alcuna di
affinare
le proprie
capacità
cerebrali,
per cui
il suo isolamento
peggiora
ulterioramente
la sua stupidità,
dando luogo
ad un circolo
vizioso.
Hieronymus Bosch,
Il matto,
circa 1510.
Si
osservi
come il
poveraccio
sia evitato
e guardato
con sospetto
da tutti
(la
donna alla
finestra),
e come perfino
gli animali
domestici,
condizionati
dall'uomo,
nutrano avversione
per lui
(il cane
ringhia
e perfino
la mucca
ha un'espressione
seccata!)
Da
questo secondo
significato,
“stupido”,
sono derivati
i termini
medici “idiozia”
e “idiotismo”,
vale a dire
“gravissimo
arresto
delle facoltà
intellettive
che si manifesta
in modo
totale o
parziale”.
Il
vocabolo
"idiotismo"
in senso medico-scientifico
ha tutt'altro
significato
che in quello
linguistico:
l’idiotismo
linguistico
- prendiamo
in prestito
le parole
dell’insigne
linguista
Aldo Gabrielli -
è
il sale
e il pepe
di una lingua;
viene dalla
voce greca
ἰδιωτισμός,
che, ancora
una volta
a partire
dal significato
di "vita da privato",
passa ad
indicare
"espressione familiare, volgare"
e poi "espressione fraseologica, o costrutto, o pronuncia particolare di una lingua o dialetto o ambiente sociale":
è,
insomma,
una parola
gergale
che entra
nel patrimonio
linguistico
nazionale.
Un esempio
può
essere la
“pennichella”,
termine
tratto dal
dialetto
romanesco
atto a indicare
il “sonnellino
pomeridiano”.
Viene, infatti,
dal verbo
romanesco
“pennere”
(pendere)
e indica
squisitamente
quel "pencolío"
della testa
- ora di
qua, ora
di là
- di una
persona
che si addormenta
inavvertitamente.
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