Quello
che
però
rappresenta
un
vero
colpo
di
genio
è
la
spiegazione
che
Baldini
fornisce
della
forma
"sbagliata" dell'ombra
proiettata
sul
sepolcro: tale
ombra restituisce proprio la figura di un uomo accosciato
intento a portarsi un dito alla bocca come per intimare il silenzio: ed era
proprio questa la rappresentazione tipica di Arpocrate, come si può vedere
in questa sua rappresentazione seicentesca, tratta da un libro
di Pignoria:
Baldini
ne
conclude:
"Alfeo lascia dunque il posto ad Arpocrate, senza che nulla muti quanto
a significazione", ed il significato è ovviamente che il messaggio
è
comprensibile
solo
agli
iniziati
e
non
deve
essere
divulgato
ad
orecchie
profane.
Il quadro dunque
"corregge"
il
precedente
retrodatando
la tradizione
arcadica e formulando un giudizio differente quanto alla sua origine. In
questa
prospettiva
la frase Et in Arcadia ego cambia senso,
perché è ora Iside stessa a pronunciarla, esprimendo
il fatto che la tradizione che la concerne è stata importata in
Arcadia dall'Egitto; è come se dicesse: Io, Iside, sono venuta anche in Arcadia.
Quanto
al titolo I pastori d'Arcadia,
apparentemente
fuorviante, la
soluzione pare
piuttosto semplice:
abbiamo visto che Félibien,
amico di Poussin, quando nel suo libro vuol parlare di lui, sceglie come interlocutore
Pymandre, con un evidente riferimento al Poimandres, il
primo
trattato
del
Corpus
Hermeticum.
Ora,
come
sappiamo, Pimandro, secondo l'interpretazione corrente, vuol dire esattamente pastore
di
uomini.
Pastore
è
dunque
Poussin,
nel
già
citato
senso
di
"custode
della
tradizione
ermetica",
così
come
pastori
sono
tutti
i
membri
della
setta
Le
Brouillard
della
quale
egli
probabilmente
faceva
parte.
Fin
qui
il
discorso
di
Baldini ci
sembra
pienamente
plausibile;
dove
ci
troviamo
in
disaccordo
con
lui
è
sulle
conclusioni
che
ne
trae,
riconducendo
tutto
alla
solita
allegoria
alchemica:
"il cranio, -
scrive
Baldini
-
ora assente, è sostituito
dal gesto di Orapollo, il fuoco, che indica alla madre il luogo della propria
provenienza": infatti
l'esito
della
Prima
Opera
consiste
nel
fatto
che
l'aria
si
unisce
all'acqua,
mentre
il
fuoco
alla
terra.
Circa
poi
il fatto che il dito di Arpocrate non indichi
più la lettera D come nel quadro precedente, bensì
la R,
la
spiegazione
di
Baldini
si
fa
talmente
cervellotica
da
costringere
il
lettore
a
domandarsi
per
chi
Poussin
avrebbe
nascosto
nel
dipinto
indizi
così
astrusi,
oltre
che,
tutto
sommato,
poco
rilevanti:
la R,
egli
scrive,
è
ermeticamente equivalente alla R (rho)
greca e alla r (resh) ebraica; kabbalisticamente
corrisponde a Saturno
e
simboleggia
la testa dell'uomo. E'
anche l'emblema del fuoco. Perciò
"la R, per la sua maggiore estensione semantica,
esprime il segreto del caput mortuum o saturno dei filosofi
in modo più pregnante che non la D."
A
suo
dire
permane
anche,
in
modo
a
dir
poco
enigmatico,
il
riferimento
all'aria,
"strumento necessario
per estrarre le ossa saline dalla carne metallica di Osiride", che risulterebbe
"pienamente evocato
da la erre, l'aere." (?).
Il
commento
finale
dello
studioso
è
a
dir
poco
sconcertante:
"non si può non rimanere incantati
dal genio enigmistico di Poussin".
Certo:
talmente
enigmistico
da
rendere
pressoché
indecifrabile
il
dipinto,
e
non
solo
ai
comuni
mortali,
ma
anche
-
supponiamo
- agli
stessi
alchimisti.
Ecco
perciò
che
l'interpretazione
di
Baldini,
partita
da
ottime
premesse
e
sostenuta
da
intuizioni
veramente
brillanti,
si
affloscia proprio
sul
finale
ed
approda
a
risultati che
riteniamo
assolutamente
non
condivisibili
per
la
loro
astrusità
e,
non
ultimo,
per
la
loro
futilità:
è
assurdo
pensare
che
questo
dipinto
abbia
suscitato
l'interesse
di
tante
persone,
dal
Re
Sole
a
Saunière,
per
motivi
del
genere.
Poussin
non
era
certo
l'unico
a
conoscere,
in
una
data
così
tarda, gli
arcani
dell'Alchimia-Archimia,
arte
importata
in
Francia
più
di
un
secolo
prima
e
praticata,
per
esempio,
dallo
stesso
Nicolas
Fouquet:
e
allora,
in
che
senso
la
si
poteva
considerare
un
segreto
di
cui
il
solo
Poussin
era
depositario,
come
afferma
Louis
Fouquet
nella
sua
lettera?
In
che
modo la
decifrazione
di
questa
allegoria
alchemica
avrebbe
potuto garantire
"un
immenso
potere"?
Per
quale
motivo
tanto
interesse
proprio
intorno
a
questo dipinto?
La
tesi
di
Baldini,
quindi,
dato
che
non
spiega
l'essenziale,
risulta
tanto
intrigante
quanto
inconsistente.
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