POUSSIN: LES BERGERS D'ARCADIE, 1639-40

 

 

Sensatamente, poi, anche Baldini osserva che qualcosa non va nell'abbigliamento della donna, e questa volta crede di trovare la risposta in Apuleio (II d.C.): "non comprendiamo come generazioni di studiosi abbiano potuto continuare a considerare la dama del dipinto come una "pastora" quando tutto, dalla sua aria ieratica ai colori del suo abbigliamento ce la presenta come la consorte vedova di Osiride, ossia Iside, secondo la classica descrizione di Apuleio nel suo Asino d'oro".

Questa la descrizione apuleiana (Metamorfosi o L'asino d'oro XI, 3):

 

Tunica multicolor, bysso tenui pertexta, nunc albo candore lucida, nunc croceo flore lutea, nunc roseo rubore flammida et, quae longe longeque etiam meum confutabat optutum, palla nigerrima splendescens atro nitore.

 

La tunica era di colore cangiante: intessuta di bisso finissimo, ora brillava d'un bianco luminoso, ora appariva d'un giallo oro, ora rosseggiava d'un colore di viva fiamma. Quello che poi mi abbagliava completamente la vista era il mantello: nerissimo, tutto lucente d'un fosco splendore.

 

 

Francamente a noi non sembra che la descrizione coincida - se non a grandissime linee - con quanto si vede nel dipinto: tanto per dirne una, in quest'ultimo non è la tunica, ma il mantello ad essere giallo; ad ogni modo, che si tratti di una dèa, dato l'atteggiamento ieratico, l'espressione imperscrutabile e l'abbigliamento solenne, ci pare plausibile; e che possa trattarsi di una divinità collegata con la castità, come Iside, ci sembra probabile, dato che il suo vestiario è molto pudico.

La donna del dipinto, secondo Baldini, sarebbe dunque Iside, ed il quadro di Poussin avrebbe una chiave di lettura non troppo lontana da quella del romanzo di Apuleio, che dissimula il significato religioso (isiaco, appunto) della sua storia sotto un'apparenza frivola e libertina, tanto che chi si fermasse alla lettera del testo ne ricaverebbe un'impressione completamente distorta: esattamente come chi si limitasse ad interpretare questo dipinto come "gruppo di pastori in Arcadia" o "memento mori".

Sennonché Apuleio ci fornisce per ben due volte la chiave di lettura delle Metamorfosi, contenuta in modo implicito nella novella di Amore e Psiche, che occupa la parte centrale del romanzo, ed esplicitata in modo inequivocabile nel libro XI ed ultimo. Purtroppo Poussin si guarda bene dal fare altrettanto e ci lascia brancolare nel buio.

Ad ogni modo, ci informa Baldini, è risaputo che il Seicento è stato il secolo di Iside, ed uno dei fulcri del rinnovato culto di Iside era proprio l'ambiente gesuitico della capitale, soprattutto per opera dell'amico di Poussin, il padre Atanasius Kircher.

Questa dèa aveva assunto un'importanza straordinaria già nell'Occidente ellenistico ed in epoca romana, come dimostra appunto il caso di Apuleio; ma una testimonianza altrettanto eloquente in proposito ci è fornita da Plutarco (I d.C.).

Lo scrittore greco, sensibile all'esoterismo platonico ed orientale, ci fornisce nel De Iside et Osiride un'interpretazione molto interessante della santa trinità egizia, costituita da Osiride, Iside e Horus, il loro figlio. A suo parere questi personificano l’Intelligenza, la Materia e il Cosmo, ed insieme formano il "triangolo perfettissimo", detto anche "triangolo sacro".

E' lecito ipotizzare che tre dei personaggi raffigurati nel dipinto di Poussin siano appunto la "santa trinità egizia" costituita da Iside, Osiride e Horus?

Contrariamente a quanto potremmo pensare, Baldini lo nega: a suo parere, infatti, la scena si svolge dopo la morte di Osiride, che, come sappiamo dal mito, Iside riportò in vita per ben due volte, ed è probabile che il sepolcro contenga proprio il suo corpo. Non sarà inutile ricordare che la prima volta Osiride fu ucciso da suo fratello Seth, malvagio e invidioso, proprio con lo stratagemma di una tomba: Seth infatti aveva fatto costruire un sepolcro prezioso e durante un banchetto aveva annunciato che ne avrebbe fatto dono a colui al quale si fosse adattato. Dopo che alcuni avevano tentato senza successo di entrarvi, Seth aveva esortato il fratello a provarlo, ma non appena Osiride vi si era adagiato dentro, il coperchio era stato chiuso e sigillato e il sepolcro era stato gettato nel Nilo, dove Osiride era annegato.

I personaggi qui effigiati sarebbero dunque, secondo Baldini, Iside ed i suoi tre figli: da destra verso sinistra Horus, detto anche Orapollo (Horus - Apollo), vestito del colore del fuoco, Arpocrate, dio del silenzio e della riservatezza iniziatica, ed Ermanubi (Ermes - Anubi, figlio illegittimo di Osiride e di Neftis), figura eminentemente aerea. Il gesto materno e ressicurante di Iside nei confronti di Horus potrebbe alludere proprio al fatto che la dèa si appresta a far rivivere lo sposo. E forse la crepa nel suolo allude (ma è solo una vaga ipotesi) al fatto che Osiride, dopo la "seconda morte", divenne re dei defunti.