VIAGGIO IN ARCADIA

 

 

L'INIZIO DEL VIAGGIO

 

Il nostro viaggio incomincia qui, in un presunto paesaggio arcadico, in compagnia di quattro "pastori", all'interno di un dipinto di Nicolas Poussin intitolato Les bergers d'Arcadie (Et in Arcadia ego), del 1639-40, che rappresenta uno degli enigmi più indecifrabili della storia dell'arte:

 

 

Nicolas Poussin, I Pastori d'Arcadia (Et in Arcadia ego), 1639-40

  

Ad uno sguardo superficiale e distratto questo quadro non sembra rivelare altro che la riproposizione di un soggetto tipico dell'arte del Cinquecento, quello pastorale-campestre, ispirato in parte alle descrizioni di dipinti incluse da Jacopo Sannazaro nella sua Arcadia: un genere di maniera in cui soggetti come villaggi di campagna, pastori e animali sono raffigurati in maniera idealizzata ed immersi in atmosfere idilliache e mitiche. L'archetipo di questo genere pittorico sembra essere ravvisabile nel celeberrimo Concerto campestre del Giorgione dipinto verso il 1509, un quadro che fece scuola ed ispirò numerosi altri pittori in seguito, da Claude Lorrain a Nicolas Poussin (che dipinse i Bergers d'Arcadie ben due volte, nel 1629-30 e nel 1639-40) ad Antoine Watteau, via via fino al tardo Thomas Cole.

 

 

Giorgione, Concerto campestre, ca. 1509

 

Tuttavia il fatto stesso che un pittore come Poussin, membro a quanto pare di un'organizzazione segreta (Le Brouillard), riproponga un soggetto caro al più enigmatico dei pittori, Giorgione appunto, anch'egli appartenente con ogni probabilità a qualche conventicola esoterica, dà da pensare; si sa inoltre che il "testo sacro" di Le Brouillard era l'indecifrabile Hypnerotomachia Poliphili, pubblicata nel 1499 a Venezia, la città del Giorgione, per cui il legame ideale fra i due pittori sembra essere particolarmente stretto.

Non stupisce dunque che diversi critici abbiano dedicato ai Bergers d'Arcadie di Poussin un'attenzione tutta particolare, ritenendo, a torto o a ragione, che il quadro sia portatore di una ricca e complessa simbologia esoterica, esattamente come quelli del Giorgione. Certo il presupposto non è incoraggiante, se si pensa che la maggior parte dei dipinti del Maestro veneziano è a tutt'oggi indecifrata; e tuttavia il parallelo legittima in qualche modo gli spericolati tentativi di decifrazione che sono stati azzardati.

Gli elementi enigmatici ravvisati da una parte della critica nel quadro di Poussin sono molteplici; solo per citarne alcuni:

chi sono i quattro misteriosi personaggi raffigurati nel dipinto?

Che cosa stanno facendo?

Cosa indica il personaggio inginocchiato?

Che cosa contiene la tomba?

Dov'è ambientato il fatto? Il paesaggio che si vede sullo sfondo è reale o di fantasia?

Che cosa significa il sottotitolo Et in Arcadia Ego, che riecheggia il titolo di un altrettanto misterioso dipinto del Guercino risalente al 1618-21 e di un altro quadro di Poussin stesso, dipinto come si è detto nel 1629-30?

Del resto il mistero che avvolge il dipinto risale a tempi ben più remoti: ci si domanda ad esempio che cosa intendesse dire Louis Fouquet quando, il 17 aprile 1656, scrisse al fratello Nicolas Fouquet, il potente ministro delle finanze di Luigi XIV, che Poussin era depositario di qualcosa che comportava "vantaggi dalla portata enorme", e perché Luigi XIV, il "Re Sole", dopo la morte di Fouquet si sia adoprato in ogni modo per ritrovare ed acquistare la tela dei “Pastori d’Arcadia”e l'abbia tenuta segregata a Versailles, dove rimase fino al 1789, anno della Rivoluzione Francese.

È noto del resto ai cultori del mito di Rennes Le Château, al quale si ispira il discusso best seller di Dan Brown Il codice da Vinci, che Bérenger Saunière, l'ormai famigerato abate del borgo a partire dal 1885, manifestò un interesse del tutto particolare per questo dipinto.

Tutto ciò sembra intessere intorno al quadro di Poussin una rete di fitti misteri.

Non manca tuttavia (anzi, è l'orientamento prevalente fra gli storici dell'arte) chi "sdrammatizza" e vede in questo dipinto un'innocente "foto di gruppo in campagna", un idillio pastorale, il solito trito e ritrito riciclaggio di un tòpos bucolico di matrice virgiliana.

Dove sta la verità?

Difficile (forse impossibile) stabilirlo, e tuttavia vogliamo provare ad addentrarci in questo labirinto ermeneutico: anche senza la presunzione di arrivare ad una conclusione definitiva, infatti, riteniamo l'indagine in sé abbastanza appassionante da indurci ad accettare la sfida.