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IL
CONCETTO DI δαίμων
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Se
spesso gli
artisti hanno fatto
oggetto della
propria arte
i dèmoni,
ben più
inquietante
è il
caso di coloro
che si sono personalmente
dedicati ad
attività
occultistiche,
divenendo talvolta
adepti di sette
sataniche o
entrando a far
parte di società
segrete in vario
modo connesse
con l'evocazione
dei dèmoni.
E' il caso ad
esempio di
Dante Gabriel
Rossetti,
caposcuola
dei Preraffaelliti,
che, ossessionato
dalla moglie
suicidatasi per
causa sua, Elizabeth
Siddal, tentò
ripetutamente
di mettersi
in contatto
con lei attraverso
sedute spiritiche
e ne fece perfino
disseppellire
il cadavere,
finendo per
ridursi in condizioni
di quasi totale
dissesto psichico;
e, in tempi
più recenti,
di Salvador
Dalì,
di cui si dice
che sia stato
l'ultimo "Ormus"
(= Grande Maestro)
dei Rosacroce,
notoriamente
dedito a pratiche
magiche, soprattutto
a causa dell'influsso
(qualcuno dice
"plagio")
esercitato su
di lui dalla
moglie Gala.
Di questa sua
attività
resta traccia
evidente in
alcuni suoi
dipinti; uno
di questi è,
a mio parere,
particolarmente
interessante
in tal senso,
e ad esso ho
dedicato una
piccola monografia
all'interno
di questa ricerca.
Si tratta dell'Ultima Cena conservata alla
National Gallery of Art di Washington,
del 1955.
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Dante
Gabriel Rossetti,
Beata Beatrix,
1864-70 (la
modella è
la moglie Elizabeth
Siddal, morta
nel 1862)
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Il
concetto di
dèmone
è stato immediatamente
recepito anche dalla psicoanalisi,
dove è stato di volta
in volta identificato con i
concetti di "anima",
"animus", "ombra",
"alter-ego", "doppio"
o "sé".
Una
lettura junghiana lo definirebbe come
la forma preconscia dell'individualità,
intesa come "io" preconscio
e "sé" preconscio
insieme, ossia come il nocciolo
della personalità totale.
J. Hillman, ne Il codice
dell'anima, rielabora e amplifica
la trattazione platonica esistente
al riguardo denominandola "teoria
della ghianda": la ghianda
è l'immagine guida del
nostro destino, che l'anima
si sceglie prima di nascere
affidandola non al nostro "io",
ma a un "altro", il
δαίμων appunto, che ha il preciso
compito di renderla operante,
liberandola al momento opportuno
e sfruttando allo scopo ogni
possibile situazione, buona
o cattiva che sia. "L’io
non è padrone in casa
sua", diceva sgomento Freud;
"Je est un autre"
(io è un altro), diceva
esaltato Rimbaud, in accordo
con Verlaine: concetto ripreso da Picasso,
che lo riferiva a sé
come il suo demone creativo,
tormento ed estasi della sua
vita (insieme alle donne).
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