CONCLUSIONI: L'AMORE COME FORZA UNIFICANTE

 

 

L'amore come unione profonda, come fusione tra due individui è uno dei motivi centrali del Romanticismo e lo ritroviamo anche in Hegel, nella cui opera possiamo seguire il definirsi di due accezioni, entrambe basate sull'amore come forza unificante: l'amore come unione tra due persone e l'amore come sentimento di identificazione con gli altri che fa dello Stato non una semplice unione basata sul contratto, ma una unificazione che dà luogo a una comune identità, a una realtà spirituale sovraindividuale.
Uno degli scritti giovanili hegeliani, risalente al 1800 ma pubblicato, con gli altri, solo nel 1907 da Hermann Nohl, è noto come Frammento sull'amore. Ne riporto uno dei brani più significativi:

 

"Unificazione vera, amore vero e proprio, ha luogo solo fra viventi che sono eguali in potenza, e che, quindi, sono viventi l'uno per l'altro nel modo più completo, e per nessun lato l'uno è morto rispetto all'altro. L'amore esclude ogni opposizione; esso non è intelletto, le cui relazioni lasciano sempre il molteplice come molteplice, e la cui stessa unità sono delle opposizioni; esso non è ragione che oppone assolutamente al determinato il suo determinare; non è nulla di limitante, nulla di limitato, nulla di finito; l'amore è un sentimento, ma non un sentimento singolo: dal sentimento singolo, poiché è solo vita parziale e non vita intera, la vita si spinge fino a sciogliersi e a disperdersi nella molteplicità dei sentimenti per trovare se stessa in questo tutto della molteplicità. Nell'amore questo tutto non è contenuto come somma di parti particolari, di molti separati; nell'amore si trova la vita stessa come una duplicazione di se stessa, e come sua unità; partendo dall'unità non sviluppata, la vita ha percorso nella sua formazione il ciclo che conduce a una unità completa. Di contro all'unità non sviluppata stavano la possibilità della separazione e il mondo; durante lo sviluppo la riflessione produceva sempre più opposizioni, che venivano unificate nell'impulso soddisfatto, fin che la riflessione oppone all'uomo il suo stesso tutto; l'amore infine, distruggendo completamente l'oggettività, toglie la riflessione, sottrae all'opposto ogni carattere di estraneità, e la vita trova se stessa senza ulteriore difetto. Nell'amore rimane ancora il separato, ma non più come separato, bensì come unito; e il vivente sente il vivente. [...]
[L'amore] è un prendere e dare reciproco; nel timore che i suoi doni possano essere sdegnati, nel timore che un opposto possa non cedere al suo prendere, vuol vedere se la speranza non lo ha ingannato, se trova in ogni modo se stesso. Colui che prende non si trova con ciò più ricco dell'altro: si arricchisce, certo, ma altrettanto fa l'altro; parimenti quello che dà, non diviene più povero: nel dare all'altro egli ha anzi altrettanto accresciuto i propri tesori. Giulietta nel Romeo e Giulietta: “Più ti dò, tanto più io ho, ecc.”. L'amore acquista questa ricchezza di vita nello scambiare tutti i pensieri, tutte le molteplicità dell'anima, poiché cerca infinite differenze e trova infinite unificazioni, si indirizza all'intera molteplicità della natura per bere amore da ognuna delle sue vite. Quel che c'è di più proprio si unifica nel contatto e nelle carezze degli amanti, fino a perdere la coscienza, fino al toglimento di ogni differenza: quel che è mortale ha deposto il carattere della separabilità, ed è spuntato un embrione di immortalità, un embrione di ciò che da sé eternamente sviluppa e produce, un vivente. L'unificato non si separa più, la divinità ha operato, ha creato." (Appendice 10. L'amore, in Scritti teologici giovanili, Napoli, Guida, 1977, pp. 528-531).

 

Friedrich Hegel

 

Nel primo capoverso, “ragione” è da intendersi nel suo significato usuale, come attività conoscitiva di un soggetto che ordina i dati dell'esperienza; nel senso che assumerà nel lessico hegeliano a partire dalla Fenomenologia, la ragione svolgerà la funzione unificante qui attribuita all'amore, il quale tenderà a scomparire dal lessico hegeliano. Tornerà però nella filosofia dello spirito, come unione tra i componenti della famiglia prima, e tra i cittadini dello Stato ad un livello più generale. L'amore fa dei diversi membri della famiglia una sola unità, una sola “persona” anche in senso giuridico, per cui la famiglia come tale può agire, decidere, stabilire contratti, ecc.:


"La famiglia costituisce essenzialmente una sola sostanza, una sola persona. I membri della famiglia non sono persone l'uno di fronte all'altro. Essi entrano in un simile rapporto soltanto in quanto, per una disgrazia, il legame morale si è sciolto. Presso gli antichi il sentimento dell'amore famigliare, l'agire secondo esso, si chiamava pietas. La pietà ha in comune con la devozione religiosa, che viene anche designata con questo vocabolo, il fatto di presupporre un legame assoluto, l'unità, che è in sé e per sé, in una sostanza spirituale, un legame che non è stretto da un particolare arbitrio o caso.
Questo sentimento sussiste più propriamente in ciò, che ogni membro della famiglia non ha la sua essenza nella propria persona, ma soltanto la totalità della famiglia costituisce la sua personalità.
L'unione di persone dei due sessi, che è il matrimonio, non è essenzialmente né unione meramente naturale, bestiale, né un puro contratto civile, ma un'unione morale del sentimento, nel mutuo amore e fiducia, che le fa una sola persona." (Propedeutica filosofica, §49-51, Firenze, La Nuova Italia, 1977, pp. 67-68).