GESU' CRISTO COME PARADIGMA DELL'IDIOTA

 

 

Se Dostoevskij si muove in una prospettiva marcatamente religiosa, l'Ottocento ci consegna peraltro anche una visione "laica" della figura di Cristo che, lungi dal metterne in discussione la grandezza, umanizza la sua figura proponendola come modello di perfezione morale. E' il caso per esempio di David Friedrich Strauss nella sua Vita di Gesù (1835), in cui Cristo non è più il figlio di Dio, ma è inteso come il paradigma dell’uomo eticamente perfetto, un modello da imitare nel tentativo di avvicinarsi "asintoteticamente" a lui. Sulla base di presupposti filosofici positivistici, poi, è composta la celebre Vita di Gesù di Joseph-Ernest Renan, del 1863. In quest’opera, pur difendendo l’esistenza storica del Cristo, Renan ne nega la divinità e riconosce al suo insegnamento un mero valore esemplare.

Non posso poi esimermi dal menzionare la ben nota avversione per il cristianesimo di Friedrich Nietzsche, troppo spesso confusa con l'avversione per Cristo: non è così, ché anzi il filosofo non valuta affatto in modo negativo la figura di Cristo, ma piuttosto San Paolo ed i suoi seguaci (quindi la Chiesa cattolica), come ho cercato di chiarire in questo capitolo.

Si è quindi giunti all’epoca contemporanea con alle spalle una sterminata produzione che ha per oggetto l’irripetibile (per usare un termine caro a Hegel) vicenda del Cristo.

In questa parte della mia tesina, mi concentrerò in particolare sul Novecento e sulle diverse interpretazioni moderne che sono state fatte della vicenda di Gesù. In questo confuso periodo storico, infatti, diversi intellettuali si sono interessati alla vicenda evangelica. Solo per citare alcuni esempi non letterari, che fanno ben comprendere l'enorme suggestione esercitata dalla figura del Cristo sull'immaginario collettivo, troviamo Pier Paolo Pasolini (con il corto La Ricotta del 1962), Fabrizio de André (con l’album La buona novella del 1970, riedito un anno fa dalla PFM), un intero musical, Jesus Christ Superstar del 1973, e il già menzionato La passione di Cristo di Mel Gibson del 2004.

Fra i numerosi romanzi è da ricordare per lo meno L’ultima tentazione di Cristo di Nikos Kazantzakis, del 1951 (da cui è tratto l'omonimo film di Martin Scorsese del 1988), inserito nell’Index Librorum Prohibitorum dalla Chiesa cattolica nel 1954; in risposta a questo inserimento cito la frase telegrafata da Kazantzakis, ripresa dall’apologista Tertulliano: "Ad tuum, Domine, tribunal appello".

Willem Dafoe interpreta Gesù ne L'ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese

Come dice Luciano Canfora, “la storia del libro è soprattutto la storia della sua distruzione.” In questo senso si possono leggere i divieti o i rifiuti di pubblicazione dei suoi scritti, il fatto che per due voti Nikos non entrò nell’Accademia Greca, la perdita del premio Nobel nel ’56, e l'odioso gesto della chiesa ortodossa, che non ha permesso l’esposizione della salma dell’autore greco ad Atene.

E infine, a mio parere, l’autore che ha più originalmente ha rielaborato la figura del Cristo: José Saramago (premio Nobel per la Letteratura nel 1998) con Il Vangelo secondo Gesù Cristo. E’ proprio su quest’opera che voglio concentrare la mia trattazione di qui in poi.

Prima di addentrarci nella nostra analisi, sarà bene puntualizzare un paio di questioni riguardo l’Autore.

Saramago si è da sempre dichiarato ateo e ha sempre affermato e confermato la sua adesione al comunismo (si iscrisse nel 1969 al Partito Comunista Portoghese clandestinamente, quando ancora vigeva il regime di Antònio de Olivera Salazar). Il suo accostamento alla figura del Cristo, almeno da un punto di vista prettamente intellettuale, non è spinto da questioni di fede, quanto piuttosto da una spiccata volontà critica nei confronti della Chiesa cattolica e, in particolare, dalla scia di sangue che, nel nome del Signore, essa si è trascinata dietro nel corso dei secoli. L’intento dell’opera è sicuramente quello di colpire l’interpretazione corrente del messaggio cristiano e la visione favolistica del Dio ebraico.

Durante la sua vita, oltretutto, proprio a ragione di questo, Saramago è stato più volte contestato per via di una certa ambiguità che l’autore ha contribuito a creare attorno alla sua posizione nei confronti della libertà d’espressione religiosa. La questione è spinosa: basti ricordare che l’ADL (Lega per l’Anti Diffamazione), e in particolare il suo presidente Abraham Foxman, aveva avviato una polemica con lo stesso Saramago per commenti offensivi nei confronti della religione ebraica e la shoah. Come possiamo dedurre dalle opinioni espresse all'interno dello stesso Vangelo, le posizioni di Saramago nei confronti della religione ebraica e cristiana sono ben più ostili rispetto a quelle nei confronti dell’Islamismo, che pare godere di una malcelata simpatia da parte dell’autore. Ma in questa sede sarebbe bene ricordare anche che lo stesso Foxman pare essere allo stesso tempo un ebreo integralista sotto più punti di vista (assunse, infatti, una posizione piuttosto controversa sul riconoscimento del genocidio degli Armeni e intraprese una quanto mai ridicola campagna contro l’antisemitismo nel film The Passion di Mel Gibson).

Mi sembra dunque più corretto rivolgere la nostra attenzione alla vicenda che Saramago propone all’interno del Vangelo, facendo sì che l’opera stessa faccia luce sulla questione.