Da
sempre l'uomo ha
rifiutato l'idea
della sua finitezza
e della sua solitudine
nell'universo e
coltivato il sogno
leonardiano di mettere
le ali e di volarsene
via, fuori del suo
minuscolo pianeta;
da Luciano
di Samòsata
(Storia vera)
all'Astolfo ariostesco
alle imprese immaginate
da Jules Verne,
il primo obiettivo
è sempre
stato la Luna,
il nostro satellite,
così familiare
a tutti noi, eppure
così irraggiungibile.
Arrivare
sulla luna sembrava
un sogno impossibile,
l'ennesimo delirio
di onnipotenza dell'essere
umano, e non è
certo un caso che
il tentativo sia
stato compiuto nel
Novecento, che di
deliri di onnipotenza
ne ha conosciuti
parecchi; tuttavia
solo nel Novecento
si sono create le
condizioni perché
questo avvenisse:
anzitutto una impensabile
concentrazione di
menti scientifiche
geniali, mai
vista né
prima né
dopo, alcune delle
quali costrette
a collaborare in
condizioni del tutto
particolari (ho
già citato
il "Progetto
Manhattan")
a causa delle necessità
belliche legate
soprattutto alla
seconda guerra
mondiale (1939-1945),
che in questo senso
funse da straordinario
catalizzatore; poi,
di conseguenza,
l'eccezionale impulso
subìto dal
progresso tecnologico,
che in pochi anni
compì un
balzo superiore
a quello verificatosi in
tutti i secoli precedenti;
poi la volontà,
e la possibilità,
dei governi di finanziare queste
imprese, costosissime
e sostanzialmente
inutili (condizione
che negli ultimi
tempi è venuta
a cadere, causando
un enorme regresso
in questo campo);
ma soprattutto la
cosiddetta guerra
fredda, vale
a dire la situazione
di continua tensione
e di contrapposizione che venne a crearsi alla fine della seconda guerra mondiale tra due blocchi internazionali, generalmente categorizzati come Occidente (gli Stati Uniti d'America, gli alleati della NATO e i Paesi amici) e Oriente, o più spesso blocco comunista (l'Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi amici),
ma fondamentalmente
rappresentati da
USA e URSS.
Un
razzo Sojuz sovietico, primo mezzo affidabile per raggiungere l'orbita terrestre
Dopo
la guerra, infatti, gli
Stati Uniti e l'Unione
Sovietica continuarono
il loro braccio
di ferro mediante
operazioni di
spionaggio e propaganda.
L'esplorazione spaziale
e la tecnologia
dei satelliti artificiali
assunsero allora
un'importanza fondamentale:
l'equipaggiamento
satellitare poteva
infatti spiare una
nazione nemica,
mentre i successi
spaziali potevano
invece propagandare
le capacità
scientifiche acquisite
e il potenziale
militare. Il messaggio
implicito era che
gli stessi missili
che erano in grado
di inviare un uomo
in orbita o colpire
un particolare punto
della Luna potevano
anche inviare un'arma
nucleare su una
città nemica.
Gran parte dello
sviluppo tecnologico
richiesto per i
viaggi spaziali
era applicato anche
ai missili militari
come i missili balistici
intercontinentali.
Analogamente
alla corsa agli
armamenti, i progressi
spaziali vennero
interpretati come
un indicatore delle
capacità
economiche e tecnologiche,
dimostrando la superiorità
dell'ideologia appartenente
ad una data nazione.
Una sorta di esibizione
di muscoli tecnologica.
In
queste condizioni
il tentativo di
sbarcare sulla luna cessò
di essere una fantasticheria
romantica e divenne
una logica conseguenza
delle circostanze:
chi vi fosse riuscito
per primo avrebbe
acquistato un prestigio
indiscutibile agli
occhi del mondo.
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