L'ironia
drammatica può
essere sia tragica
che comica ed
è imperniata
sul triangolo
autore-personaggio-lettore. L'ironia
tragica o "sofoclea"
ha luogo
in una situazione
(dramma o narrazione)
in cui lo spettatore,
e più
in generale
l'interprete,
condivide con
l'autore una
conoscenza non
posseduta da
uno o più
personaggi.
L'esempio più
tipico è
costituito dall'Edipo
re di Sofocle,
in cui il protagonista
agisce e parla
senza sapere
quanto egli
stesso stia
tragicamente
procurandosi,
mentre lo spettatore
(ed ovviamente
l'autore) ne
sono al corrente.
Inoltre,
come è
ovvio a partire
dalla stessa
etimologia del
termine, che,
come si è
detto,
fa riferimento
ad un personaggio
tipico della commedia,
l'èiron
o dissimulatore,
vi può
essere una
ironia comica,
basata sull'espediente
della sorpresa
e del coup
de théatre.
Si pensi, ad
esempio, ai
racconti di
Boccaccio o
alle commedie
di Molière
e di Shakespeare.
A
questo tipo
di ironia si
riferisce anche
l'espressione
corrente "ironia
della sorte",
che M.H. Abrams
chiama "cosmic
irony":
al "Fato"
(o a Dio) viene
attribuita una
volontà
ironica, che
si fa beffe
dei piani e
delle speranze
degli uomini;
esponente tipico
di questa concezione
del Fato è
il romanziere
e poeta inglese
Thomas Hardy.
Anche
l'ironia narrativa
si basa sul
triangolo ermeneutico
autore-personaggio-lettore,
ma essa "si
verifica quando
l'autore prende
le distanze
dal suo personaggio
e lo costringe
a compiere azioni
ridicole davanti
al pubblico"
(così
ancora Luis
Alonso Shökel).
In
altre parole,
nell'ironia
narrativa l'autore, d'intesa
con il lettore
(o il pubblico),
si prende gioco
del suo personaggio:
è quel
caratteristico
atteggiamento
che in francese
si definisce
persiflage,
termine impiegato
anche al di
fuori della
sfera letteraria
come sinonimo
colto di "presa
in giro",
che trova un
illustre ed
istruttivo utilizzo
da parte di
Giacomo Leopardi
nel suo
"Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani"
del 1824.
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Molière
ritratto da
Nicolas Mignard,
1658
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