Censura nei
videogiochi:
la censura
nei videogiochi
è espressamente
richiesta da associazioni
di genitori
e dagli stessi
governi, consapevoli
dell'impatto
estremamente
diseducativo
che tali
giochi, praticati
spesso dai bambini
o dai ragazzi
in modo nevrotico-complusivo,
hanno sui loro
figli. Essa
viene
effettuata su
tutti i giochi
con contenuti
violenti e/o
erotici e si
divide in due
tipologie:
1.
censura parziale
dei contenuti
(modifica di
determinate
scene o azioni
per edulcorarne
il contenuto);
2.
censura totale
(il prodotto
cioè
non viene distribuito
sul suolo nazionale).
A
mio parere questo
è uno
dei pochi casi
in cui la censura
è assolutamente
necessaria,
ed anzi dovrebbe
essere applicata
con maggior
rigore, perché
il danno che
questi videogiochi
possono provocare
sulla psiche
dei bambini è
grave.
Censura nei
fumetti:
la
censura dei
fumetti era
molto diffusa
negli USA negli
anni Cinquanta
e Sessanta, quando
si pensava
che i fumetti
potessero contribuire
alla diffusione
della delinquenza
giovanile; durante
il maccartismo
negli USA venne
dunque istituito
il CCA, Comics
Code Authority,
il cui compito
era quello di
diminuire la
violenza e cancellare
i messaggi di
propaganda comunista
o giudicati
come tali.
Le case editrici
dovettero quindi
adeguarsi a
questo codice
censurando le
storie a fumetti;
la Western Publishing,
che pubblicava
le storie a
fumetti Disney
negli USA, in
alcune occasioni
censurò
diverse storie
del suo più
geniale disegnatore, Carl Barks,
tra cui Paperino
e l'incendiario
(vennero censurate
le ultime due
vignette in
cui si vedeva
Paperino in
prigione per
aver provocato
un incendio),
Paperino e le
forze occulte
(furono tagliate la
scena iniziale
e quella in
cui appariva un
orco evocato
dalla strega
Nocciola),
Zio Paperone
e il vello d'oro
(venne cambiato
il nome alle
harpies (arpie)
in larkies (mattachione)
perché
in inglese harpies
significa anche
prostitute)
e Zio Paperone
e la Stella
del Polo (fu
tagliata
la scena del
rapimento di
Doretta Doremì).
Il motivo addotto
per
queste censure
era la "troppa
violenza"
(!).
Una
tavola dell'indimenticabile
Carl Barks:
troppa violenza?
In
Italia negli
anni Sessanta
si giunse ad
una forma di
autocensura
riguardo ai
fumetti:
nel 1951, l'Apostolato
della Buona
Stampa pubblicò
un "Indicatore
della stampa
per ragazzi",
in cui vennero
elencate le varie
testate, classificate
in quattro
categorie:
"raccomandabili",
"leggibili",
"leggibili
con cautela"
ed "escluse".
In quest'ultimo
gruppo, riservato
alla "stampa
moralmente nociva,
che non è
permesso leggere
per nessuna
ragione, perché
costituisce
un eccitamento
alla delinquenza,
alla corruzione
e alla sensualità",
figuravano incredibilmente,
fra altri 230
titoli, serie
western come
Pecos Bill,
Il Piccolo Sceriffo
e Tex.
Nello
stesso periodo,
due deputati
democristiani,
Federici e Migliori,
presentarono
alla Camera
un progetto
di legge che
chiedeva un
controllo preventivo
sui periodici
a fumetti.
Per
evitare di dover
sottoporre ogni
pagina al giudizio
di una "commissione
di censura governativa",
gli editori
del settore
si coalizzarono,
istituendo una
propria "commissione
di autocensura",
contraddistinta
dal marchio
MG (Garanzia
Morale). Fu
così
che a partire
dall'estate
del 1962 tale
marchio apparve
sulle copertine
dei principali
periodici a
fumetti italiani,
patrocinato
dall'Associazione
Italiana Editori
Periodici per
Ragazzi. All'interno
degli albi apparivano
le seguenti
parole: «Il periodico
sulla cui copertina
appare il marchio,
pur conservando
le sue caratteristiche
di sano divertimento
e di appassionanti
avventure per
i ragazzi, dà
ai Genitori
ed agli Insegnanti
la garanzia
che i loro giovani
possono leggerlo,
senza che tale
lettura sia
in alcun modo
nociva alla
loro formazione
morale ed intellettuale.
Sarà
così
raggiunto lo
scopo propostosi
dalla Associazione,
nel concepire
ed adottare
il Codice Morale:
e cioè,
di migliorare
sempre più
e moralizzare,
anche nel nostro
particolare
settore, la
stampa per i
ragazzi.»
Gli editori
italiani iniziarono
quindi a censurare
le storie eliminando
le parolacce
e la violenza
nelle storie
da loro pubblicate.
Ne fecero le
spese soprattutto
Tex e i supereroi
americani;
ma anche i fumetti
Disney vennero
autocensurati,
per esempio
rendendo
più lievi
le punizioni
di Qui, Quo,
Qua; anche
le ristampe
non uscirono
indenni dalla
censura: vennero
modificati infatti
alcuni dialoghi
considerati
poco politically
correct. Comunque
l'autocensura
durò
pochi anni, fino
al giugno 1967.
Ancora oggi
comunque esiste
la censura nei
fumetti:
per
esempio la Walt
Disney Italia,
quando ristampa
storie a fumetti
vecchie che
contengono frasi
poco politically
correct, le
censura modificando
quelle frasi.
In alcuni
casi la Disney
Italia censura
frasi che contengono
riferimenti
alla religione.
In altri casi
invece censura
frasi che potrebbero
offendere alcune
categorie di
persone: per
esempio nella
versione originale
di Paperinik
il diabolico
vendicatore
Paperone offende
Paperino dicendo:
«questo
pelandrone non
è nemmeno
capace di derubare
un sordomuto
cieco e paralitico»;
nella versione
censurata dice
invece: «questo
pelandrone non
è nemmeno
capace di rubare
una noce a uno
scoiattolo».
Naturalmente
in Italia sono
censurati anche i manga,
i fumetti giapponesi:
per esempio,
in seguito ad
alcune proteste
del Moige, la
Star Comics
è stata
costretta a
censurare, dalla
terza edizione
in poi, una
scena del manga
Dragon Ball,
ritenuta non
adatta ai minori;
e la Planet Manga
ha censurato
il manga in
un volume Ludwig,
pubblicato nel
novembre 2005,
occultando la relazione
incestuosa e
pedofila tra
Biancaneve e
suo padre.
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