VIBRAZIONI SISMICHE E TERREMOTI

 

 

Ciclicità statistica dei fenomeni sismici

Il luogo nel sottosuolo dove si origina un terremoto è chiamato ipocentro o fuoco, mentre la sua proiezione sulla superficie terrestre è chiamata epicentro. Una volta finito il sisma, inizia ad accumularsi nuova energia. La faglia, a causa dell’enorme attrito delle rocce, si rimette in movimento soltanto quando lo sforzo applicato avrà superato un certo limite. Le faglie si muovono per scatti ricorrenti: lungo tali faglie ci si devono aspettare quindi terremoti altrettanto ricorrenti. I terremoti sono fenomeni ciclici, caratterizzati da un periodo che dipende dalle caratteristiche geologiche del suolo e dalle forze che agiscono all’interno del pianeta.
Per una data regione si può prevedere quindi un approssimativo periodo di ritorno dei fenomeni sismici, cioè il periodo di tempo che in media intercorre tra due eventi di una certa intensità. Più ravvicinati sono i terremoti, minore è l’energia elastica accumulata e minore è l’entità delle scosse. Più lungo è l’intervallo di tempo tra due eventi sismici, più violento e disastroso è il sisma, perché è maggiore l'energia accumulata nel frattempo.


 

Un'immagine di Kesennuma Miyagi durante il disastroso tsunami

seguito al sisma dell'11 marzo 2011

 

Onde sismiche

L’energia che si libera durante un terremoto viene diffusa attraverso le rocce circostanti mediante onde sismiche.

In ogni corpo solido possono propagarsi due tipi di onde indipendenti tra loro, onde longitudinali e onde trasversali.

Le prime si propagano per compressioni e dilatazioni successive e provocano variazioni di volume. Le particelle che compongono il corpo vibrano nella direzione della propagazione.

Nelle onde trasversali invece le vibrazioni delle particelle hanno luogo in piani perpendicolari alla direzione di propagazione.
La velocità delle onde sismiche dipende dalla densità del materiale attraversato e dai coefficienti di elasticità del materiale, diversi per ciascuno dei due tipi di onde. Le onde longitudinali sono più veloci e, pur partendo dall’ipocentro del sisma insieme a quelle trasversali, arrivano per prime agli strumenti che le rilevano. Sono registrate come onde prime o onde P. Dopo un certo tempo, proporzionale alla distanza percorsa, arrivano le onde trasversali, dette onde seconde o onde S.

 

 

Un terzo gruppo di onde, che hanno la massima ampiezza, arrivano per ultime al sismografo: queste onde, relativamente lente, si propagano soltanto sulla superficie terrestre, allo stesso modo delle onde del mare, e sono chiamate onde lunghe o onde L. Esse si originano all’epicentro e si propagano con velocità costante di 3,5 Km/s.
Quando l’epicentro del terremoto si trova in mare, le onde sismiche si propagano nel liquido e interessano l’intero spessore delle acque. In prossimità della costa, le onde toccano il fondo e la loro altezza aumenta. Si generano in tal modo colossali ondate di acqua (tsunami), che determinano il cosiddetto maremoto; esse possono essere alte più di venti metri ed apportare distruzione a regioni costiere molto vaste, com'è accaduto, purtroppo, in occasione del recente terremoto in Giappone (11 marzo 2011); vediamo qui sotto un'immagine dell'onda anomala (alta più di 10 metri) che sta per abbattersi sulla città di Natori Miyagi, spazzandola via:

 

Qui ne vediamo gli spaventosi effetti a pochi minuti di distanza:

 

Anche di tale fenomeno resta traccia nel resoconto di Plinio il Giovane, nonché, in una rivisitazione poetica surreale e fantastica, nel finale del V libro del Bellum civile di Lucano: qui Cesare, poco prima della battaglia di Durazzo, irritato per gli indugi di Antonio, decide di attraversare il mare Adriatico in tempesta su una barchetta a remi per raggiungerlo (episodio che, incredibile ma vero, sembra essere realmente accaduto, tant'è vero che ce lo riporta anche Plutarco) ed una tempesta dai connotati apocalittici, che culmina in un vero e proprio maremoto, crea alla fine la cosiddetta decuma unda, nome con cui i latini designavano un'onda anomala o tsunami, che solleva la barchetta di Cesare e la trascina verso la riva irta di scogliere. Ma, contrariamente ad ogni aspettativa, non solo la barchetta non si sfascia contro le rocce, ma la Fortuna (o il Fato) fanno sì che essa venga deposta delicatamente nell'unico punto della costa in cui si apre una piccola spiaggia sabbiosa: e così, del tutto incredibilmente, Cesare tocca terra sano e salvo.