Giunti fuori
dell’abitato
ci fermiamo.
Là molti
prodigi, molti
terrori ci sorprendono.
I carri che
avevamo fatto
predisporre,
benché
il terreno fosse
piano, sbandavano
e neppure con
il sostegno
di pietre rimanevano
al loro posto.
Pareva inoltre
che il mare
si ritirasse
su se stesso,
quasi respinto
dal tremare
della terra.
Certamente la
spiaggia s’era
allargata e
molti animali
marini giacevano
sulle sabbie
rimaste in secco.
Dal lato opposto
una nube nera
e terribile,
squarciata da
guizzi serpeggianti
di fuoco si
apriva in vasti
bagliori d'incendio:
erano essi simili
a folgori ma
più estesi.
Allora quello
stesso amico
venuto dalla
Spagna con più
forza ed insistenza
esclamò:
“Se tuo fratello,
tuo zio è
vivo, vuole
che voi vi mettiate
in salvo; se
è morto
vuole che gli
sopravviviate.
Che aspettate
dunque
a fuggire?”.
Rispondemmo
che non ce la
sentivamo, nell’incertezza
della sorte
di lui, di pensare
alla nostra.
Non attese altro,
subito ci lasciò
e di gran carriera
si sottrasse
al pericolo.
Dopo non molto
quella nube
si abbassò
verso terra
e coprì
il mare: avvolse
e nascose Capri,
tolse la vista
del promontorio
Miseno. Allora
mia madre si
mise a pregarmi,
a scongiurarmi,
a ordinarmi
che in qualche
modo trovassi
scampo: io lo
potevo perché
ero giovane, lei
no, per gli
anni e la pesantezza
del corpo, ma
era ben contenta
di morire, pur
di non essere
causa della mia
morte. Mi opposi,
non mi sarei
mai messo in salvo
senza di lei;
poi, prendendola
per mano, la
costrinsi ad
affrettare il
passo. Essa
vi riesce a
stento e si
lamenta perché
mi ritarda.
|