Premessa
4a. Proposte per rendere più sostenibile la
permanenza nell’euro.
I - Distribuzioni monetarie su base “pro capite”[1]
Gli economisti Warren Mosler e Marshall Auerback hanno proposto a più riprese delle forme di
distribuzioni monetarie di grande entità (come ad esempio la cifra di 1
trilione di euro) erogate annualmente ai Paesi membri su base demografica “pro capite”[2]. L’unica
istituzione centrale sovrana che può operare un’emissione di moneta è la BCE,
sulla base di criteri demografici.
Il criterio pro capite
significa che non sarebbe un salvataggio mirato, né una ricompensa a chi si è
comportato bene: a tutti vanno dei fondi sulla base del numero degli abitanti:
ciò rassicurerebbe i mercati e questo genererebbe minori di tassi di interesse ed una maggior
propensione all’erogazione di credito verso l’economia reale. Si potrebbe
paragonare la situazione a quella di un'azienda che ha un problema di debito e
che non riesce a finanziarsi sul mercato dei capitali con delle azioni: se
quella azienda fosse in grado di farsele comprare dal mercato senza avere più
l’incubo della bancarotta, del fallimento, sarebbe molto più facile per quella
stessa azienda trovare altro credito per ricominciare a crescere.
Ciò che comunque viene
suggerito non è un mezzo per far fronte al problema della carenza della domanda
aggregata all’interno della zona euro, ma un
modo credibile per ripristinare la percezione di solvibilità nazionale, in
modo tale che Paesi come l’Italia si possano impegnare in una spesa di bilancio
per favorire la crescita; ciò poiché il
debito senza crescita non porta da nessuna parte, neanche a ripagarlo, come
sta scoprendo la Grecia: un Paese che non riesce a crescere in quanto non
riesce ad entrare nel mercato dei capitali; non trova denaro perché viene
percepito come a rischio perenne di insolvenza.
Nel dettaglio, ed in
parole semplici, la proposta di Mosler si articola così: la BCE finanzierebbe tutti gli Stati dell'UE con una distribuzione
annua di euro pari al 10% del Pil
dell'intera UE su base demografica pro
capite.
Sebbene debba essere
la BCE ad erogare i contributi in quanto unico emissore della valuta euro, il
programma dovrebbe essere gestito a livello nazionale. Come qualunque programma
tampone, anche questo sarebbe fra l’altro un piano antinflazionistico: si acquista manodopera quando i prezzi sono
bassi a causa della disoccupazione e la si rivende all’economia una volta che
siano migliorate le condizioni. Si avrebbe quindi una stabilizzazione
automatica del sistema.
II. Trasformazione dell’euro in “euro sovrano”
Citiamo questa ipotesi
“di scuola” solo per dovere di completezza, in quanto totalmente teorica e nei
fatti irrealizzabile. A parere dello stesso Warren Mosler, l'optimum, ovvero la
soluzione ideale nel migliore dei mondi possibili, sarebbe la trasformazione dell'euro in euro sovrano del neo-stato Europa Unita.
Questo però
implicherebbe un radicale cambiamento di impostazione della BCE e dell'Unione
Europea e la modifica dei suoi trattati, a cominciare da quello di Lisbona.
Essa dunque si scontra con problemi di natura politica e sociale attualmente
insormontabili, sicché non mette neppure conto parlarne.
4b.
Immissione di valuta complementare.
Utilizzo di crediti d’imposta e “tax-backed
bonds”
Warren Mosler e Philip
Pilkington[3]
hanno proposto nel marzo 2012 la possibilità di utilizzare i titoli del debito
pubblico di un Paese in default come mezzo di pagamento delle imposte.
Il meccanismo è il seguente: se (e solo se) un Paese
dell’eurozona è a rischio default, cioè se non riesce a ripagare un titolo di
Stato, tale titolo può essere utilizzato da chi ne è in possesso per il
pagamento delle imposte in quel Paese. Se poi il titolo è detenuto da qualcuno
che non paga le tasse in quel Paese, chi è in possesso del titolo potrà
venderlo a un istituto di credito sottoposto all’imposizione fiscale del paese
in default, magari con un piccolo sconto, per rendere l’acquisto conveniente, e
l’istituto di credito lo utilizzerebbe per il pagamento delle imposte. In tal
modo, viene assicurata la fiducia degli investitori sui titoli di debito dei
Paesi in difficoltà. Si terrebbero sotto
controllo gli interessi, senza la necessità di una uscita della zona euro e
persino senza l’intervento massiccio della BCE.
4c. Immissione di nuova lira sovrana a fianco
dell’euro.
Circolazione parallela
di due valute
L’economista Luca
Fantacci[4]
e molti altri osservatori economici hanno proposto una riforma dell’unione
monetaria che consenta ai Paesi membri di mantenere
la propria valuta nazionale in circolazione nel mercato interno ed utilizzare
la moneta comune negli scambi esterni. L’euro diverrebbe in tal modo
un’unità di conto internazionale per agevolare gli scambi fra Paesi europei
(sul modello del “bancor”
keynesiano), mentre la nuova moneta nazionale verrebbe emessa da Bankitalia.
In tal modo il Paese riacquisterebbe una forma mediata di sovranità
(parziale in quanto il cambio con la moneta comune, l’euro, dovrebbe essere
comunque semi-fisso), pur non rinunciando alla prospettiva d’integrazione
europea. La Banca Centrale Europea si
trasformerebbe una sorta di camera di
compensazione fra debiti e crediti dei sistemi bancari dei Paesi
membri, e si porrebbe a garanzia del debito estero degli stessi; mentre il
debito interno sarebbe garantito dalle Banche Centrali nazionali.
Un sistema così elaborato, tuttavia, richiede l’adesione di Stati nazionali sui
quali, di fatto, non si può direttamente intervenire, rendendo l’ipotesi
postulata simile ad un accordo internazionale sul commercio estero, proprio
come affermava, in precedenza, lo stesso Keynes.
Relativamente alle KPI
Determinare possibili scenari futuri sulle variabili indicateci è
compito, a nostro parere, impossibile da determinare con precisione
scientifica. Data la natura strutturale su cui poggia il disegno totalitarista
dell’euro, riteniamo che tali strumenti,
che possono pur risultare efficaci seppur nel breve periodo, mantengano
sostanzialmente invariata la finalità ultima dell’euro: una feudalizzazione
dell’Europa[5].
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