Punto 4

 

 Cosa accadrebbe nel caso di immissione in corso
 di una seconda valuta in Italia.

 

 

1) La risposta di Economia 5 Stelle

 

2) La risposta di Epic (Economia per i cittadini)

 

 

N.B.: i documenti completi, scaricabili, sono reperibili qui:

http://economiaepotere.forumfree.it/

 


Premessa

 

Per i motivi esposti in precedenza, riteniamo tutte le soluzioni che mirano a permettere la permanenza dell’Italia nell’euro come un insieme di strumenti volti a “curare un malato terminale con delle aspirine”.

Detto ciò, e sentendoci in dovere di rispondere comunque ad un’interrogazione in maniera il più possibile professionale, indichiamo una serie di soluzioni con cui si potrebbe, tecnicamente ed in funzione delle alternative esistenti, tentare di “allentare” l’inevitabile morsa implosiva sottostante alla realtà della moneta unica europea.

La nostra analisi sarà tripartita:

1.      Punto 4a: soluzioni praticabili sic stantibus rebus, con la (teorica) collaborazione della   BCE;

2.      Punto 4b:  ipotesi di “moneta complementare” sotto forma di crediti d’imposta;

3.      Punto 4c: “doppia circolazione” (reintroduzione della lira a fianco dell’euro).

 

 


 

 

4a. Proposte per rendere più sostenibile la permanenza nell’euro.

 

I - Distribuzioni monetarie su base “pro capite”[1]

 

Gli economisti Warren Mosler e Marshall Auerback hanno proposto a più riprese delle forme di distribuzioni monetarie di grande entità (come ad esempio la cifra di 1 trilione di euro) erogate annualmente ai Paesi membri su base demografica “pro capite”[2]. L’unica istituzione centrale sovrana che può operare un’emissione di moneta è la BCE, sulla base di criteri demografici.

Il criterio pro capite significa che non sarebbe un salvataggio mirato, né una ricompensa a chi si è comportato bene: a tutti vanno dei fondi sulla base del numero degli abitanti: ciò rassicurerebbe i mercati e questo genererebbe minori  di tassi di interesse ed una maggior propensione all’erogazione di credito verso l’economia reale. Si potrebbe paragonare la situazione a quella di un'azienda che ha un problema di debito e che non riesce a finanziarsi sul mercato dei capitali con delle azioni: se quella azienda fosse in grado di farsele comprare dal mercato senza avere più l’incubo della bancarotta, del fallimento, sarebbe molto più facile per quella stessa azienda trovare altro credito per ricominciare a crescere.

Ciò che comunque viene suggerito non è un mezzo per far fronte al problema della carenza della domanda aggregata all’interno della zona euro, ma un modo credibile per ripristinare la percezione di solvibilità nazionale, in modo tale che Paesi come l’Italia si possano impegnare in una spesa di bilancio per favorire la crescita; ciò poiché il debito senza crescita non porta da nessuna parte, neanche a ripagarlo, come sta scoprendo la Grecia: un Paese che non riesce a crescere in quanto non riesce ad entrare nel mercato dei capitali; non trova denaro perché viene percepito come a rischio perenne di insolvenza.

Nel dettaglio, ed in parole semplici, la proposta di Mosler si articola così: la BCE finanzierebbe tutti gli Stati dell'UE con una distribuzione annua di euro pari al 10% del Pil dell'intera UE su base demografica pro capite.

Sebbene debba essere la BCE ad erogare i contributi in quanto unico emissore della valuta euro, il programma dovrebbe essere gestito a livello nazionale. Come qualunque programma tampone, anche questo sarebbe fra l’altro un piano antinflazionistico: si acquista manodopera quando i prezzi sono bassi a causa della disoccupazione e la si rivende all’economia una volta che siano migliorate le condizioni. Si avrebbe quindi una stabilizzazione automatica del sistema.

 

 

II. Trasformazione dell’euro in “euro sovrano”

 

Citiamo questa ipotesi “di scuola” solo per dovere di completezza, in quanto totalmente teorica e nei fatti irrealizzabile. A parere dello stesso Warren Mosler, l'optimum, ovvero la soluzione ideale nel migliore dei mondi possibili, sarebbe la trasformazione dell'euro in euro sovrano del neo-stato Europa Unita.

Questo però implicherebbe un radicale cambiamento di impostazione della BCE e dell'Unione Europea e la modifica dei suoi trattati, a cominciare da quello di Lisbona. Essa dunque si scontra con problemi di natura politica e sociale attualmente insormontabili, sicché non mette neppure conto parlarne.

 

 


 

 

4b. Immissione di valuta complementare.

 

Utilizzo di crediti d’imposta e “tax-backed bonds”

 

Warren Mosler e Philip Pilkington[3] hanno proposto nel marzo 2012 la possibilità di utilizzare i titoli del debito pubblico di un Paese in default come mezzo di pagamento delle imposte.

Il meccanismo è il seguente: se (e solo se) un Paese dell’eurozona è a rischio default, cioè se non riesce a ripagare un titolo di Stato, tale titolo può essere utilizzato da chi ne è in possesso per il pagamento delle imposte in quel Paese. Se poi il titolo è detenuto da qualcuno che non paga le tasse in quel Paese, chi è in possesso del titolo potrà venderlo a un istituto di credito sottoposto all’imposizione fiscale del paese in default, magari con un piccolo sconto, per rendere l’acquisto conveniente, e l’istituto di credito lo utilizzerebbe per il pagamento delle imposte. In tal modo, viene assicurata la fiducia degli investitori sui titoli di debito dei Paesi in difficoltà. Si terrebbero sotto controllo gli interessi, senza la necessità di una uscita della zona euro e persino senza l’intervento massiccio della BCE.

 

 


 

 

4c. Immissione di nuova lira sovrana a fianco dell’euro.

 

Circolazione parallela di due valute

 

L’economista Luca Fantacci[4] e molti altri osservatori economici hanno proposto una riforma dell’unione monetaria che consenta ai Paesi membri di mantenere la propria valuta nazionale in circolazione nel mercato interno ed utilizzare la moneta comune negli scambi esterni. L’euro diverrebbe in tal modo un’unità di conto internazionale per agevolare gli scambi fra Paesi europei (sul modello del “bancor” keynesiano), mentre la nuova moneta nazionale verrebbe emessa da Bankitalia.

In tal modo il Paese riacquisterebbe una forma mediata di sovranità (parziale in quanto il cambio con la moneta comune, l’euro, dovrebbe essere comunque semi-fisso), pur non rinunciando alla prospettiva d’integrazione europea. La Banca Centrale Europea si trasformerebbe una sorta di camera di compensazione fra debiti e crediti dei sistemi bancari dei Paesi membri, e si porrebbe a garanzia del debito estero degli stessi; mentre il debito interno sarebbe garantito dalle Banche Centrali nazionali.

Un sistema così elaborato, tuttavia, richiede l’adesione di Stati nazionali sui quali, di fatto, non si può direttamente intervenire, rendendo l’ipotesi postulata simile ad un accordo internazionale sul commercio estero, proprio come affermava, in precedenza, lo stesso Keynes.

 


 

Relativamente alle KPI

Determinare possibili scenari futuri sulle variabili indicateci è compito, a nostro parere, impossibile da determinare con precisione scientifica. Data la natura strutturale su cui poggia il disegno totalitarista dell’euro, riteniamo che tali strumenti, che possono pur risultare efficaci seppur nel breve periodo, mantengano sostanzialmente invariata la finalità ultima dell’euro: una feudalizzazione dell’Europa[5].

 

[1] Warren Mosler - Marshall Auerback:

http://www.huffingtonpost.com/warren-mosler/greece-debt-crisis_b_887540.html
http://www.nakedcapitalism.com/2011/09/marshall-auerback-the-ecb-v-germany.html

 

[2] Redistribuzione in funzione del numero di persone in un paese.

 

 

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