IL VANGELO DI TOMMASO E LA CROCIFISSIONE DI GESU'

 

 

Docetisti, come Marcione (II sec. d.C.), ritenevano che Gesù non avesse mai avuto un corpo fisico, ma solo un corpo apparente; nell'ottica marcionita Gesù non era mai neppure nato ed era semplicemente apparso in forme umane: men che meno poteva essere morto in croce. I Basilidiani, poi, credevano che al suo posto fosse stato crocifisso qualcun altro; un apocrifo ritrovato tra i documenti di Nag Hammadi, noto come "Secondo Trattato del Grande Seth", recita: "Era un altro, il loro padre, che ha bevuto la bile ed l'aceto; non ero io. Chi fu percosso con la canna, era un altro, Simone, colui che portò la croce sulle sue spalle. Era un altro colui cui hanno messo la corona di spine." Tale testo ci offre un documento che ci riporta direttamente all'eresia di Basilide, una delle più antiche. Di origine siriana, Basilide era uno studioso alessandrino che scrisse tra il 120 ed il 130 d.C.; si ritiene che abbia prodotto non meno di 24 libri di commento ai Vangeli. Secondo Ireneo, che lo combattè aspramente, Basilide propugnava una temibile eresia, sostenendo che la crocifissione era una frode, che Gesù non era morto sulla croce e che il suo posto era stato preso da un sostituto, Simone di Cirene, il "cireneo" che nei Vangeli (cfr. Marco 15:21-22, Matteo 27:32 e Luca 23:26) è costretto dai soldati romani a portare la croce di Gesù.

 

 

Tiziano, Gesù e il Cireneo, 1565 circa

 

Da questo punto di vista un altro testo molto interessante è il discusso Vangelo di Barnaba, da taluni attribuito a Giuseppe di Cipro, meglio noto come San Barnaba (un apostolo vissuto nel I secolo d.C. e citato negli Atti degli Apostoli come garante di Saulo di Tarso, poi divenuto San Paolo), da altri invece considerato molto tardo, addirittura scritto in spagnolo nel XIV secolo. Vero è che il Decretum Gelasianum (fine V secolo) menziona un "Vangelo di Barnaba", ma non si tratterebbe dello stesso testo. Questo Vangelo apocrifo conforta la versione della sostituzione sulla croce, raccontando però che Giuda Iscariota, e non Simone di Cirene, fu processato e crocifisso al posto di Gesù.

Hugh J. Schonfield, un famoso biblista, avanzò nel suo libro del 1965 The Passover Plot (tr.it. Gesù non voleva morire, Tindalo, 1968; Il complotto di Pasqua, Endas Libri, 2004) la tesi alquanto ardita, ma in verità abbastanza verosimile alla luce della narrazione evangelica, che Gesù sarebbe stato fatto addormentare con un potente narcotico sulla croce al momento di calmare la sua sete (il filtro sarebbe stato contenuto nella spugna inzuppata d'aceto che, secondo i Vangeli, venne accostata alla sua bocca), tale da apparire a tutti come morto, e trasportato poi, verso il cader della notte, da un gruppo di discepoli in un luogo opportunamente vicino e sicuro. Per la verità anche Pilato, nei Vangeli, esprime stupore per la rapidità di questa morte in croce, solitamente molto più lenta (cfr. Marco 15:44).

Ma dove sarebbe avvenuto tutto questo? Come fa notare Maurizio Sabbadini in un suo saggio dal titolo Esegesi di Maria Maddalena (pubblicato su Lo specchio anno VII, ott. 2006–gen. 2007, leggibile qui), "le tre croci furono preparate sul "luogo di un teschio" (Golgota dall'ebraico Gulgoleth). Nessun Vangelo fa cenno al fatto che si trattasse di un colle. Secondo Giovanni (19:41) il luogo era un giardino con un sepolcro privato, indicato come appartenente a Giuseppe d'Arimatea (Matteo 27:59-60). In concreto la crocifissione non avvenne davanti a molta gente, bensì davanti a pochi all'interno di un terreno recintato, un giardino privato che era il "luogo di un teschio" (Giovanni 19:17). Se nei Vangeli non ci sono riferimenti significativi per comprendere l'esattezza del luogo, nell'"Epistola agli Ebrei" (13:11-13) ci sono delle indicazioni che possono aiutare: "Perciocché i corpi degli animali, il cui sangue è portato dal sommo sacerdote dentro al santuario per lo peccato, son arsi fuori dal campo. Perciò ancora Gesù, acciocché santificasse il suo popolo per lo proprio sangue, ha sofferto fuor della porta. Usciamo adunque a lui fuor del campo, portando il suo vituperio".

Da questo deduciamo che Gesù soffrì "fuor della porta" e "fuor del campo". Il termine "fuor del campo" indicava vari luoghi impuri, fra cui i normali cimiteri. Qui le tombe umane venivano contrassegnate con il simbolo del teschio, per indicare che camminare sopra i morti costituiva un atto di profanazione. "Il luogo di un teschio" era dunque un cimitero, il giardino cimiteriale recintato che in questo caso conteneva un sepolcro vuoto in dotazione a Giuseppe d'Arimatea."