II.
GESU'
SOPRAVVISSE
ALLA
CROCIFISSIONE?
Il Vangelo apocrifo di Tommaso (da non confondere con il "Vangelo dell'infanzia
di Tommaso") è
uno dei Vangeli
più antichi,
secondo alcuni studiosi
più antico
perfino del Vangelo
di Marco, successivo
soltanto alla "fonte
Q" ed al "Vangelo
dei segni",
e quindi uno di
quelli che danno
più filo
da torcere a chi
nega la validità
di tutti gli apocrifi
in blocco. Secondo questo testo
il rabbi Yoshua,
ovvero Gesù,
avrebbe avuto diversi
fratelli, di
cui importantissimo
è Giacomo
il Giusto, che
ne proseguì
la predicazione
e che è tuttora
venerato in Spagna
con nome di Santiago
(= San Giacomo);
a lui, e non a Pietro
(peraltro, neppure
a Giovanni o a Maddalena,
come sostengono
alcuni),
Gesù avrebbe
affidato la direzione
della Chiesa.
Già solo
questo elemento
basterebbe a rendere
il Vangelo di
Tommaso poco gradito
alle autorità
eccesiastiche; ma
c'è ben altro
in esso. Gesù infatti
avrebbe
avuto anche un
fratello gemello:
Giuda Tommaso Didimo;
infatti in aramaico Toma
significa "gemello", ed in
greco δίδυμος
vuol dire la
stessa cosa. Stando
ad alcune azzardate
teorie,
lui e non Gesù
sarebbe morto sulla
croce.
Questo
in sintesi; ma è
senz'altro il caso
di analizzare più
approfonditamente
il testo e le problematiche
che esso ci sottopone.
Caravaggio,
Incredulità
di San Tommaso,
1601-02
Anzitutto
bisogna osservare
che la mancata crocefissione
di Gesù,
o la sua sostituzione
in croce,
non si evince affatto
dal testo:
semplicemente,
l'evangelista
ignora
il
problema;
questo
Vangelo infatti
è
strutturato in modo
assolutamente anomalo: il testo dell'apocrifo è
costituito
complessivamente da 114 detti (in greco λόγια)
di Gesù introdotti dalla formula "Gesù disse" e non contiene alcun
racconto o cornice narrativa. Completamente assenti sono le opere miracolose
descritte nei vangeli canonici e anche in molti altri vangeli apocrifi, così
come mancano i grandi discorsi escatologici che la letteratura canonica in vari
passaggi attribuisce a Gesù. Ma soprattutto, ed è questo a risultare
sorprendente, è assente anche la tradizionale
narrazione della morte in croce e risurrezione di Gesù, compreso il processo davanti alle
autorità giudaiche e romane.
Dedurne tuttavia che il silenzio sulla morte
di Gesù significa
che egli non
morì affatto
in croce, ed anzi
fu sostituito da
un altro, è
assolutamente arbitrario,
come del resto accade
con qualsiasi argumentum
ex silentio.
Indubbiamente
vi è in questo
testo una particolare
reticenza sulla
sorte terrena del
Cristo, e non
certo perché
l'autore ignori la
sua dipartita: ne
fa fede il Loghion
12, che
recita: "I
discepoli dissero
a Gesù: -
Sappiamo che
tu ci lascerai:
chi è che
sarà grande
sopra di noi? -
Gesù rispose
loro: - Dovunque
andrete seguirete
Giacomo il Giusto,
colui a motivo del
quale sono stati
creati il cielo
e la terra. -"
Il
passo risulta doppiamente
sorprendente: prima
di tutto vi si
fa chiaramente riferimento
alla dipartita di
Gesù ("ci
lascerai"),
ma assolutamente
non alle
cause ed alle modalità
di tale dipartita;
la parola "morte"
è accuratamente
evitata, ed
il passo così
come sta potrebbe
indicare anche un
allontanamento volontario,
la partenza per
un viaggio o qualcosa
di simile; in secondo
luogo, come già
accennato, viene
indicato come successore
di Gesù e
capo della Chiesa
quello che, pressoché concordemente,
è riconosciuto
come il fratello
maggiore di Gesù,
Giacomo il Giusto,
nei confronti del
quale viene pronunciato
un elogio che ha
dell'incredibile:
"colui a motivo
del quale sono stati
creati il cielo
e la terra".
Sarebbe veramente
troppo lungo citare
e vagliare criticamente
tutte le fonti che
fanno riferimento
alla possibilità che Gesù
non sia mai stato
crocifisso,
radicalmente antitetica
al cristianesimo
paolino e di conseguenza
a tutto l'edificio
teologico cattolico,
basato appunto sul
dogma della morte
in croce di Gesù
per la remissione
dei peccati dell'umanità
e della sua resurrezione,
garanzia di resurrezione
per l'intera umanità.
Basterà osservare
che si tratta in
verità di
una tesi largamente
diffusa, accettata probabilmente
dai Templari,
non a caso accusati
di sputare sulla
croce, ma fatta
propria certamente
da tutto il mondo
musulmano: infatti,
in base a quanto
asserito da Corano,
è incompatibile
con il concetto
di una divinità giusta
e misericordiosa pensare
che Dio abbia condannato
il suo profeta ad
una fine tanto orribile
ed ingiusta, oltre
tutto senza uno
scopo comprensibile,
dal momento che
il peccato permane
identico nell'umanità;
perciò il
mondo islamico crede
che Gesù
non sia stato
né ucciso
né men che
meno crocifisso,
ma che Dio lo abbia
semplicemente innalzato a sé.
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