Esiste
un
romanzo
interamente
dedicato
alla
ridicolizzazione
dei teorici
del
"complottismo"
come
Baigent,
Leigh
e
Lincoln,
gli
autori
del
best-seller
Il
Santo
Graal
del
1982,
e
di
tutti
coloro
che
si
ostinano
a
vedere
indizi
e
messaggi
in
codice disseminati
un
po'
ovunque:
si
tratta
de
Il
pendolo
di
Foucault, il
secondo romanzo
di Umberto Eco,
pubblicato nel
1988 e quindi
nettamente
precedente
rispetto
a
quel
vero
e
proprio
fenomeno
editoriale
che
è Il
codice
Da
Vinci
di
Dan
Brown,
pubblicato
nel
2003.
Diciamo
subito
che, visto
l'impensabile
successo
del
romanzo
di
Dan
Brown,
il
monito
lanciato
da
Umberto
Eco
non
ha
evidentemente
avuto successo:
i
complottisti
hanno
a
quanto
pare un
folto
stuolo
di
seguaci,
che
non
si
lasciano
smuovere
da
nessun
richiamo
alla
razionalità.
E
purtroppo,
dal
momento
che
di
svariate
mistificazioni
è
stata
artefice
nei
secoli
proprio
la
Chiesa
cattolica,
è
difficile
farli
desistere
dal
proposito
di
arrivare
in
qualche
modo
a
"far
luce",
anche
a
costo
di
piombare
in
un
buio
ancora
più
assoluto.
Il
pendolo
di
Foucault
non
è
un
libro
"per
tutti"
e
non
ha
le
caratteristiche
divulgative
del
romanzo
di
Dan
Brown;
anche
per
questo
è
stato
variamente
giudicato dalla
critica e dal
pubblico: mentre
infatti il precedente
Il nome
della rosa,
del 1980, aveva riscosso
un unanime
successo, in
questo caso
i pareri si
dividono profondamente:
c'è chi
parla senza
mezzi termini
di un romanzo
freddo, cerebrale
o addirittura
cervellotico,
un puro sfoggio
esibizionistico
di sapere occulto,
al limite dell'illeggibile,
e chi invece
di un capolavoro,
un impareggiabile
divertissement
intellettuale.
Umberto
Eco
Si
veda ad esempio
questo entusiastico
giudizio tratto
da Italialibri:
"Leggendo
il Pendolo di
Foucault vi
si troverà
molto più
di ciò
che è
possibile raccontare.
Vi si troveranno
molti riferimenti
e richiami che
ciascuno saprà
cogliere secondo
la propria formazione
e secondo la
propria esperienza
(Dante, Poe,
Hammett, Joyce...)
e soprattutto
ci si divertirà,
perché
questo è
davvero un libro,
ancorché
ponderoso, da
divorare tutto
d’un fiato,
dalla prima
all’ultima pagina.
C’è un
difetto? Certo.
Qualcuno ha
scritto che
gli manca la
leggerezza.
Assenza inevitabile
e connaturata
alla potenza
delle suggestioni
che emanano
dal testo, potenza
grave (mai greve),
come talvolta
deve essere
l’Arte. Si consiglia
di cercare la
leggerezza in
Calvino o in
Kundera. Ma
se si desidera
immergervi in
qualche ora
di puro godimento
intellettuale,
di divertimento
intelligente,
assorbente e
coinvolgente
come solo pochi
scrittori al
mondo sanno
offrire,
allora il Pendolo
di Foucault
del professor
Eco Umberto
da Alessandria
fa per voi."
Non
sono mancati
i critici che,
come Ranieri
Polese (Padri
(e padrini)
di Dan Brown, Corriere
della Sera del
12 dicembre
2004) hanno
visto ne Il codice
da Vinci
la versione
divulgativa del romanzo
di Eco. A questo
riguardo, in
un'intervista,
Eco stesso afferma: «Sono
stato costretto
a leggerlo,
perché
tutti mi facevano
domande in proposito.
Le rispondo
che Dan Brown
è uno
dei personaggi
del mio romanzo
Il pendolo di
Foucault,
in cui si parla
di gente che
incomincia a
credere nel
ciarpame occultista.
[...] Nel
Pendolo di
Foucault ho
rappresentato
quel tipo di
persone in maniera
grottesca.
Ecco perché
Dan Brown è
una delle mie
creature»
(intervista
di Deborah Solomon,
La Repubblica,
25 novembre
2007).
Giudizio,
come si vede,
estremamente
dispregiativo,
che ci fa comprendere
chiaramente quale
sia la posizione
di Umberto Eco
rispetto alla
teoria
del complotto:
semplicemente,
non ci crede
affatto.
Comunque
la
si
voglia
giudicare,
si tratta di
un'opera estremamente
interessante.
Come
afferma giustamente
il recensore
di Italialibri,
"riassumere
la trama de
Il pendolo di
Foucault è
come voler compendiare
il senso dell’universo
in uno o due
lepidi aforismi
da cioccolatino.
Il Pendolo
non ha una trama,
non ha un tempo
e non ha un’azione.
E’ la storia
di alcuni redattori
milanesi, tra
gli anni 70
e 80, e del
loro sgangherato
cotè
lavorativo.
Ma è
anche la storia
di una colossale
mistificazione
che, ordita
con avventata
leggerezza,
si trasforma
in un inquietante
scenario con
un epilogo da
grandguignol.
Ed è
anche la storia
di una sola
notte di tregenda:
quella del 23
giugno 1984
e di una terribile
soluzione finale.
E infine la
storia di un’altra
notte: quella
del 27 giugno
1984, nella
vecchia casa
di campagna
di uno dei protagonisti,
dove tutto viene
raccontato,
dove tutto sembra
finito e dove
tutto deve (forse)
ancora misteriosamente
e ancora minacciosamente
cominciare."
Detto
così,
si
coglie bene la
suggestione
del romanzo,
ma non si riesce
a capire niente
della trama:
proverò
ad esporla in
modo più
semplice, sulla
falsariga di
un
altro sito.
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