Clive
Staples Lewis
(Belfast 1898
- Oxford 1963),
scrittore e
filologo britannico
autore fra l'altro
della saga Le cronache di Narnia,
pubblicò nel
1960 il saggio filosofico I
quattro amori (The Four Loves),
che fornisce una chiave di lettura per le opere
letterarie di questo autore e per il tema della natura degli affetti
umani, molto importante in tutti i romanzi
di Lewis. Suo grande merito è l'avere messo in luce che il generico
termine love
(come l'italiano “amore”, derivato ovviamente dal latino amor,
-oris) corrisponde
in realtà
a
quattro ben distinte parole greche, che indicano altrettanti tipi di
amore. Esse
sono:
ἔρως
(èros),
"passionalità":
l'amore che
causa un profondo
sconvolgimento
emotivo, connesso
con il πάθος,
il desiderio
sensuale e il
bisogno, generalmente
(ma non necessariamente)
originato dall'attrazione
fisica;
φιλία
(philìa),
"amicizia":
amore disinteressato,
che esclude
il bisogno e
(in genere)
la componente
sessuale, si
basa sulla stima
reciproca e
consiste nel
volere il bene
dell'altro,
senza secondi
fini;
στοργή (storghè),
"affetto":
amore "naturale",
che si applica quasi
esclusivamente
all'affetto che
si ha per i
propri familiari,
tipicamente
genitori versus
figli e viceversa;
differisce dalla
φιλία
soprattutto
perché
più istintivo
e non basato
sulla stima
(si può
amare una madre
o un figlio
anche senza
stimarli);
ἀγάπη
(agàpe),
"fratellanza":
l'amore verso
il prossimo
che unisce (o
dovrebbe unire)
ed affratella
tutti gli esseri
umani, creando
fra di loro
un legame profondo
e indissolubile,
contrapposto
all'attrazione
passeggera legata
all'ἔρως;
non a caso è
il termine usato
dai primi Cristiani
per definire
il loro rapporto
reciproco.
Caravaggio,
Amor vincit
omnia, 1601-1602
"Tra
noi non c'è
più pathos",
diceva il ritornello
di una canzone
di qualche anno
fa; e siccome
le canzoni della
musica leggera
sono
confezionate
su misura per
noi "gente
comune",
il loro contenuto
è altamente
indicativo dei
modelli in cui
la gente si
riconosce: in
questo caso, indicando
nella mancanza
di pathos
la fine
dell'amore, è
evidente che
la canzone dà per
scontato che
il pathos
sia: a) necessario,
b) positivo
per un rapporto
d'amore.
Ma
è
ovvio che l'amore finisca,
se viene basato
su uno stato
d'animo transitorio
(in quanto alterato)
come il pathos,
per definizione
destinato a
sbollire prima
o poi. Basterebbe
una lettura
anche superficiale
dell'Etica
Nicomachea di
Aristotele (o
anche di una
commedia di
Menandro) per
comprenderlo;
per non parlare
della nota stroncatura
dell'eros da
parte di Epicuro,
che esalta l'amicizia
e classifica
invece la passione
d'amore tra
i "piaceri
non naturali
e non necessari",
ossia tra i
falsi bisogni,
da cui derivano
alla vita umana
soltanto confusione
ed infelicità.
Per altri motivi
anche gli Stoici
arrivano
alla medesima
conclusione:
tutto ciò
che non è
conforme al
Lògos,
cioè
alla razionalità
divina, per
essi va evitato,
e la passione
erotica non
è che
un pathos
come un
altro, cioè
una forma di
perniciosa irrazionalità.
Non
c'è dunque
da
meravigliarsi
se nella vita
di tutti i giorni
ci mettiamo
in condizione
di fare e di
subire del male,
dal momento
che abbiamo
le idee così
confuse.
Vorrei
ora ripercorrere
a grandi linee
la storia del
concetto di
"amore"
dall'antichità
classica fino
ai giorni nostri.
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