“Eros”, ben
prima di essere
personificato nella mitologia classica come il dio dell'amore
e di essere
concepito come un
sentimento o
una passione
umani, è visto prima di tutto come la forza vitale che anima l'intero cosmo:
qualcosa di
non troppo dissimile
dall'élan
vital ("slancio
vitale")
di cui parlerà
Henri Bergson
in L'évolution créatrice
del 1907; questa
è precisamente
la valenza che
esso ha nella
Teogonia
di Esiodo
e nel Perì
physeos di
Empedocle,
in cui esso
viene denominato philìa
e contrapposto
a neikos
(= "odio",
"discordia").
E'
probabile che questa
teoria empedoclea
sia alla base del
controverso
Inno a
Venere proemiale
del De rerum
natura di
Lucrezio (per
le ipotesi formulate
in proposito
dalla critica
si veda questo
sintetico approfondimento),
a sua volta
ispiratore -
pare - della
celeberrima
Primavera
di Botticelli,
al centro del
quale compare
appunto la figura
di Venus
Genetrix:
Sandro
Botticelli,
La Primavera, 1482
circa
Proprio ad Empedocle
si ispirerà
dichiaratemente
Sigmund Freud
per formulare
la sua celebre
teoria di Eros
e
Thanatos
(rispettivamente
la pulsione
vitale e quella
mortifera).
Egli infatti
scrive: «Empedocle
di Agrigento,
nato all'incirca
nel 495 a.C.,
si presenta
come una figura
fra le più
eminenti e singolari
della storia
della civiltà
greca [...]
Il nostro interesse
si accentra
su quella dottrina
di Empedocle
che si avvicina
talmente alla
dottrina psicoanalitica
delle pulsioni,
da indurci nella
tentazione di
affermare che
le due dottrine
sarebbero identiche
se non fosse
per un'unica
differenza:
quella del filosofo
greco è
una fantasia
cosmica, la
nostra aspira
più modestamente
a una validità
biologica. [...]
I due principi
fondamentali
di Empedocle
– philìa
(amore, amicizia)
e neikos
(discordia,
odio) – sia
per il nome
che per la funzione
che assolvono,
sono la stessa
cosa delle nostre
due pulsioni
originarie Eros
e Distruzione.»
(Sigmund Freud,
Analisi terminabile
e interminabile,
1937, in OSF
vol. 11; L'uomo
Mosè
e la religione
monoteistica
e altri scritti
1930-1938, Torino,
Bollati Boringhieri,
2008, pp. 527-529).
Nell'antichità Eros
è considerato
un dio primigenio (non generato);
in Esiodo esso
"appare"
nel Caos senza
alcun intervento
generativo (e
lo rende subito
fecondo), nel
mito orfico
nasce dall'"Uovo
Cosmico"
e viene
per lo più
chiamato Phanes;
curiosa teoria
di cui resta traccia
anche nei
comici: si pensi
alla buffa "cosmogonia
uccellesca"
di Aristofane,
vera e propria
parodia della
cosmogonia orfica:
“In principio vi era il Caos e la Notte e il nero
Erebo e l'ampio Tartaro, e non vi era la Terra né l'Aere né l'Oceano;
negli infiniti recessi di Erebo, generò per primo la Notte dalle nere
ali un uovo senza seme, dal quale, con volgere delle stagioni,
germogliò Eros desiderato splendente nella schiena per le ali dorate,
simili a vortici tempestosi. Congiunto di notte al Caos alato nella vastità
del Tartaro,
egli covò
la nostra stirpe”
(Uccelli
vv. 693-697).
Il ragionamento
non fa una grinza:
che altro poteva
produrre Eros,
nato egli stesso
da un uovo,
se non la stirpe
degli uccelli?
Ma all'uovo
cosmico si ispira
chiaramente,
tanto per fare
un esempio,
anche l'Humpty
Dumpty di
Lewis Carroll.
In epoca classica Eros
perde progressivamente il significato cosmogonico per essere riferito al sentimento che lega due persone, e parallelamente diviene un dio minore, figlio di Ermes e Afrodite.
Questi due significati
primari di Eros, come forza cosmica e come sentimento individuale, permangono nella letteratura e nella filosofia greche, anche se il primo va perdendosi da Platone in poi, riemergendo nel neoplatonismo e da qui passando al naturalismo rinascimentale.
Tuttavia
proprio
Erissimaco,
uno
degli
interlocutori
del
Simposio
platonico,
afferma
al
di
là
di
ogni
possibile
dubbio che
queste
due
pulsioni
non
riguardano
soltanto
gli
esseri
animati,
ma
anche
i
fenomeni
atmosferici
e
il
moto
degli
astri:
Che Amore sia duplice, ci sembra distinzione esatta; ma che
esso non alberga solo negli uomini attratti dalle belle creature, ma in tutti
gli altri esseri, a loro volta presi per altre forme, negli animali, per
esempio, nelle piante e comunque in tutte le creature viventi, io credo di
averlo dedotto dalla medicina, la nostra arte e, altresì, come Amore sia
grande e meraviglioso iddio, presente ovunque in ogni cosa umana e divina.
Comincerò, quindi, a trattar l'argomento da un punto di vista medico, anche
in omaggio a questa arte. La natura dei corpi è tale che essi hanno in sé
questo duplice Amore; infatti, per il corpo, malattia e salute sono, come
tutti sanno, due condizioni diverse e contrarie e, come tali, perciò, non
appetiscono e non desiderano mai le stesse cose. In poche parole, altro è il
desiderio che prova la parte sana, altro quello che sente la parte malata. [...]
E anche le stagioni dell'anno, nella loro successione, son colme di questi
due amori, e quando gli elementi contrari di cui parlavo prima, il caldo e il
freddo, il secco e l'umido, cadono sotto l'influenza dell'amore benigno che li
armonizza e li compone sapientemente, allora le stagioni recano abbondanza e
salute agli uomini, agli animali e alle piante e non portano alcun danno.
Quando, invece, ha il sopravvento l'altro amore, con tutta la sua violenza,
ecco, allora, rovine e distruzione ovunque, ecco la causa di pestilenze e di
molti altri simili morbi per gli animali e le piante; e, infatti, il gelo, la
grandine, la rubigine derivano dalla violenza e dal disordine con cui si
manifestano queste tendenze d'amore.
(Simposio
186
a.1
-
188
b.5)
Anche
a Platone, dunque,
è ben
presente il
concetto di
Eros primigenio
come forza cosmica.
|