Gödel
sembra minare
a fondo
e distruggere
le fondamenta
del suo
stesso credo:
per quanto
si possa
infatti
dire sul
Teorema,
resta che
il suo autore
fu profondamente
turbato
dalle conseguenze
logiche
che esso
implicava.
Se
gli enti
dunque postulati
dalla matematica
e dalla
logica fossero
determinazioni
umane, allora
essi sarebbero
conoscibili
in tutte
le loro
conseguenze
e i loro
sviluppi,
ma dato
che qualcosa
travalica
i nostri
sforzi conoscitivi,
evidentemente
non siamo
noi gli
autori del
mondo numerico.
Sembra
di ritornare
a Platone
e a Pitagora:
i numeri
e gli angeli
abitano
un mondo
a parte,
un cielo
d’idee al
di sopra
del mondo
sensibile,
così
come i corpi
abitano
quello sensibile.
La
sua metafisica
era forse
davvero
l’indizio
della “follia”.
Gödel
si sente
fortemente
turbato.
D’altra
parte, è
davvero
strano pensare
come un
teorema
di logica
matematica
abbia potuto
mettere
in crisi
un “paradigma”
tanto consolidato
nella storia
del pensiero,
ossia la
completezza
della matematica,
e insieme
contribuito
ad alimentare
la “follia”
dei suoi
cultori.
Kurt
Gödel
Qualcosa
che “si
limita”
ad asserire
che ogni
sistema
formale
tanto ampio
da poter
assiomatizzare
al suo interno
l’aritmetica
elementare,
se è
coerente
non è
completo,
dunque non
è
altresì
capace di
dimostrare
la sua stessa
coerenza
in virtù
di ragionamenti
che si esprimono
nel sistema
stesso,
ha cambiato
la storia
di tanti.
Ma
il dilemma
è
«forse
la prima
proposizione
rigorosamente
provata
a proposito
di un concetto
filosofico»
(Carte
di Gödel,
8c, 117,
item 040394
in P. Cassou-Noguès,
I demoni
di Gödel,
cit., p.
108).
Se
dunque esistono
proposizioni
indecidibili,
all’interno
di ogni
sistema
formale
e coerente,
quale
posto assume
il razionalismo
gödeliano?
La mente
deve necessariamente
risolvere
tutti i
problemi
che è
capace di
porsi.
Sono
questi i
problemi
che fanno
della letteratura
su Gödel
una contorta
interpretazione
e reinterpretazione
di ciò
che il logico
volesse
significare
senza troppe
spiegazioni.
Volendo
restare
alle sue
carte, egli
credeva
necessaria
una “rivoluzione”
all’interno
della matematica
perché
fosse non
fondata
sulla meccanicità
del ragionamento,
ma sulla
potenza
dell’intuizione.
Se
il cervello
è
niente meno
che una
macchina
di Turing,
un sistema
formale
(quindi
incompleto)
capace di
processare
un numero
finito di
informazioni
grazie a
regole interne
di manipolazione
(un numero
finito di
assiomi),
la mente
eccede ogni
riduzionismo,
dacché
in virtù
di “qualcosa”
è
capace di
risolvere
l’indecidibile
(gödeliano).
Edgar
Allan Poe
in Mèllonta
Tàuta
(dal greco
"questo
sta per
accadere")
immagina
un uomo
del futuro
che ami
prendersi
gioco dei
suoi avi
(ossia degli
uomini del
XX secolo),
i quali
rigorosamente
rifiutavano
ogni proposizione
che non
venisse
dal metodo
dell’a
priori (deduttivo),
o dell’a
posteriori
(induttivo),
come se
non conoscessero
assolutamente
niente dell’intuizione.
Gödel
è
della stessa
idea, ovvero
che sia
possibile
superare
l’incompletezza
della matematica
solo attraverso
una sua
reinterpretazione
intuitiva,
che la nostra
sia dunque
solo una
tappa preliminare
nel cammino
della conoscenza:
la nostra
matematica
non è
un rispecchiamento
del divino,
non descrive
un mondo
ideale;
piuttosto
riproduce,
per quanto
possibile,
il pensiero
di Dio stesso.
Tuttavia,
ed ecco
il punto,
è
impossibile
che qualcuno
operi tale
rivoluzione
matematica,
perché
il cervello
umano è
un sistema
formale
(incompleto),
dunque capace
di procedere
solo per
sistemi
incompleti
e necessariamente
ogni attività
umana è
dettata
dalle potenzialità
del cervello
stesso.
Ma
il cervello,
lo abbiamo
detto, non
è
la mente:
e se
la mente
oltrepassa
ciò,
è
necessario
che il suo
sia uno
sviluppo
che avvenga
solo dopo
la morte,
in un’altra
vita:
uno sviluppo
infinito
e un’intuizione
assoluta,
capace di
rilevare
in un colpo
solo l’universo
matematico,
sarebbero
impossibili
nel normale
funzionamento
della natura
creata.
Se
Gödel
tuttavia
è
erede della
metafisica
di Leibniz,
allora Dio
non può
lasciare
che tutto
finisca
al momento
della morte,
ma soprattutto
il divino
artefice
non può
essere un
ingannatore
e deve poter
rimediare
all’incompletezza
logica del
mentale
umano garantendoci
la vita
eterna,
una visione
immediata
della totalità
e della
verità.
Resta
aperta un’altra
possibilità,
quella del
goethiano
patto tra
l’uomo e
il demonio,
e dunque
una conoscenza
della verità
non rimandata
ad un’altra
vita, bensì
posseduta
nella pienezza
del tempo.
È
il Faust
ricordato
nelle corrispondenze
con la madre
a inquietare
l’animo
del logico.
E se
Dio perseguitasse
i logici
che cercano
la Verità?
A
differenza
di Gödel,
Emil
Post (1897-1954)
patì
davvero
la follia,
tanto da
aver passato
più
tempo in
clinica,
sedato con
continue
sedute di
elettro-shock,
che dietro
la cattedra.
Emil
Post
Se il Teorema
di incompletezza
dimostra
l’esistenza
di proposizioni
indecidibili
per l’aritmetica,
dunque per
la matematica,
il progetto
di Post
è
di gran
lunga più
ambizioso,
tanto quanto
irrealizzabile
e irrealizzato:
dimostrare
l'esistenza
di proposizioni
assolutamente
indecidibili.
Gödel
non ne fu
mai pienamente
convinto:
il suo razionalismo
impediva
esiti tanto
estremi
di pensiero.
Post
fu sfortunato:
Gödel
sembrava
aver dimostrato
un teorema
insuperabile
e il giovane
Alan Turing
aveva definito
il pensiero
finito e
formale,
progetto
al quale
anche Post
lavorò
duramente.
La
breve digressione
di Cassou-Noguès
su Emil
Post
non è
tuttavia
la storia
di un fallimento,
bensì
quella di
un folle
amante della
vita e del
sapere
e che forse,
come tutti
gli innamorati,
finì
la sua vita
nella speranza
di possedere
quell’altrui
vita desiderata
mai interamente
posseduta,
la verità
in questo
caso.
Abbiamo
ragione
dunque di
credere
che il Teorema
di incompletezza
e il progetto
dell’indecidibilità
assoluta
di Post
rappresentino,
insieme,
la massima
aspirazione
alla Mathesis
Universalis
di Leibniz
e la costante
consapevolezza
della sua
impossibilità.
(Fonti:
http://www.multiwire.net/pri/sand/godel.htm
http://www.emiliosanfilippo.it/?page_id=303)
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