Preghiera
alla madre
Madre che ho fatto
soffrire
(cantava un merlo alla finestra,il giorno
abbassava, sì acuta era la pena
che morte a entrambi io mi invocavo)
madre
ieri in tomba obliata, oggi rinata
presenza,
che dal fondo dilaga quasi vena
d’acqua, cui dura forza reprimeva,
e una mano le toglie abile o incauta
l’impedimento;
presaga gioia io sento
il tuo ritorno, madre mia che ho fatto,
come un buon figlio amoroso, soffrire.
Pacificata in me ripeti antichi
moniti vani. E il tuo soggiorno un verde
giardino io penso, ove con te riprendere
può a conversare l’anima fanciulla,
inebriatasi del tuo mesto viso,
sì che l’ali vi perda come al lume
una farfalla. E’ un sogno
un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere
vorrei dove sei giunta, entrare dove
tu sei entrata
--ho tanta
gioia e tanta stanchezza!—
farmi, o madre,
come una macchia della terra nata,
che in sé la terra riassorbe ed annulla.
Umberto
Saba
Preghiera alla madre è
una lirica di
Umberto Saba
(1883-1957) che appartiene alla raccolta
Cuor
morituro (1925-30).
Saba è particolarmente
interessato al significato psicologico profondo rappresentato dalla figura della
madre. In particolare, il recupero del ricordo della madre è sollecitato
dall’esperienza psicoanalitica intrapresa dall’ autore con Edoardo Weiss (cui si
fa riferimento ai versi 11-12). Fra l’altro il riaffiorare della figura materna
alla coscienza del poeta può compiersi perché ora vengono meno le ragioni di
tensione e di senso di colpa che avevano caratterizzato il rapporto con lei. La
rielaborazione del ricordo della madre può essere dunque ora ragione di gioia
(v. 13) e non di angoscia.
Egli rievoca
l’angoscia dei primi anni adolescenziali riferendosi a momenti tesi del
difficile rapporto tra madre e figlio. L’aver fatto soffrire la madre poi non
implica l’esser stato cattivo o privo di amore per lei, e anzi, nella
prospettiva della matura saggezza, pare al poeta un effetto inevitabile del
rapporto madre-figlio, quasi, addirittura, una conseguenza dello stesso
vincolo d’amore. Il recupero nella memoria della figura della madre comporta
un bisogno profondo di ricongiungersi a lei, di ritrovare l’unità
madre-figlio perduta nel corso della vita adulta. Questo desiderio coincide,
ora che la madre è morta, con un bisogno (o una minaccia) di annullamento:
ricongiungersi alla madre significa infatti rimettere a lei il potere di
revocare al figlio quella vita che ella stessa gli ha dato mettendolo al
mondo. Perciò nella similitudine finale la madre è implicitamente paragonata
alla “terra” che ha prodotto una “macchia”(la vita del figlio) e che la
riassorbe in se stessa annullandola nella morte.
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