E' quel
"nuovo umanesimo"
al quale
accennavo all'inizio,
i cui punti
di riferimento
potrebbero essere
rintracciati in
diversi momenti
dell'umanità,
antichi e moderni,
a cominciare
dalla φιλανθρωπία ellenistica
e da quello
che ne fu uno
dei principali
rappresentanti, Menandro, la
cui fine sensibilità
nei confronti
dell'umanità
in generale,
e di quella
più debole (bambini e
donne) in particolare, è
evidente nelle
commedie superstiti
(ma soprattutto,
direi, negli
Epitrepontes)
e trova una
mirabile espressione
in una una delle
Γνῶμαι μονόστιχοι
("Sentenze
di un sol verso"):
ὡς
χαρίεν ἐστ'ὥνθρωπος,
ἂν ἄνθρωπος
ᾖ
("che cosa
meravigliosa
è l'uomo,
se è
veramente uomo!").
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L'umanesimo
menandreo influenzò
profondamente
la latinità
nel momento
in cui si stava
aprendo alle
istanze di rinnovamento
morale promosse
dal "Circolo
degli Scipioni"
(II sec. a.C.);
basti pensare
alla risposta
di Cecilio
Stazio al
perentorio homo
homini lupus
di Plauto
(Asinaria
v. 495),
probabilmente
modellata su una
sentenza menandrea: homo
homini deus,
si suum officium
sciat ("l'uomo
per l'uomo è
Dio, se conosce
il suo dovere");
oppure al celebre
homo sum:
humani nihil
a me alienum
puto ("sono
uomo: non considero
estraneo a me
nulla di umano")
di Terenzio
(Heautontimorumenos
v. 77),
altro probabile
calco menandreo.
Di
lì si
potrebbe partire
per
proseguire con
il cristianesimo
(intendo quello
delle prime
comunità
cristiane, non
certo quello
odierno, troppo
spesso formale
e ipocrita),
via via fino
all'Illuminismo
e ad epoche
che, ben più
della nostra,
hanno conosciuto
il rispetto
dell'essere
umano in quanto
unione indissolubile
di corpo e anima.
Questo
traguardo mi
sembra però
così
lontano da essere
francamente
utopico,
specialmente
perché
al maschio,
detentore del
potere, fa comodo
considerare
le donne come
oggetti sessuali,
e per di più
spacciare questa
considerazione
trogloditica e
degradante della
femminilità come
"amore
per le donne"
o "libertà
sessuale".
E se davvero,
di fenomeni
come il femminismo
e il Sessantotto,
i maschi italiani hanno
capito solo
questo, c'è
seriamente da
dubitare della
loro intelligenza;
tutto sommato
è preferibile attribuire
queste affermazioni
a malafede,
piuttosto che
supporre in
loro un così
spaventoso
regresso intellettuale
e morale.
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Ritratto
di Menandro
(Musei Vaticani),
IV sec. a.C.
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Ma se cerchiamo
di volare più
alto (e sarebbe
proprio il caso),
sollevando
lo sguardo dalla
storia alla
filosofia
ed alla religione, osserviamo
che
la questione
della maternità
si configura
come un
aspetto di un
problema più
vasto e complesso
che investe
il senso stesso
della vita,
non solo umana:
tale problema è
la valutazione
(positiva o
negativa, ottimistica
o pessimistica)
dell'esistenza
materiale in
quanto tale,
della quale
l'elemento femminile,
e la funzione
riproduttiva
di cui esso
è portatore,
è il
principale artefice
e responsabile.
Qui infatti
assistiamo
ad un assoluto
divaricarsi
tra le convinzioni
dei monisti
e quelle
dei dualisti,
radicalmente
antititetiche.
A
questo spinoso
e delicato
problema saranno
dedicate le
pagine che seguono.
(Fonti
principali:
http://www.edicolaweb.net/arca023a.htm
http://www.vaginismus-awareness-network.org/motherhood_it.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Le_supplici)
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