MATERNITA' E LIBERO ARBITRIO

 

 

Infatti, in questo senso, il mito più calzante mi pare non già quello di Medea, che uccide per una feroce vendetta e per un profondo - anche se deviato - senso di giustizia (paradossalmente il suo gesto è più simile a quello del padre delle due bambine svizzere che in questi giorni si è suicidato a Cerignola dopo avere ucciso le piccole), ma quello delle Danaidi, trattato da Eschilo nell'omonima trilogia, della quale possiamo leggere soltanto il primo dramma, Le supplici (probabilmente del 463-2 a.C.).

La trilogia prendeva l'avvio da Danao ed Egitto, due fratelli gemelli che condividevano la sovranità sul regno d’Egitto. Il primo aveva avuto cinquanta figlie, il secondo altrettanti figli. Egitto aveva tentato di imporre il matrimonio tra i propri figli e le figlie di Danao (le Danaidi), ma queste si erano rifiutate e, terrorizzate, erano fuggite ad Argo, in Grecia.

La tragedia superstite si apre con le Danaidi che, appena sbarcate in terra greca, vengono esortate da Danao a raggiungere il recinto sacro, dove i supplici hanno per antica consuetudine un diritto di asilo inviolabile. Esse raccontano la loro storia a Pelasgo, re di Argo, ma quest'ultimo è restio ad aiutarle, per il timore di una guerra contro l’Egitto. Infine il re promette di portare la questione di fronte all’assemblea cittadina; dal canto loro, le Danaidi affermano che, se non verranno accolte, piuttosto che sposarsi si impiccheranno nel recinto sacro. Pelasgo dunque si reca con Danao all’assemblea, e poco dopo torna con buone notizie: si è deciso di accogliere la supplica delle ragazze. Queste allora intonano un canto di gratitudine, ma ben presto arriva un'amara sorpresa: gli Egizi sono appena sbarcati presso Argo e vogliono rapire le Danaidi. Arriva l'araldo egizio con i suoi armigeri per portarle via, ma l’intervento di Pelasgo glielo impedisce. L’araldo se ne va, ma la guerra tra Argo e l'Egitto è ormai inevitabile. Le Danaidi vengono infine accompagnate dentro le mura della città.

 

John William Waterhouse, The Danaides, 1906

La domanda cruciale è: perché le Danaidi rifiutano con tanta ostinazione il matrimonio? Eschilo rigetta di proposito la spiegazione secondo cui tali nozze sarebbero state sgradite in quanto incestuose: le Danaidi lasciano invece intendere di rifiutare la supremazia maschile e i doveri della procreazione; nel matrimonio e nella maternità vedono solo il pericolo di diventare schiave.

Infatti si sa che nella tragedia successiva, Gli Egizi, i cugini riuscivano a ottenere il matrimonio con le ragazze, ma queste ultime, durante la prima notte di nozze, ammazzavano tutti i loro mariti (tutte tranne una, Ipermestra, che risparmiò Linceo e lo sposò).

Punite già in vita e costrette a sposare principi del luogo, le Danaidi saranno uccise tutte quante dallo stesso Linceo, che risparmierà dalla morte la sola Ipermestra. Pagheranno l'estrema coerenza delle loro scelte anche nell'Oltretomba, costrette per tutta l'eternità a versare acqua in un vaso forato (trasparente metafora dell'utero che non trattiene il seme maschile).

Nel mito dunque le dolci creature spaventate e perseguitate si trasformano di colpo in spietate carnefici, evidenziando bene l'ambiguità e la duplicità di fondo dell'animo femminile; ma soprattutto, come si diceva, esse rappresentano l'aspirazione alla libertà femminile contro l'assoggettamento all'uomo, il rifiuto della sessualità contro la necessità universale di sottostare alle leggi dell’amore e della procreazione.