Occorre
anzitutto distinguere
il concetto,
puramente meccanico,
di gravidanza,
da quello
incomparabilmente
più complesso
di maternità.
Forse
le donne avrebbero
bisogno di essere
aiutate a vedere
la maternità
da una prospettiva
che non è
quella biologica.
Vedere
la maternità
non biologica,
o la non maternità,
come scelte
altrettanto
valide o forse
anche più
comprensibili
di una gravidanza
biologica, potrebbe
aiutare a togliere
pressione dalla
donna, che spesso
si sente "costretta"
a fare figli
anche controvoglia
da quello che
viene chiamato
"orologio
biologico",
il cui ticchettio
si fa particolarmente
insistente dopo
i 25 anni.
E'
come convivere
con una bomba
ad orologeria,
un'esperienza
che spesso risulta
angosciante
e che non ha
nessun equivalente
nell'esperienza
biografica del
maschio, determinando
con ciò la
libertà
incommensurabilmente
maggiore di
quest'ultimo.
Probabilmente
proprio la volontà
di disporre
di una libertà
di azione paragonabile
a quella maschile,
di disporre
in un certo
senso del libero
arbitrio (senza
di che una persona
non è
nemmeno degna
di essere chiamata
tale),
induce alcune
donne al gesto
insensato e
criminale di
sbarazzarsi
della propria
prole.
Il
mito tragico greco
conosce, come
è noto,
un impressionante
campionario
di madri assassine,
oppure ambigue
e temibili,
portate
in scena soprattutto
da Euripide:
chi non ha in
mente Medea?
Ma da Clitennestra
a Giocasta a
Fedra a Ecuba
ad Agave l'elenco
delle cattive
madri è lungo.
Eppure
il gesto
di Medea, che
è il
primo che ci
viene in mente,
si configura
come qualcosa
di profondamente
diverso rispetto
agli infanticidi
attuali; leggiamo
nell'articolo
Il
senso della
terra e le madri
assassine di
Amanda Incardona,
che ho riportato
in
questa pagina:
"in
origine le madri
rappresentano
il senso della
terra. Quel
loro potere
occulto di consegnare
alla vita esseri
dotati di movimento,
lega la loro
essenza alle
profondità
della terra.
[...]
Per
questo, l’essere
“donatrice”
della madre
rende aberranti
i continui omicidi
di figli.
Una follia che
dilaga ed è
lontana dalla
ferocia dionisiaca
delle madri
greche. Medea,
nella sua vendetta
selvaggia, manifesta
una passione,
un amore dilaniante
e profondo anche
se infero e
deviato [...].
Medea rappresenta
un essere, o,
meglio, una
voragine dell’essere
che pure può
riempire di
sé il
cosmo. Oggi
le donne, degradate
e psichicamente
spezzate, uccidono
per il supremo
nulla. Sono
vittime del
crollo collettivo
della psiche
e manifestano
la rottura e
la disintegrazione
del filo che
unisce l’Uomo
alla sua Terra."
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Alphonse
Mucha, locandina
per la Medée
di
Sarah Bernhardt,
1898
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