GUSTAV KLIMT E L'ARCHETIPO DELLA MATERNITA'

 

 

Nell’arte e in letteratura è frequente la testimonianza dell’amore e del trasporto verso la madre, come ho cercato di mostrare nel capitolo dedicato a Michelangelo: una madre che per tutto il Medioevo e fino al Seicento si confonde ed rappresentata con l’immagine sacra della Madonna. La presenza della figura materna così insistente e costante, nella pittura che fino al Novecento è campo d’azione prevalente degli uomini, compresi i committenti principi, cardinali, re e papi o anche ricchi borghesi, non si spiega se non con una presenza ancestrale della madre nell’immaginario maschile: una presenza che Gustav Klimt (1862-1918) rielabora ed esplora attraverso una poetica tutta personale.

La psicoanalisi ha definito l'archetipo materno come “un’immagine centrale del nostro inconscio”; e tuttavia questo archetipo ha un doppio volto, un'ambiguità di fondo che lo rende tutt'altro che rassicurante.

Nel 1899 Sigmund Freud scrive L'interpretazione dei Sogni, ove emerge un tratto di cultura sessuofobica: la donna è vista come pericolo; ella incarna il “disordine” naturale, è custode di segreti ancestrali, è natura infida, sensuale, in cui si fondono “fascinum” (piacere estetico) e “tremendum” (sensazioni negative e distruttive). Non che questa sia un'idea nuova, anzi: già Euripide nelle Baccanti aveva attribuito queste caratteristiche a Dioniso, divinità maschile-femminile che rappresenta la natura in quanto luogo della coincidentia oppositorum.

Così, contemporaneamente alle richieste dell’emancipazione femminile, nella società ancora permeata da un anacronistico puritanesimo si sviluppa un inconfessato senso di paura.

Klimt rende ampiamente omaggio a questa visione della donna nella Giuditta I e poi nella Giuditta II: in particolare Giuditta I altera, sprezzante ed enigmatica, è scelta da Klimt quale soggetto simbolo della punizione inflitta dalla donna all’uomo, che egli deve espiare con la morte: è la donna tagliatrice di teste nella quale si ricongiungono i freudiani Eros e Thanatos.

 

 

Gustav Klimt, Giuditta I, 1901