MICHELANGELO E LA VERGINE MARIA

 

 

Michelangelo Buonarroti (1475-1564) è uno dei massimi artisti mondiali, simbolo del Rinascimento italiano. La sua importanza nel campo delle arti può essere, a buon diritto, considerata “a tutto tondo”, in quanto il suo genio si cimentò tanto con la  scultura (che rimase per tutta la sua vita la forma d’arte più amata), quanto con la pittura e l'architettura. Sarebbe un’impresa impossibile riassumere in poche righe la portata e la forza di questo genio irrequieto, e dunque mi limiterò in questa sede a prendere in considerazione un solo, seppur densissimo aspetto dell’intero operato del Maestro fiorentino: la sua analisi della figura di Maria.

Sin dagli esordi, infatti, Buonarroti appare affascinato dalla figura della Vergine, tanto da dedicarle, nel corso di tutta la sua esistenza, almeno nove opere di certa attribuzione e numerosi disegni e schizzi preparatori per opere perdute.

 

 

Ritratto di Michelangelo

 

L’analisi che Michelangelo conduce sulla figura di Maria appare quanto mai accurata, se si comparano le opere con le parole scritte di suo pugno in alcune lettere ed in qualche verso del suo Canzoniere, come ha opportunamente messo in luce Irving Stone nella sua documentatissima biografia romanzata del genio fiorentino Il Tormento e l’Estasi (Casa Editrice Corbaccio, Milano, prima edizione marzo 1996). Buonarroti era particolarmente affascinato dalla forza interiore di questa apparentemente fragile creatura, in grado di diventare madre del figlio di Dio e di allevarlo amorevolmente pur consapevole del suo tragico destino sulla Terra.

Il vivo interesse per le vicende della madre di Dio e la simpatia (nel senso letterale del termine) provata nei suoi confronti sono interpretati da Stone, sulla scorta di numerosi documenti dello stesso Buonarroti, come la conseguenza della perdita della madre in tenera età (Michelangelo aveva solo sei anni quando morì la madre, Francesca Neri): Francesca, infatti, era l’unico membro della famiglia, o tale la ricordava Michelangelo, che capiva ed apprezzava l’unicità e la genialità del bambino e, probabilmente, la sua morte prematura portò l’artista ad idealizzarla ed a fondere nel suo inconscio il ricordo materno con l’immagine della madre più famosa.

Questa ipotesi è confermata dal capolavoro più famoso del Buonarroti, la Pietà Vaticana; realizzata tra il 1497 ed il 1499 (all'età di 22 anni!) per il cardinale francese Jean de Bilhères, ambasciatore di Carlo VIII presso papa Alessandro VI, il gruppo marmoreo ha, sin dalla sua prima presentazione ufficiale, destato non poco stupore per il fatto che la Madonna appare chiaramente coetanea, anzi quasi più giovane di Gesù suo figlio.

 

 

Particolare del volto di Maria nella Pietà Vaticana

 

Ma tutto ciò è facilmente spiegabile se si identifica nella figura di Maria quella di ogni madre sofferente per la morte del proprio figlio ed, estraniandola dal contesto puramente evangelico, la si fa coincidere con l’idea pura di madre e, dunque, con quello che doveva essere il ricordo idealizzato di Francesca Neri nella memoria del giovane Buonarroti.