TRE ESTETI SUI GENERIS: PETRONIO, NERONE, TRIMALCIONE

 

 

Particolarmente ambigua appare la presenza di Petronio a fianco di Nerone in veste di elegantiae arbiter: arbitro dello chic e del buon gusto, nonché, si presume, suggeritore di quelle stravaganze estetizzanti e di quelle perversioni che sono abbondantemente descritte da Svetonio nella Vita di Nerone. Ci si domanda se egli fingesse o se abbia svolto questo ruolo sinceramente, per poi "convertirsi" in seguito (fino a denunciare tutto nel suo testamento, i codicilli citati sopra); ma quest'ultima ipotesi è incoerente con la figura di un uomo che nelle cose serie aveva sempre "dato prova di energia e competenza", come sottolinea Tacito. Non resta che pensare, pur con il beneficio del dubbio, che il ruolo svolto da Petronio sia stato fin dall'inizio una sorta di sinistra beffa ai danni del princeps; non voglio arrivare a fare di lui un eroe o un martire ipotizzando che si sia trattato di un piano per arrivare vicino a Nerone e facilitare il lavoro dei congiurati: la verità è che non sappiamo, e probabilmente non sapremo mai, per quale scopo lo abbia fatto.

Se mai possiamo chiederci perché, se di maschera si trattava, avesse scelto di indossare proprio quella dell'esteta. Una risposta banale ma plausibile potrebbe essere che per entrare nelle grazie di Nerone e conquistarsi la sua fiducia non c'era mezzo migliore: non bisogna dimenticare, infatti, che Nerone era egli stesso un esteta.

 

Un aureus con il ritratto di Nerone

Su questo argomento vale la pena di soffermarsi: si sente spesso ripetere che Nerone era pazzo, una sorta di criminale psicotico sul genere di Caligola; ma questo è falso. Una volta per tutte Regis Martin, nel suo libro  I Dodici Cesari. Dal mito alla realtà (1994), ha sgombrato il campo da questo equivoco, analizzando le personalità dei "dodici Cesari" svetoniani sulla base delle più moderne teorie psichiatriche ed arrivando a ravvisare gli estremi della follia soltanto in due di essi: Caligola, vero e proprio schizofrenico, e (con riserva) Domiziano, che nell'ultimo periodo della sua vita era affetto da ossessioni fobiche. Ma Nerone no: per quanto risulti doppiamente inquietante ammetterlo, Nerone era perfettamente sano di mente: tutti i suoi delitti e le sue perversioni sono da attribuire a totale mancaza di senso etico; quella mancanza di senso etico che, giustamente, Kierkegaard connette al profilo dell'esteta, e che abbiamo ravvisato in un altro criminale perverso, Dorian Gray.

Nerone si può considerare un esteta puro: un esemplare pressoché perfetto, totalmente incapace di moralità, completamente assorbito dalla ricerca della bellezza, ove per bellezza s'intende quella delle apparenze, con esclusione di qualsiasi incursione al di sotto della superficie delle cose.

Di qui, anche, l'incapacità/impossibilità per Nerone di provare dei sentimenti, dal momento che manca in lui, come in Dorian, un centro unificatore della personalità al quale si possano ricondurre le esperienze vissute: come tutti gli esteti, infatti, Nerone vive immerso nell'attimo, risultando perciò frammentario, contraddittorio, imprevedibile, inattendibile e inaffidabile come la realtà fenomenica in cui di volta in volta si identifica. Si pensi ad esempio alla sua storia con Poppea: pur amandola follemente per la sua bellezza (e per che altro, se no?), egli la uccide con un calcio al ventre mentre è incinta, poi piomba nella disperazione, ma ben presto si "consola" quando gli viene condotto un ragazzo similissimo alla defunta, tal Sporo, che Nerone farà evirare e sposerà con un matrimonio pubblico sulle rive del Tevere.