È
poi possibile ravvisare,
in numerose opere
letterarie, la nota
“seconda topica”
freudiana di Io,
Es e Super-Io. Qui
la creazione dell’Altro
me è dunque
la proiezione delle
paure o delle aspirazioni
del soggetto. Numerosi
sono appunto i casi
letterari che trattano,
con un’accuratezza
quasi medico-psicanalitica,
i disturbi si personalità.
Tra tutti Sybil,
il bestseller scritto
nel 1973 da Flora
Rheta Schreiber,
ispirato al vero
caso di Sybil, donna
affetta dal disturbo
di personalità
multipla (ne aveva
ben 17 diverse),
e forse eccessivamente
“reale” per essere
considerato un pezzo
di letteratura.
Al di là infatti
delle implicazioni
più propriamente
psicanalitiche,
è stimolante
notare come la letteratura,
dal finire del XIX
secolo a oggi, abbia
pretestuosamente
utilizzato la figura
del doppio, forse
meglio della doppia
personalità,
facendone un prototipo
della mentalità
sociale dominante,
o al contrario,
una sorta di nemesi.
Per semplicità
analitica, consideriamo
solo due casi. Il
primo è il
già citato
signor Goljadkin,
protagonista de
Il Sosia di Dostoevksij:
un piccolo burocrate
russo, rispettabile
e perbene, vede
la sua vita sconvolta
dalla comparsa di
un suo omonimo,
il signor Goljadkin
“junior”, infimo
e dispettoso, che
rovina la reputazione
dello stimato “vero”
signor Goljadkin.
In realtà,
il protagonista,
escluso dalla media
borghesia russa
in seguito alle
troppo sollecite
attenzioni dedicate
ad una giovane nobile,
s’inventa un sosia
che gli complica
la vita, un doppio,
bieco e meschino,
responsabile dei
suoi fallimenti,
lavorativi (il sosia
ad esmpio gli ruba
un’importante pratica
d’ufficio), amorosi
(è il sosia
che insidia le signore,
non certo lui),
e sociali (il gemello
cattivo lo mette
in cattiva luce
con i colleghi,
i conoscenti, finanche
con il suo servo).
Nel suo farfugliare,
il signor Goljadkin
si ripete, e si
convince, di essere
un gentiluomo onesto,
reso vittima dal
nemico invidioso,
il signor Goljadkin
“junior” appunto.
[...]
Solo proiettando
sul suo doppio i
difetti che gli
sono propri, il
piccolo borghese
può dirsi
pulito. [...] Il signor
Goljadkin si vede
quindi come la “summa”
dei modelli comportamentali
al tempo socialmente
plausibili, anche
se è azzardato
parlare di Super-Io
freudiano, proprio
perché il
protagonista si
percepisce tale
(cioè come
l’insieme delle
aspettative che
la società
zarista nutriva
verso l’individuo),
ma nei fatti non
lo è. Sicuramente
invece il suo alter
ego è un
Es, è l’antisocialità,
è l’insieme
dei difetti più
biasimevoli: è
avido, approfittatore,
subdolo, manipolatore.
Una
scena di Fight
club
L’altro esempio
invece è
Fight Club di Chuck
Palahniuk: la voce
narrante è
un giovane yuppie
insoddisfatto che
vive scontento e
solo in un mondo
consumista, fino
a quando conosce
Tyler Durden, moderno
profeta metropolitano
che lo coinvolge
nella sua ribellione
al sistema e nella
lotta ad un mondo
mercificato. Tyler
Durden è
tutto ciò
che la voce narrante
vorrebbe essere:
è astuto,
coraggioso, divertente
e arguto, ma soprattutto
libero, mentre il
protagonista si
sente anonimo e
debole, capace solo
di desiderare cose
e aver bisogno di
cose.
Ma Tyler Durden
altro non è
che l’alter ego
del protagonista,
è il suo
doppio che agisce
quando il protagonista
dorme. Tyler è
quindi l'ottativo
del protagonista,
è ciò
che il protagonista
non riesce ad essere;
egli si ribella
all’alienazione
e al senso di vuoto
che vive il protagonista
(e come lui i tanti
paria appartenenti
al mondo impiegatizio),
in un mondo dominato
da frenetiche attività
produttive, dove
la felicità
è un sinonimo
di consumo. Tyler
sfugge ai dettami
del sistema, agli
imperativi della
società capitalista
svuotata di ogni
passione autentica
e, all’accumulazione
della merce preferisce
gli incontri clandestini
di boxe, sognando
la totale distruzione
della civiltà,
di tutti quei beni
materiali da cui
invece il protagonista
era dipendente."
(Fonti:
http://lafrusta.homestead.com/pro_rank.htm
http://www.lafrusta.net/riv_doppio_letteratura.html
http://www.atuttascuola.it/risorse/inglese/ritratto_di_dorian_gray.htm)
|