DORIAN E IL TEMA DEL DOPPIO

 

 

Prosegue D'Angelo: "l’unicità dell’essere è dunque inscindibile, la conflittualità è radicata nell’animo umano e estraniare dall’Io uno dei suoi caratteri è fallimentare, anzi dannoso. D’altronde, anche Calvino, ne Il visconte dimezzato, afferma la necessaria convivenza tra il Medardo cattivo e il Medardo buono, anziché la prevalenza dell’uno sull’altro. L’individuo non può dunque essere scisso (non è un caso che la parola individuo derivi dal latino individuus, da in-, prefisso negativo, e dividuus, cioè divisibile), in quanto le contrapposizioni Bene e Male (ma anche Passione e Ragione, Pensiero e Materia, ecc.) sono un continuum coerente e, come tale, inadattabile ad una visione manichea, poiché già nel Bene dimora il Male, un concetto che Stevenson coglie astutamente chiamando il suo protagonista, un rispettabile medico franco-inglese Jekyll (je kill, io uccido [che non a caso è il titolo del più famoso romanzo di Faletti, N.d.R.]), quasi a rimarcare il lato oscuro e potenzialmente crudele presente nel nobile animo del dott. Jekyll. Lo stesso Nietzsche dell’Al di la del bene e del male dice infatti: "Sarebbe possibile che ciò che stabilisce il valore delle cose buone e venerate consistesse proprio nel fatto d’essere ingannevolmente imparentate, agganciate a quelle cose cattive, in apparenza contrapposte, forse di essere loro addirittura essenzialmente  simili”.

 

 

Locandina del film Dr. Jekyll & Mr. Hyde del 1931

 

Tuttavia, anche ricondurre tale letteratura a un’interpretazione strettamente hegeliana, che vede nel bilanciamento degli opposti (o superamento delle contraddizioni), l’avvicinamento alla Verità, sarebbe riduttivo. La copia infatti non necessariamente si configura come doppelgänger, ma talvolta è solo inconscio, paura o desiderio rimosso. L’Altro è cioè l’“Incosciente Rimosso” che trova nello sdoppiamento uno spazio autonomo, liberato dal soggetto cosciente. È evidente l’influenza che, sul finire del XIX secolo, le teorie freudiane sull’inconscio e il disturbo di personalità esercitavano nei circoli intellettuali europei. L’identità del soggetto è infatti un complesso di fattori naturali (oggi diremmo genetici) e ambientali, come già Freud, e Jung più di lui, aveva notato. Esemplificativo è il caso del protagonista de Il fu Mattia Pascal di Pirandello: approfittando di un equivoco, Mattia Pascal si crea un’altra identità, quella di Adriano Meis, cercando così di sfuggire a quei paradigmi sociali che il protagonista vive come opprimenti, incarnati dalla figura e dal ruolo del marito, dal lavoratore, dal figlio ecc, vedendo nella creazione ex novo di un’altra identità un anelito di libertà, ma accorgendosi presto che l’identità non è prescindibile dal contesto ambientale, ovvero le maschere sociali (il ruolo che la collettività attribuisce al singolo) si ripropongono continuamente all’individuo. Sfuggirvi è possibile solo sfuggendo alla socialità. Stessa sorte tocca al protagonista di Uno, nessuno e centomila, che da un’osservazione apparentemente banale della moglie sulla leggera devianza del proprio naso, inizia a sfatare la sue certezze circa il proprio Io e la sua immutabilità (nel suo primo esperimento, ad esempio, distrugge l’immagine di persona composta e rispettabile che aveva, facendo boccacce all’impiegato di banca), convincendosi quindi che l’identità è mutevole quanto lo sono le opinioni altrui: egli è Uno per se stesso, Centomila per le convinzioni che gli altri hanno di lui, e quindi, in sostanza, è Nessuno, è un singolo privo un’identità assoluta, fissa e immutabile. Così, in termini kantiani, l’identità è sempre fenomenica (cioè quella che appare, che si mostra agli altri) e mai noumenica (esistente di per sé).

L’identità è dunque un connubio di alterità: non essendo univoca, l’identità è formata dalle aspettative che l’Altro nutre verso il soggetto. Cooley, uno dei padri della psicologia sociale, utilizza il concetto di rispecchiamento per analizzare la formazione del sé: “Quando noi vediamo il nostro volto, la nostra figura e i nostri abiti in uno specchio e siamo interessati ad essi in quanto nostri e siamo più o meno compiaciuti di essi... allo stesso modo, nell’immaginazione, noi percepiamo nella mente altrui pensieri sulla nostra immagine, sui nostri modi, sui nostri ricordi, sulla nostra realtà, sul nostro carattere, sui nostri amici, e così via, e ne siamo variamente influenzati”.