O
Prato, o Prato,
ombra dei dì
perduti,
chiusa
città, forte
nella memoria,
ove
al fanciul compiacquero
la Gloria
e
la figliuola di
Francesco Buti!
(...)
La
figlia di Erodiade,
apparita
al
Tetrarca, in sua
frode e in sua melode
magica
ondeggia: entro
il bacino s'ode
bollire
il sangue della
gran ferita.
Frate
Filippo, agli occhi
tuoi la Vita
danza
come colei davanti
a Erode,
voluttuosa;
e il tuo desio si
gode
d'ogni
piacer quand'ella
ti convita.
Ma
il Dolore guardar
sai fisamente
e
la Morte, e le lacrime,
e lo strazio
delle
bocche e l'orror
de' volti muti.
Io
ti vedea sopra la
sabbia ardente
schiavo
in catene; e ti
vedea poi sazio
dormir
sul seno di Lucrezia
Buti.
(...)
Filippino,
in sul canto a Mercatale
quante
volte intravidi
pe' razzanti
vetri
del Tabernacolo
i tuoi Santi
come
i fiori d'un orto
angelicale!
Fiori
tu dèsti
alla città
natale:
freschi
petali i volti,
aiuole i manti.
E
intorno alla Maria
le tue spiranti
grazie
non ebber mai si
lievi l'ale.
Vedevi,
oprando, la materna
porta
ove
l'antica suora in
atti umili
pregava
pel figliuol del
suo peccato.
Demoniaco
segno, il seggio
porta
al
piede, come l'ara
dei Gentili,
testa
bicorne di capron
barbato.
(Gabriele D'Annunzio,
Elettra)
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