Poiché
dalla teoria
dei quanti discende
che ogni
campo ha una
particella associata
a esso,
un bosone (come
il fotone per
il campo elettromagnetico),
il campo
di Higgs prevede
l'esistenza
della particella
o bosone di
Higgs. Per
individuare
il bosone di
Higgs sono stati
proposti esperimenti
basati sulle
interazioni
reciproche dei
bosoni W.
La
straordinaria
importanza dell'esperimento
risiede nel
fatto che l'esistenza
del campo di
Higgs giustificherebbe
un fenomeno
avvenuto, si
ipotizza, dieci
miliardesimi
di secondo dopo
il big-bang,
quando si sarebbe
verificata una
rottura spontanea
di simmetria
nell'Universo
che avrebbe
portato alla
costituzione
delle forze
fondamentali
della natura
e delle particelle
così
come oggi noi
le vediamo.
Per spiegare
questa rottura
spontanea di
simmetria è
necessario introdurre
un nuovo campo
di forza, per
l'appunto il
campo di Higgs.
In
questo campo
i fotoni,
particelle prive
di massa che
sono i mediatori
dell'elettromagnetismo,
viaggerebbero
secondo la direzione
del campo (il
termine “direzione”
non ha il significato
fisico del nostro
spazio tridimensionale,
ma è
una proprietà
interna del
campo) e pertanto
non acquisiscono
massa e
vengono osservati
da noi, appunto,
come fotoni.
Le
stesse particelle,
quando si muovono
in direzione
opposta,
hanno bisogno
di più
energia (cioè
massa), che
viene assorbita
dal campo di
Higgs; diventano
quindi bosoni
W e Z, i
mediatori della
forza nucleare
debole.
Questa
visione consente
di unificare
anche sotto
tale aspetto
l'elettromagnetismo
e la forza nucleare
debole (di cui
Enrico Fermi
fornì
la prima descrizione
matematica nel
1933) nella
teoria elettrodebole,
giustificando
l'attuale diversità
dei rispettivi
mediatori, che
sarebbero quindi
due aspetti
della stessa
particella,
che noi vediamo
come fotoni
o come W e Z
a seconda della
loro interazione
col campo di
Higgs.
Tornando
all'LHC, il
grande anello
di collisione
del CERN, uno
dei compiti
fondamentali
a cui esso è
destinato, come
s'è detto, è
la creazione
e osservazione
del Bosone di
Higgs, che ci
consentirebbe
di "sbirciare"
le origini dell'Universo;
curiosità
non esente da
rischi, visto
che secondo alcuni scenziati, tra cui il professor Otto Rossler, un chimico
tedesco della Eberhard Karls University, esisterebbe il rischio
concreto che, come effetto collaterale dell’esperimento, si formino dei
buchi neri
in grado di inghiottire la terra entro poco tempo! Per questo Rossler ha anche
presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani.
Ma
qualcosa (o
qualcuno) congiura
contro la creazione
della fatidica
"Particella
di Dio":
l'HCD infatti
si è inspiegabilmente fermato
per due volte.
La seconda volta,
alla fine del
2009, ci hanno trovato una mollica
di pane. Per l'esattezza, la briciola di una baguette.
Si è saputo che una briciola aveva messo fuori uso una delle
unità esterne di raffreddamento che mantengono la temperatura 1,9 gradi
sopra lo zero assoluto. Si suppone che la briciola sia stata persa da
un volatile o che sia caduta da un aereo (!).
La vicenda ad una prima
lettura sembrerebbe assurda e paradossale: una macchina progettata per
accelerare i protoni e gli ioni presenti, fino al 99,9% della velocità
della luce e scoprire l’origine del multiverso, è stata bloccata da una
briciola di pane!
Il più grande e costoso esperimento della moderna
fisica, sconfitto da una panetteria anonima. Si potrebbe tirare in
ballo il principio d'indeterminazione di Heisenberg, per il quale i
sistemi più sono complessi, più facilmente collassano. Giusto! Comunque
quanto accade sembra materiale per il Vernacoliere o per scienziati
fortemente dotati del senso dell’umorismo.
Ma c’è un precedente che
rende più inquietante la storia. Quando l’LHC venne inaugurato, il 10
settembre del 2008, un’esplosione di scintille, fiamme ed elio
refrigerato lo ha spento. Fu un incidente bislacco e mai
esaurientemente chiarito.
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