Nel
2006 Baigent
e Leigh hanno
citato Dan Brown
in tribunale
per plagio,
ma l'Alta
Corte di Giustizia
di Londra ha
assolto Dan
Brown, affermando
che «la
Storia, quella
con la esse
maiuscola, non
si può
copiare perché
è un
patrimonio comune».
Assai
curioso il fatto
che l'estensore
della sentenza,
il giudice Peter
Smith, abbia
lasciato nel
testo 37 lettere
in corsivo con
l'intenzione
di congegnare
un enigma proprio
come quelli
presenti ne
Il codice
da Vinci:
le prime 11
lettere danno
le parole "Smith"
(il cognome
del giudice),
"Code"
("codice",
in inglese)
e la lettera
"J"
("judge",
"giudice"); le
altre ("aeiextostpsacgreamqwfkadpmqz")
sono state oggetto
di una sfida
lanciata dal
giudice, alla
ricerca di qualcuno
che fosse in
grado di decifrarle.
La soluzione
è stata
resa nota nell'aprile
2006. A interpretare
il codice è
stato l'avvocato
londinese Dan
Tench, che
avrebbe usato
proprio i
numeri di Fibonacci,
ricavandone
la frase «Jackie
Fisher, who
are you? Dreadnought»
(«Jackie
Fisher, chi
sei? Sterminatore»).
Jackie Fisher
fu l'ammiraglio
inglese responsabile
della costruzione
della HMS Dreadnought,
la prima corazzata
monocalibro
del mondo.
Ma
altri sono
gli autori che
si sono sentiti
chiamati in
causa dal
romanzo di Brown:
alcuni indizi
misteriosi legati
ai dipinti di
Leonardo da
Vinci sono stati
tratti dai libri
La Sindone
Da Vinci
(Turin Shroud:
In Whose Image?)
e La rivelazione
dei Templari
(The Templar
Revelation)
di Lynn Picknett
e Clive Prince:
il secondo libro
è addirittura citato
ne Il codice
da Vinci,
come del resto
Il santo
Graal di
Baigent, Leigh
e Lincoln, tra
i volumi presenti
nella biblioteca
di Leigh Teabing.
Inoltre la relazione
tra Gesù
e Maria Maddalena
era già argomento
del romanzo
di Philipp Vandenberg
Il mistero della
pergamena
del 1993.
Robert
Langdon (alias
Tom Hanks) e
Sophie Neveau
(alias
Audrey Tautou)
Valutare questo
romanzo in modo
obiettivo risulta
pressoché
impossibile.
Va
precisato anzitutto
il genere
dell'opera:
non si tratta
di un saggio
né di
un romanzo storico,
bensì
di un thriller,
aspetto non
secondario della
questione; sarebbe
sbagliato infatti
aspettarsi da
un romanzo giallo
il rispetto
assoluto della
veridicità
storica. E tuttavia
sarebbe sciocco affermare,
come fanno molti, che
"è
solo una storia
e come tale
va letta";
non è
così:
è fin
troppo evidente
da parte dell'autore
la volontà
di riportare
a galla tesi
occulte che
pongono la
Chiesa cattolica
sul banco degli
imputati e
costringono
a porsi seriamente
il problema
dell'attendibilità
storica dei
Vangeli.
Volendo
proprio provare
a valutare il
romanzo come
una semplice
opera di intrattenimento,
cosa che assolutamente
NON è,
bisogna riconoscere
a Dan Brown
una indubbia
capacità
(che è
propria dei bravi
giallisti, e
non è
di nessuno dei
suoi innumerevoli
imitatori) di
mantenere il
lettore con
il fiato sospeso
dall'inizio
alla fine, insomma
di saper
creare e mantenere
la suspence.
Il romanzo,
in effetti,
è molto
avvincente e
si legge tutto
d'un fiato.
Per
quanto riguarda
l'aspetto stilistico,
invece, Il
codice Da Vinci risulta
piuttosto
pedestre,
privo di qualsiasi
pregio, al massimo
scorrevole e
piacevole: da
questo punto
di vista (e
solo da questo),
vero e proprio
romanzo "da
ombrellone".
Riporto
di seguito notizie
sul film
di Ron Howard
del 2006
ed una scena
in lingua originale.
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