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OSCAR WILDE E "BOSIE"
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Gli eventi precipitarono
il 18 febbraio 1895,
quando il padre di Alfred,
esasperato dalla
situazione e
dal clima di
scandalo che
aveva travolto
la sua famiglia, denunciò Wilde per sodomia. Il processo
iniziò il 26 aprile 1895: Wilde si dichiarò non colpevole. Lord Douglas, in
seguito alle pressanti raccomandazioni di Wilde stesso, era partito per Parigi
e si era messo al sicuro. Tre giorni dopo l'inizio del processo, il 29 aprile, Wilde
scrisse dal carcere una commovente lettera a Bosie, il cui testo è integralmente
leggibile qui. Il 25 maggio Wilde fu condannato a due anni di lavori
forzati. Il regime carcerario era durissimo: il poeta ebbe seri problemi di salute e fra
l'altro, cadendo malamente in seguito ad un collasso, si procurò una ferita
all'orecchio destro che probabilmente gli costò la vita cinque anni più tardi,
perché l'infezione degenerò e si trasformò in meningite.
Nel frattempo Wilde aveva inutilmente sperato nella
solidarietà e nell'appoggio dell'amatissimo Bosie, il quale invece si era
allontanato da lui dimostrando freddezza ed insensibilità; il ragazzo arrivò
perfino a dirgli, durante la sua malattia, che "quando non era sul suo
piedistallo non era interessante". Ferito e disgustato dall'atteggiamento dell'amante, Wilde
scrisse dal carcere una celeberrima e lunghissima
lettera
intitolata De Profundis (il cui testo integrale, con relativa
traduzione,
è leggibile
qui),
nella quale egli esprime tutto il suo dolore e il
suo disprezzo per la vanità e l'inconsistenza di Lord Alfred, ripudiandolo
formalmente. Wilde non fu autorizzato a spedirla; quando fu rilasciato,
consegnò il manoscritto al suo grande amico Robert Ross, con l'incarico di spedirne
una copia a Bosie, il quale tuttavia negò per tutta la vita di averla ricevuta. La lettera fu pubblicata soltanto nel 1905, cinque
anni dopo la
morte del poeta.
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Oscar
Wilde e "Bosie"
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L'esperienza del
carcere aveva
segnato profondamente
Oscar Wilde,
il quale da
quel momento
coltivò
il sogno di
evadere dal
mondo che lo
aveva condannato
e che rifiutava
il suo modo
di essere, idealizzando
l'Italia
e immaginando
che il nostro
paese gli avrebbe
offerto un accogliente
rifugio. Non
fu così. Ripercorriamo
di seguito le
tappe del suo
soggiorno italiano
attraverso le
parole di Giovanni
dall'Orto: "Reduce
da due anni
di carcere inflittigli
per la sua omosessualità,
Wilde
decise di venire
in Italia a
passare l'inverno
e, forse, a
vivere per sempre.
Com'è
noto, invece,
avrebbe finito
per passare
la maggior parte
dei tre anni
che gli restavano
a Parigi, dove
morì. Wilde,
liberato
a metà
del 1897, e
per quattro
mesi abitò
in Francia,
cercando di
rifarsi una
vita, lavorando
alla celebre
Ballata del
carcere di Reading
e tentando di
dimenticare
l'uomo che l'aveva
portato alla
rovina. Purtroppo
però,
per parafrasare
Pascal, il cuore
ha ragioni che
la Ragione non
conosce, e così
in breve l'amore
ebbe ragione
della Ragione
di Wilde: eccolo
rimettersi in
contatto con
Douglas, dargli
un appuntamento
e decidere di
trascorrere
con lui l'inverno
a Napoli,
dove già
soggiornavano
parenti di "Bosie". Tutto
ciò irritò
gli amici di
Wilde, che ben
sapevano quale
influsso avesse
Douglas su Wilde.
Al quale, da
brava vittima
dell'amore,
non rimase che
ribattere, in
una lettera
del 23 settembre
1897: "Molto
di quanto dici
nella tua lettera
è vero,
ma continui
a trascurare
il grande amore
che io ho per
Bosie. Lo
amo, e l'ho
sempre amato.
Mi ha rovinato
la vita, e per
questa stessa
ragione sembro
costretto ad
amarlo di più.
(...) E
lui mi ama molto
teneramente,
più di
quanto mi possa
amare chiunque
altro, e senza
di lui la mia
vita era squallida". Così
fu che i due
amanti arrivarono
a Napoli
il 20 settembre
1897 e dopo
pochi giorni
si installarono
sulla collina
di Posillipo,
nella Villa
Giudice.
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