I VOLTI DELL'AMORE: MARCUSE, EROS E CIVILTA'

 

 

L'analisi freudiana è ripresa da Herbert Marcuse in uno dei suoi saggi più noti: Eros e civiltà.

Pur condividendo molti aspetti della teoria freudiana, Marcuse li considera una descrizione della società capitalistica, situando quindi storicamente la repressione delle pulsioni, in particolare di quella sessuale, invece di considerarla una necessità ineliminabile della civiltà. È possibile, suggerisce Marcuse, immaginare una società non repressiva, dove l'eros e la creatività predominino su thanatos e sull'aggressività.

Marcuse esprime questa sua prospettiva utopica in forma metaforica: Prometeo deve scomparire per lasciare il posto a Narciso e ad Orfeo.

Infatti il capitalismo è dominato dall'efficienza, dal “principio di prestazione”, simboleggiato da Prometeo. Ad esso occorre sostituire la gioia dell'amore e l'accettazione della propria fisicità, simboleggiate da Narciso, e la creatività dell'arte, rappresentata da Orfeo.

 

Herbert Marcuse


Nel brano seguente Marcuse riassume i passaggi principali della sua analisi:

 

"La nostra definizione del carattere storico specifico del principio della realtà costituita ci aveva condotti a porre in discussione ciò che Freud considerava essere la sua validità universale. Abbiamo espresso i nostri dubbi su questa validità non escludendo la possibilità storica di abolire i controlli repressivi imposti dalla civiltà. Proprio le realizzazioni di questa civiltà sembravano rendere antiquato e sorpassato il principio di prestazione, rendendo arcaica l'utilizzazione repressiva degli istinti.

Ma contro il concetto di una civiltà non-repressiva sulla base delle realizzazioni del principio di prestazione, si sollevò l'obiezione secondo cui la liberazione istintuale (e quindi la liberazione totale degli istinti) distruggerebbe la civiltà stessa, poiché quest'ultima si sostiene solo con la rinuncia e la fatica del lavoro - in altri termini con l'utilizzazione repressiva dell'energia istintuale. Liberato da queste costrizioni, l'uomo vivrebbe senza lavoro e senza ordine; ricadrebbe nello stato di natura, e questo distruggerebbe la cultura.

Per rispondere a questa obiezione, abbiamo ricordato certi archetipi dell'immaginazione i quali, in contrasto con gli eroi civilizzatori della produttività repressiva, sono simboli della recettività creativa. Questi archetipi prospettano la realizzazione dell'uomo e della natura non per mezzo del dominio e dello sfruttamento, ma per mezzo della liberazione di forze libidiche interiori. Ci siamo quindi posti il compito di «verificare» questi simboli - vale a dire di dimostrare il loro valore di verità come simboli di un principio della realtà al di là del principio di prestazione. Abbiamo pensato che il contenuto rappresentativo delle immagini orfiche e narcisistiche fosse la riconciliazione (unione) erotica dell'uomo e della natura nell'atteggiamento estetico, dove l'ordine è bellezza, e il lavoro è gioco. Il passo successivo fu di eliminare lo storpiamento dell'atteggiamento estetico nell'atmosfera irreale dei musei e della bohème. Tenendo presente questo scopo, abbiamo tentato di riconquistare il pieno contenuto della dimensione estetica cercando la sua legittimazione filosofica. Abbiamo trovato che, nella filosofia di Kant, la dimensione estetica occupa la posizione centrale tra sensorietà e moralità - i due poli dell'esistenza umana. Se le cose stanno così, la dimensione estetica deve contenere principi validi per tutti e due i regni.

L'esperienza fondamentale di questa dimensione è sensuale piuttosto che concettuale; la percezione estetica è essenzialmente intuizione, non nozione. La natura della sensualità è «recettività», cognizione per mezzo di dati oggetti che ci toccano. È in virtù di questo suo intrinseco rapporto con la sensorietà-sensualità che la funzione estetica assume la sua posizione centrale. La percezione estetica è accompagnata da piacere. Questo piacere proviene dalla percezione della pura forma di un oggetto, indipendentemente dalla sua «materia» e dal suo «scopo» (intrinseco o estrinseco). Un oggetto rappresentato nella sua forma pura è «bello». Questa rappresentazione è opera (o piuttosto gioco) dell'immaginazione. Come immaginazione, la percezione estetica è sensualità e allo stesso tempo più che sensualità (la «terza» facoltà fondamentale): essa dà piacere ed è quindi essenzialmente soggettiva; ma in quanto questo piacere è costituito dalla forma pura dell'oggetto stesso, esso accompagna la percezione estetica universalmente e necessariamente - per ogni soggetto percipiente.

Benché attinente ai sensi e quindi recettiva, l'immaginazione estetica è creativa: in una libera sintesi tipicamente sua, essa costituisce la bellezza. Nell'immaginazione estetica la sensualità genera principi universalmente validi per un ordine obiettivo." (Eros e civiltà, Torino, Einaudi, 1968, pp. 196-98). 

 

In questa nuova prospettiva, la sessualità perde le proprie connotazioni aggressive e diviene Eros, principio di unificazione che trasforma la Gesellschaft o “società” (unione fondata sulla costrizione e sulla repressione degli istinti) in Gemeinschaft o “comunità” (unione fondata sul rapporto sensuale e affettivo con gli altri), secondo la definizione data da Ferdinand Tönnies nell'opera Comunità e società (Gemeinschaft und Gesellschaft) del 1887.

Viene così superato il contrasto tra Eros e ragione.