IL MITO DELL'ARCADIA: TEOCRITO E VIRGILIO

 

 

Pur collocato nell’ambito alessandrino e accomunato da varie importanti caratteristiche a molti dei poëtae docti suoi contemporanei, Teocrito presenta tratti fortemente personali, già solo per il fatto di essere un "poeta puro" e di non essersi mai dedicato all'attività filologica.

La sua raccolta comprende una trentina di idilli, su alcuni dei quali pende però un giudizio di incertezza (che per la verità molto spesso muove da argomenti molto discutibili o estremamente soggettivi) circa la paternità.

Il termine "idillio", che verrà poi ripreso in letteratura con significati molto diversi (si pensi agli "Idilli" di Giacomo Leopardi) deriva dal termine εἶδος (= "forma", "aspetto", ma anche "genere letterario") che unito alla desinenza -υλλιον, indicante diminutivo, sembra significare semplicemente "piccolo componimento"; un termine quindi quanto mai generico, che non significa affatto "componimento pastorale" e non designa quindi la poesia bucolica: ed infatti solo una parte (e non la maggiore) degli Idilli di Teocrito è di tipo pastorale (o bucolico che dir si voglia).

E' impossibile dire se già Teocrito designasse con questo nome i suoi componimenti: infatti il termine idillio s’incontra per la prima volta in una lettera di Plinio il Giovane a Paterno (IV 14), in cui, dedicando una piccola raccolta di endecasillabi all’amico, l’autore afferma tra l’altro: sive epigrammata sive idyllia sive eclogas sive, ut multi, poematia seu quod aliud vocare volueris, licebit voces: ego tantum hendecasyllabos praesto. Dal che risulta con ancor maggiore evidenza che il termine idyllion non era sinonimo di ecloga (termine che in latino designa la poesia pastorale) e che la terminologia era allora estremamente fluttuante; anche ai tempi di Plinio (I-II secolo d.C.) l’idillio non si presentava ancora con caratteri fortemente individuati, tali da distinguerlo con sicurezza da altri tipi di brevi componimenti in metro vario, prova ne sia che Plinio considera possibile definire così i suoi endecasillabi.

 

Ritratto di Teocrito

 

Quanto poi Teocrito, nel creare o quanto meno nel diffondere e perfezionare questo genere nuovo di poesia, sia debitore di Sofrone (V secolo a.C.) e del mimo siceliota, è difficile precisare; veri e propri mimi sono alcuni dei suoi Idilli (il II, il XIV e il XV), fra l'altro fra i più belli, e dal mimo siceliota egli poté assumere l’amore per la forma dialogica; ma è probabile che l’insieme dei caratteri che contraddistinguono l’idillio teocriteo da altri generi poetici sia dovuto allo stesso Teocrito.

A noi qui tuttavia interessa esclusivamente la sua produzione pastorale, l'unica che potrebbe essere stata responsabile del sorgere del mito dell'Arcadia.

Dei carmi pervenuti sotto il nome di Teocrito, quelli di ambientazione pastorale sono un terzo (dieci in tutto: il primo e tutti quelli dal III all'XI); è evidente che proprio a questi Idilli, e non agli altri, guarda il Virgilio delle Bucoliche, dal momento che esse sono esattamente dieci e tutte di ambientazione pastorale; e proprio al tramite di Virgilio Teocrito dovette la sua fama nell’Occidente latino, legata esclusivamente al versante bucolico della sua poesia, nonché l'erronea identificazione del termine "idillio" con quello di "poesia pastorale". E' notevole che Virgilio trasferisca in ambiente pastorale anche componimenti che in origine non lo erano: si veda l’VIII ecloga virgiliana, la cui fonte principale è costituita dal II idillio teocriteo, Le incantatrici, che è un "mimo cittadino".

Ma chi è l'inventore della "musa bucolica"?

Secondo alcuni Teocrito stesso, ma su questo sussistono seri dubbi: la letteratura greca non sembra avere precedenti di rilievo, ma la pratica delle gare poetiche o di canto è sempre stata in voga presso i pastori, ed in alcune zone dell'Appennino (Toscana, Emilia-Romagna) lo è tuttora: Teocrito quindi non avrebbe fatto altro che trasferire tali gare di canto nella sua poesia. Altri hanno voluto cercare in Oriente la fonte di questo genere letterario, ma con scarsa fortuna; altri ancora hanno additato l'ideatore del genere nel primo poeta-filologo della storia, Filita di Cos (talora chiamato anche Fileta), vissuto tra il 340 e il 285 a.C. circa e profondamente stimato da tutti gli Alessandrini, che lo consideravano il loro precursore; ma non sussistono prove che possano suffragare la tesi della sua paternità (anche perché la sua opera è andata quasi totalmente perduta).

Degna di nota, a tale proposito, l'ipotesi di Reitzenstein (Epigramm und Skolion, Giessen 1893), il quale ritiene che Teocrito ed i suoi amici di Cos facessero parte di un circolo a sfondo iniziatico (detto appunto "Circolo di Cos"), riunitosi proprio intorno a Filita, organizzato ad imitazione di un gruppo di bovari (boukòloi) devoti ad Artemide, e che la poesia bucolica abbia avuto origine in questo contesto religioso. Il gruppo in seguito avrebbe abbandonato la sua connessione formale con il culto.

Portando alle estreme conseguenze questo discorso, non è mancato chi ha pensato di vedere nei "boukòloi" gli adepti di qualche loggia segreta, i cui interessi poetici potrebbero essere una copertura di altre attività non meglio definite; ad essa si aveva presumibilmente accesso, come nell'attuale Massoneria, dopo un rituale di iniziazione che comportava la morte e rinascita simbolica e perciò la rinuncia alla propria identità ed al proprio nome e l'assunzione di un'identità diversa: quella di un pastore-poeta, appunto.

Di tutto ciò vi sarebbe traccia nel controverso Idillio VII, Le Talisie, che da sempre i critici leggono in chiave allegorica, ravvisando in esso una vera e propria dichiarazione di poetica da parte di Teocrito: il quale infatti, in questo contesto, si presenta a noi con la sua "maschera" bucolica, quella di Simìchida, mentre resta da capire chi sia Lìcida, con cui egli ingaggia una gara e dal quale riceve una evidente investitura poetica; senza addentrarmi in questa spinosa questione, ricordo l'ipotesi a mio parere più convincente: quella che vede in Lìcida il poeta Esiodo, dal momento che l'investitura avviene mediante la consegna di un bastone e con modalità che ricordano da vicino l'investitura di Esiodo stesso da parte delle Muse nel proemio della Teogonia, incluso il fondamentale riferimento alla Verità (doricamente ἀλάθεια).