CARITONE DI AFRODISIA E I VANGELI

 

 

Il secondo autore pagano chiamato in causa dalla Ramelli è, come dicevo sopra, Caritone di Afrodisia, che sembra avere scritto il suo romanzo Avventure di Chèrea e Callìroe poco dopo la metà del I sec.: l’ultimo suo editore, B. Reardon, come C. Thiede, data il romanzo non oltre il 62, perché Persio lo cita alla fine della sua satira I: «Per dopo pranzo ti dò la Calliroe».

Afrodisia, in Caria, era vicina a zone di antica evangelizzazione, il che rende possibile una conoscenza del cristianesimo, che alcune scene del romanzo sembrano presupporre. Scrive ancora la Ramelli: "colpiscono quelle della crocifissione di Cherea e della morte apparente di Calliroe. Cherea è condannato da un governatore, porta la sua croce, non si ribella né accusa nessuno, e dalla croce è poi invitato a discendere con l’identica forma verbale greca usata anche per Gesù. Il terzo giorno dalla presunta morte della giovane protagonista Calliroe, Cherea giunge alla tomba all’alba, con libagioni, ma trova le pietre rotolate via dall’ingresso e prova smarrimento (aporìa), lo stesso termine usato da Luca per le pie donne al sepolcro, come pure l’incredulità di fronte al fatto paradossale è anche nei Vangeli. La Fama, come nunzio (aggelos), vola a dare notizia; tutti accorrono ma Cherea non osa entrare prima del padre di Calliroe, come Giovanni, che nel Vangelo non entra nel sepolcro prima di Pietro; la tomba è incredibilmente vuota e, mentre alcuni parlano di trafugamento, Cherea proclama la divinizzazione e assunzione in cielo della fanciulla. Inoltre, il riconoscimento finale di Calliroe, tornata in vita, avviene grazie alla voce, come quello di Gesù da parte della Maddalena."

 

 

La tomba vuota nell'interpretazione di Gustave Doré (1874)

 

Vi sono anche altre apparenti affinità di pensiero con il cristianesimo: il valore della castità, della vita, la dignità degli schiavi, etc., ma occorre sottolineare che quste caratteristiche (come pure quella della morte apparente) non si ritrovano solo in questo romanzo, ma anche in quasi tutti quelli posteriori d'amore e d'avventura, e non è necessario chiamare in causa il cristianesimo per spiegarle: infatti il culto di Iside, che secondo la geniale ipotesi genetica di Karòly Kerènyi è alla base di questa tipologia di romanzo, esalta gli stessi valori.

Tuttavia vi sono altri elementi che portano a propendere per un'allusione al cristianesimo: infatti sia Petronio che Caritone alludono anche al trafugamento di cadavere, di cui i Cristiani furono erano accusati nei primi decenni, come attesta Matteo 28. A questa accusa sembra connesso l’Editto di Nazareth, in cui Nerone commina la pena di morte ai profanatori di tombe.

Almeno il Vangelo di Marco sarebbe così databile a prima del 64, come sostiene l’antica tradizione del II sec. e come attesta anche 7Q5, il probabile frammento marciano collocabile prima del 70 su base archeologica e agli anni 50 su base paleografica.

Infatti, l’Editto sembra indicare la volontà di Nerone di colpire i Cristiani sia in quanto adoratori di un uomo, sia in quanto presunti trafugatori di cadavere, secondo l’accusa probabilmente riflessa in entrambi i romanzi di Petronio e di Caritone; ora, il primo è certamente databile a prima del 65, e il secondo molto probabilmente circolava in età neroniana (54-68 d.C.)

I probabili riferimenti ai racconti dei Vangeli in autori dei primi anni Sessanta del I sec., o addirittura anteriormente per Caritone, contribuiscono a sostenere la datazione alta dei Vangeli: se le cose stanno così, la loro stesura avvenne mentre erano vivi i testimoni oculari degli eventi della vita di Gesù, che avrebbero potuto smentire eventuali falsificazioni.

 

(Fonti:

Ilaria Ramelli, Petronio e i Cristiani, «Aevum», 70 (1996) pp. 75-80.

Idem, I romanzi antichi e il Cristianesimo, Madrid, 2001.

Idem, The Ancient Novels and the New Testament, «Ancient Narrative», 5 (2005).

Idem, Indizi della conoscenza del NT nei romanzieri antichi, in Il Contributo delle scienze storiche all’interpretazione del NT (Pontificio Comitato di Scienze Storiche, 2-6.10.2002), a cura di Enrico dal Covolo – Roberto Fusco, Città del Vaticano, 2005, 146-169).