Secondo la
dubbia testimonianza
della Lettera
di Aristea a Filocrate
(un falso risalente
al 200 a.C. circa),
la traduzione fu
curata da settantadue studiosi
ad Alessandria d'Egitto
sotto il regno di Tolomeo
II Filadelfo (283-246
a.C.), forse su
impulso di
Demetrio Falèreo:
ne nacque la cosiddetta
"traduzione
dei Settanta",
inizialmente limitata,
pare, al solo Pentateuco.
Il cosiddetto
Nuovo Testamento
o Nuovo Patto
(espressione
utilizzata dai cristiani
per indicare
il nuovo patto stabilito
da Dio con gli uomini
per mezzo di Gesù
Cristo) contiene
invece le opere
che vennero scritte
in seguito alla
vita e alla predicazione
di Gesù:
esse sarebbero state composte,
secondo la maggior
parte degli studiosi,
direttamente in
greco, sia pur con
numerosi semitismi
(secondo altri studiosi,
come vedremo, alcuni
testi sarebbero
stati redatti in
ebraico o in aramaico
e successivamente
tradotti in greco). La
scelta del greco
anziché del
latino, in età
imperiale, è
importante e significativa:
quando non ha un significato
"colto",
è sempre
indizio di volontà
di prendere le distanze
dal potere romano
(cfr. Luciano di
Samòsata),
ed è quindi
tipica degli
ambienti dell'opposizione. E'
chiaramente il
corpus neotestamentario quello
che ci interessa
in questa sede.
Esso comprende: -
i quattro Vangeli
"canonici"
(secondo Matteo,
Marco, Luca e Giovanni); - gli
Atti degli Apostoli,
dello stesso autore
del Vangelo di Luca; -
le Lettere di Paolo,
scritti inviati
a varie comunità
in risposta a esigenze
particolari o a
temi generali, assieme
ad altri destinati
a singoli individui
(gli scritti autentici
di Paolo di Tarso
sono i più
antichi documenti
del cristianesimo
pervenutici); -
alcune altre
Lettere: la Lettera agli
Ebrei, di autore
ignoto, e le
"Lettere cattoliche":
due Lettere di Pietro,
la Lettera di Giacomo,
la Lettera di Giuda
e le tre cosiddette
Lettere di Giovanni; -
l'Apocalisse, attribuita
a Giovanni, lo stesso
autore dell'omonimo
Vangelo.
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Una
pagina della Bibbia
di Gutenberg (1452-5)
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