ALDO PALAZZESCHI: IL CODICE DI PERELA'

 

 

Composto tra il 1908 e i primi mesi del 1911, il testo venne pubblicato in quello stesso anno con il sottotitolo «romanzo futurista». Una redazione riveduta e corretta apparve nel 1920 a Firenze, una stesura profondamente rielaborata fu pubblicata nel 1943, in Romanzi straordinari. Il romanzo venne riproposto in forma rinnovata e con il titolo mutato in Perelà uomo di fumo. L'edizione definitiva, che ha ripristinato il titolo originario, è apparsa nel volume Opere giovanili, tomo II, di «Tutte le opere», («Classici contemporanei italiani»), 1958, con un'importante «Premessa» dell'autore.

Il romanzo, strutturato in diciotto capitoli titolati di ineguale lunghezza, narra le vicende di Perelà, un uomo fatto «d'una materia diversa da quella di tutti gli altri uomini», composto di fumo e venuto fuori dal fuoco di un camino, costantemente sorvegliato da tre vecchissime madri, Pena, Rete e Lama. Le donne, che hanno alimentato per trentatré anni il «mite focherello» che lo ha formato, si sono preoccupate, con materna sollecitudine, di educarlo e di istruirlo alla vita facendogli giungere, attraverso il collo dell'«utero nero» in cui si trovava, il suono delle loro parole: «confuso mormorio di voci che mi sembravano uguali, finché non mi resi conto che sotto a me esistevano degli esseri aventi una stretta attinenza col mio, conobbi me stesso e loro, imparai a conoscere gli altri, compresi che quella era la vita». Spentosi il fuoco, per l'avvenuta morte delle tre centenarie, l'uomo di fumo discende dal camino e, indossati un paio di lucidi stivali che le vecchie gli hanno lasciato come estremo dono, si avvia verso la città.

 

 

Mauro Cicarè, illustrazione per Il codice di Perelà

 

- Pena! Rete! Lama! Pena! Rete! Lama! Pe... Re... La...

- Ehi, galantuomo, dove andate?

- Là, in fondo.

 

Giunto alle soglie del regno di Torlindao, si imbatte nelle guardie del Re, che lo battezzano Perelà (dalla fusione delle sillabe iniziali dei nomi Pena, Rete e Lama, che egli continua a pronunciare come un ossessivo ritornello) e lo conducono alla reggia. Egli desta un vivo interesse per la «leggera» consistenza della sua persona, che lo fa sembrare «uomo purificato da ogni immondezza umana» e, poiché la notizia di un tale «prodigio» si è subito diffusa tra gli abitanti della città, lo si fa passare nella sala delle udienze, dove riceve le visite dei notabili del regno: lo scultore nazionale, il pittore della Regina, il banchiere di Stato, il poeta, il critico «ufficiale» della letteratura nazionale, il grande filosofo pessimista, il medico di corte, il Cardinale Arcivescovo. La presenza di un personaggio di così «eccezionale natura» sollecita l'attenzione e lo stupore anche delle nobildonne di corte, le quali, eccitate dalla diversità del «leggerissimo» ospite, durante un tè offerto in suo onore, si lasciano andare a petulanti e spregiudicate confidenze. Fatto oggetto di smodate attenzioni da parte dei cortigiani e della stessa Regina, che lo riceve in «privatissima udienza», Perelà viene nominato «Ispettore generale dello Stato, riformatore degli uomini, delle cose, delle istituzioni e del costume» e incaricato di redigere il nuovo Codice dello Stato. Ma, affinché egli possa rendersi conto della vita degli uomini e legiferare con equità, viene condotto in perlustrazione del regno.