CLAUDE EATHERLY, ZIMBELLO DI DIO

 

 

Si può impazzire per il rimorso del male commesso involontariamente?

La vicenda dell'Oreste eschileo sembrerebbe dimostrarlo. Ma mille volte peggiore della condizione di chi commette il male involontariamente è quella di chi si trova a compierlo inconsapevolmente, cioè credendo di fare tutt'altro e non rendendosi conto di essere soltanto un burattino nelle mani della sorte, di giocare una partita con la carte truccate. E' la situazione dell'Edipo sofocleo, che alla fine, sopraffatto dall'orrore del male commesso senza avere non solo la minima volontà, ma neppure la minima idea di compierlo, si acceca e si condanna ad una perpetua espiazione, nella vana speranza di poter un giorno capire almeno "il senso" di tutto ciò. Ma non lo capirà mai, e nell'Edipo a Colono lo vediamo morire senza avere compreso nient'altro se non di essere stato lo zimbello di Dio (o così egli crede).

La natura dell'uomo è strana: c'è chi il rimorso del male provocato non lo avverte nemmeno, addossandone la responsabilità di volta in volta alle circostanze, alla fatalità, a "ordini superiori", alla propria "ingenuità" o semplicemente agli altri, e chi, invece, sente a tal punto il peso della propria responsabilità da esserne totalmente schiacciato.

Da questo punto di vista mi pare particolarmente emblematica la storia di due piloti americani, entrambi coinvolti, in diversa misura e con diversa responsabilità, nella strage di Hiroshima: Paul Tibbets e Claude Eatherly.

Riassumo brevemente la vicenda alla quale sono legati.

La storia del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki ha qualcosa di assurdo, prima ancora che tragico. Gli avvenimenti, orribilmente pianificati a tavolino, si svolsero in un modo surreale, con contrattempi e complicazioni che, se da una parte salvarono miracolosamente per ben due volte la città di Kokura, bersaglio primario dell'operazione, per contro condannarono l'inerme popolazione di due intere città che costituivano l'obiettivo secondario.

 

L'ubicazione di Hiroshima e Nagasaki

 

Il ruolo dei bombardamenti nella resa dell'Impero giapponese, così come gli effetti e le giustificazioni, sono stati oggetto di innumerevoli dibattiti. Negli Stati Uniti prevale (ovviamente!) la convinzione che i bombardamenti atomici siano serviti ad accorciare la Seconda guerra mondiale di parecchi mesi, risparmiando le vite di milioni di soldati (sia alleati sia giapponesi) e di civili, destinati a perire nelle operazioni di terra e d'aria nella prevista invasione del Giappone. In Giappone invece, altrettanto prevedibilmente, l'opinione pubblica tende a sostenere che i bombardamenti siano crimini di guerra, perpetrati con il duplice scopo di accelerare il processo di resa del governo militare giapponese e di "mostrare i muscoli" allo scomodo alleato sovietico. Non a caso, conclusa la seconda guerra mondiale, si assiste allo scoppio delle ostilità tra U.S.A. e U.R.S.S. sotto forma di "guerra fredda", caratterizzata soprattutto dalla corsa agli armamenti e dalla corsa allo spazio.

Universalmente condivisa è comunque la presa di coscienza della gravità dell'evento, che non è più stato replicato.

Gli Stati Uniti, con l'assistenza militare e scientifica del Regno Unito e del Canada, erano già riusciti a costruire e provare una bomba atomica nel corso del Progetto Manhattan, un progetto scientifico-militare teso a battere sul tempo gli scienziati impegnati nel Programma nucleare tedesco, realizzando l'ordigno atomico prima che essi riuscissero a dare a Hitler un'arma di distruzione di massa.

Un'imponente équipe di scienziati, soprattutto ebrei, provenienti da tutto il mondo, fra cui Enrico Fermi e i membri del leggendario "clan degli Ungheresi", John von Neumann, Leo Szilard, Edward Teller, Paul Erdős ed Eugene Wigner, collaborò alla realizzazione del progetto.

Il primo test nucleare, nome in codice "Trinity", si svolse il 16 luglio 1945 ad Alamogordo, nel Nuovo Messico. Una bomba di prova, denominata "The Gadget", fu fatta esplodere con successo. I lanci su Hiroshima e Nagasaki, quindi, furono la seconda e terza detonazione della storia delle armi nucleari.

La segretezza del Progetto Manhattan era tale che il Presidente degli Stati Uniti d'America Harry S. Truman venne a conoscenza della sua esistenza solo dopo la morte di Franklin D. Roosevelt; fu lui che decise di utilizzare la nuova bomba sul Giappone. Nelle sue intenzioni dichiarate, il bombardamento doveva determinare una risoluzione rapida della guerra, infliggendo una distruzione totale e infondendo quindi nel governo giapponese il timore di ulteriore distruzione: questo sarebbe stato sufficiente per determinare la resa dell'Impero giapponese.

 

 

Harry Truman

 

Il 26 luglio 1945 Truman e gli altri capi di Stato Alleati stabilirono, nella Dichiarazione di Potsdam, i termini per la resa giapponese. Il governo militare nipponico la respinse. Il segreto della bomba atomica era ancora custodito, e alla sua esistenza non si fece minimamente cenno nella dichiarazione.

Nel corso di una riunione tenutasi negli Stati Uniti a maggio 1945, erano stati suggeriti, come obiettivi, le città di Kyōto, Hiroshima, Yokohama, Kokura e Nagasaki, oppure gli arsenali militari. Nel corso della riunione si decise di non utilizzare la bomba atomica esclusivamente su un obiettivo militare, per evitare di mancare l'obiettivo, e quindi "sprecare" la bomba. Nella decisione finale, difatti, dovevano essere tenuti in maggior conto gli effetti psicologici che l'utilizzo della bomba atomica doveva avere sul governo giapponese. Inoltre era opinione diffusa che la nuova bomba dovesse avere un effetto sufficientemente spettacolare da essere riconosciuta a livello mondiale.

La scelta cadde dapprima su Kyōto, il più noto ed importante noto centro di cultura giapponese; ma proprio per questo la città fu risparmiata e sostituita con Kokura, Nagasaki e Hiroshima, che ospitava un importante deposito dell'esercito, in cui un'esplosione nucleare avrebbe avuto effetti maggiormente catastrofici, dato che le colline che la circondavano avrebbero amplificato l'effetto della bomba.