GLI ACTA MARTYRUM E LE PASSIONES

 

 

Il termine "martire" deriva dal greco μάρτυς, di cui conserva il significato di "testimone", anche se per lo più nell'accezione di "testimone della fede". Fra gli scritti più antichi del Cristianesimo delle origini vi sono le passioni e gli atti dei martiri, che venivano letti davanti alla comunità raccolta per il servizio liturgico in occasione dell'anniversario del martirio.

Essi si possono dividere in tre gruppi:

1. verbali ufficiali del tribunale (le domande dei funzionari, le risposte dei martiri e le sentenze inflitte): sono i veri e propri Acta;

2. racconti di testimoni oculari o di altri contemporanei (sono le cosiddette Passiones, chiamata anche Martyria);

3. leggende dei martiri: racconti di carattere edificante che mescolano elementi storici e fantasiosi, per cui è molto difficile valutarne l'attendibilità.

Gli Acta martyrum Scillitanorum sono il più antico documento sulla storia della Chiesa d'Africa, oltre che il primo testo cristiano in lingua latina con una data ben precisa: 17 luglio 180, giorno in cui furono processati 9 cristiani della Numidia sotto il proconsole Saturnino.

Si tratta della trascrizione del verbale del processo tenutosi al cospetto del proconsole e conclusosi con la condanna a morte di tutti gli imputati, i cui nomi vengono puntualmente elencati.

 

Paolo Uccello, Martirio di Santo Stefano, 1433-34

Colpisce, proprio a causa della fredda 'impersonalità della trascrizione, la sostanza umana che trapela da entrambe le parti in causa in questa paradossale situazione: il proconsole romano si adopera per cercare di salvarli, tenta di instaurare un colloquio, ma ai suoi sforzi i Cristiani oppongono un muro di incrollabile determinazione: "Christianus sum", "Christiana sum", "Christiani sumus" è la loro risposta. Alla fine, esasperato e sconfitto, il proconsole li manda a morte in ottemperanza alla legge vigente.