Originariamente
sviluppato nell'ambito
della teoria psicoanalitica
da Sigmund Freud,
il "complesso
di Edipo" ispirò
anche Carl Gustav
Jung: fu lui infatti
a descrivere il
concetto e a coniare
il termine "complesso".
Esso spiega la maturazione
del bambino attraverso
l'identificazione
col genitore del
proprio sesso e
il desiderio nei
confronti del genitore
del sesso opposto.
Si basa ovviamente
sul mito greco di
Edipo, che uccide
suo padre, Laio,
e, inconsapevolmente,
sposa sua madre
Giocasta, ed in
particolare sull'Edipo
re di
Sofocle, del
quale Freud era
un grande ammiratore.
Ne
L'interpretazione
dei sogni del
1900 egli scrive
a proposito di questa
tragedia:
"Se
Edipo Re è
in grado di scuotere
l'uomo moderno come
ha scosso i Greci
suoi contemporanei,
ciò non può
che significare
che l'effetto della
tragedia greca non
è basato
sul contrasto tra
destino e volontà
umana, ma sulla
particolarità
della materia sulla
quale questo contrasto
viene mostrato.
Deve esistere nel
nostro intimo una
voce pronta a riconoscere
nell'Edipo la forza
coercitiva del destino
[...]. Ed effettivamente
nella storia di
Re Edipo è
contenuto un tale
motivo. Il suo
destino ci scuote
soltanto perché
avrebbe potuto diventare
anche il nostro,
perché prima
della nostra nascita
l'oracolo ha pronunciato
ai nostri riguardi
la stessa maledizione.
Forse è
stato destinato
a noi tutti di provare
il primo impulso
sessuale per nostra
madre, il primo
odio e il primo
desiderio di violenza
per nostro padre;
i nostri sogni ce
ne convincono. Re
Edipo, che ha ucciso
suo padre Laio e
che ha sposato sua
madre Giocasta,
è soltanto
l'adempimento di
un desiderio della
nostra infanzia.
Ma a noi, più
felici di lui, è
stato possibile,
a meno che non siamo
diventati psiconevrotici,
di staccare i nostri
impulsi sessuali
dalla nostra madre,
e dimenticare la
nostra invidia per
nostro padre. Davanti
a quel personaggio
che è stato
costretto a realizzare
quel primordiale
desiderio infantile,
proviamo un orrore
profondo, nutrito
da tutta la forza
della rimozione
che da allora in
poi hanno subito
i nostri desideri.
Il poeta, portando
alla luce la colpa
di Edipo, ci costringe
a conoscere il nostro
proprio intimo,
dove, anche se repressi,
questi impulsi pur
tuttavia esistono.
[...] Come Edipo,
viviamo inconsapevoli
dei desideri che
offendono la morale,
di quei desideri
che ci sono stati
imposti dalla natura;
quando ci vengono
svelati, probabilmente
noi tutti vorremmo
distogliere lo sguardo
dalle scene dell'infanzia".
Gustave
Moreau, Edipo
e la Sfinge,
1864
A
questo proposito
bisogna ricordare
quanto fosse
importante per Freud,
e quanto lo sarà
per la psicoanalisi
(in particolar modo
il filone junghiano),
ricorrere
al mito:
un po' come nella
filosofia platonica,
il mito diviene
paradigma, exemplum,
una via efficace
per spiegare, più
precisamente per
far affiorare dall'inconscio
ciò che abbiamo
rimosso. L'importanza
dell'arte
per Freud sta anche
in questo.
Freud
nega l'interpretazione
"classica"
della tragedia,
secondo la quale
la morale sta nell'accusa
degli dèi
e del Fato, anzi
nega che sia questa
a causare l'effetto
tragico. Piuttosto
il successo della
tragedia sta nell'identificazione del
lettore in Edipo.
Freud cita espressamente
questi versi (vv.
980-983)
a conferma della
sua tesi:
Σὺ
δ' εἰς
τὰ μητρὸς
μὴ φοβοῦ
νυμφεύματα·
πολλοὶ
γὰρ
ἤδη
κἀν
ὀνείρασιν
βροτῶν
μητρὶ
ξυνηυνάσθησαν·
ἀλλὰ
ταῦθ'
ὅτῳ
παρ'
οὐδέν
ἐστι,
ῥᾷστα
τὸν
βίον
φέρει.
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Non temere,
tu, le nozze
con
tua madre:
molti mortali
giacquero
in sogno
con
la loro madre;
ma l'uomo
che non
se ne
preoccupa affatto
è quello
che
vive
meglio.
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Attraverso
queste parole di
Giocasta
ad Edipo la tragedia
stessa indica esplicitamente,
a parere di Freud, che
la leggenda è
tratta da un primordiale
materiale onirico.
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