Dio
non gioca a dadi
Albert
Einstein
Per
Albert Einstein
l'estetica assume
un valore del tutto
particolare: come
già Platone,
anch'egli considerava
la bellezza una
manifestazione sensibile
del Vero, qualcosa
che porta all'intuizione
del divino. Ovviamente
lo scienziato aveva
una concezione del
bello assai diversa
da quella degli
esteti come Dorian:
non la ravvisava
nell'esteriorità
epidermica delle
forme gradevoli,
ma nell’armonia
e nella
razionalità dell'universo,
che suscitano in
chi sa coglierle meraviglia,
rispetto e umiltà
(è l'atteggiamento
che i Greci identificano
nello θαυμάζειν,
fonte della conoscenza
intuitiva, la più
profonda).
In
un libro recente,
Max Jammer, rettore
emerito della Bar
Lan University di
Gerusalemme ed ex-collega
di Albert Einstein
a Princeton, afferma
che la concezione
di Einstein della
fisica e della religione
erano profondamente
legate: nella sua opinione,
la natura esibiva
tracce di Dio, un
po’ come una "teologia
naturale".
E' come se, con
l’aiuto della scienza
naturale, si potesse
cogliere il pensiero
di Dio.
Albert
Einstein
Una
volta Friedrich
Dürrenmatt disse:
"Einstein parlava
così spesso
di Dio che quasi
lo consideravo un
teologo in incognito"
(Friedrich Dürrenmatt,
Albert Einstein,
Zurigo, 1979, p.
12, citato da Max
Jammer, op. cit.
p. 54). Naturalmente
i fautori dell'ateismo
considerano questi
riferimenti a Dio
einsteiniani semplicemente
dei modi di dire:
nella nostra epoca,
infatti, è
largamente diffusa
la convinzione che
la religione sia
un fenomeno per
"menti deboli",
e il fatto di trovarne
traccia nelle menti
più eccelse
del XX secolo, specie
se si tratta di
scienziati, sorprende
e disturba non poco
chi condivide questa
visione laica dell'esistenza,
proprio perché
la scienza viene
spesso vista come
una specie di antidoto
alla religione e
a tutte le superstizioni
(questa è
l'idea espressa
già da Lucrezio
nel De rerum
natura). Tuttavia
questo è
un preconcetto che
non corrisponde
a verità:
fra i grandi matematici
c'è chi era
ateo e chi invece
era profondamente
religioso, ed anzi
si dà perfino
il caso di chi,
come il grande Ramanujan,
faceva dipendere
strettamente le
sue straordinarie
facoltà di
intuizione matematica
dal contatto con
la divinità;
senza contare che la religione
non si identifica
affatto con la fede,
come possiamo constatare
proprio nel caso
di Einstein.
A detta
di Jammer, che lo
conobbe bene, Dio
aveva per lui un
profondo significato,
di non scarsa importanza
per la sua vita
e la sua attività
scientifica. Per
lui Dio, afferma
ancora Dürrenmatt, "non
era un modo di pensare
teologico, ma piuttosto
l’espressione di
una fede vissuta"
(eines gelebten
Glaubens).
Non
altrettanto si può
dire della religione,
che egli presto
rifiutò.
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