DORIAN E IL TEMA DEL DOPPIO

 

 

Forse il tema più importante de Il ritratto di Dorian Gray, da cui dipendono tutti gli altri, è quello del doppio.

Anche qui, come nel romanzo di Stevenson, Lo strano caso del dott. Jekyll e il signor Hyde del 1886, è fondamentale il conflitto tra bene e male, e il concetto che l’anima lascia sul corpo la sua indelebile impronta; in questo caso però, il discorso è più complicato e agisce su piani diversi. Mentre il dottor Jekyll e il signor Hyde, impersonando il bene e il male, costituiscono due entità anche fisicamente differenti e ben identificabili, Dorian maschera sotto un'apparenza di bene (la bellezza) la sua malvagità, che si mostra con evidenza solo a lui nei momenti in cui osserva il ritratto, magico specchio della sua anima.

Dorian è dunque intimamente scisso, diviso tra bene e male; ma la sua dualità si manifesta anche sotto altri aspetti, che hanno in comune l’essenziale tema della contrapposizione tra arte e vita reale (tema frequentissimo nel decadentismo). È evidente che tra Dorian uomo e Dorian ritratto quello dei due legato all’arte sia quello dipinto sulla tela; è anche vero, però, che è il quadro a vivere realmente, in quanto cambia, si trasforma, cresce e invecchia, mentre il Dorian in carne ed ossa è congelato nel suo magnifico aspetto proprio come se fosse un’opera d’arte.

 

 

I due personaggi che simboleggiano e alimentano i due poli del conflitto interiore che divide Dorian, l’arte e la vita, sono i due migliori amici di Dorian, Basil Hallward, il pittore, che in quanto tale rappresenta l’arte, e il cinico e amorale Lord Henry Wotton, il cattivo consigliere, che seduce e convince il protagonista con le sue teorie sulla vita (e per questo si può dire che rappresenti la vita vera); la questione non è però così semplice, ed infatti i ruoli si scambiano anche in questo caso: il cattivo consigliere agisce sul Dorian uomo per renderlo un’opera d’arte (è infatti lui a convincerlo che la giovinezza e la bellezza sono le uniche cose importanti); il pittore, l’artista, invece trasfonde nella sua opera, nel ritratto di Dorian, parte della sua visione della vita e della sua moralità; ed è infatti il ritratto ad essere in un certo senso vivo.

Un esempio: quando Sybil si suicida perché rifiutata malamente da Dorian, quest’ultimo è mosso da due spinte: all’inizio si dispera (ripensando anche alla smorfia di perfidia assunta dal ritratto la notte precedente), ma poi Henry lo convince a vivere quest’esperienza come una magnifica tragedia, come la conclusione di un’opera d’arte.

Il tema del "doppio" è stato studiato con particolare attenzione da Otto Rank, allievo di Sigmund Freud, nella sua opera Il doppio (Der Doppelgänger), del 1914; egli collega il doppio all'emergere delle più profonde angosce di distruzione dell'Io, mettendolo quindi in connessione con la morte; nell'improvviso pararsi innanzi a noi di un sosia (il nostro "doppio"), il rimosso riemerge con violenza, superando gli sbarramenti della censura, e l'Io viene sopraffatto dall'angoscia.

Freud riprenderà il concetto del doppio di Rank nel suo saggio sul Perturbante (1919), istituendo la celebre contrapposizione heimlich/unheimlich, familiare ed estraneo (perturbante, appunto).

Rank introduce il tema prendendo a modello un noto film dell'epoca, "Lo studente di Praga", per concentrare poi la sua analisi sulla vasta quantità di materiale offerta, di cui tenta di redigere un catalogo.

I numerosi esempi vanno da Hoffmann, Chamisso, Andersen, Lenau, Goethe, Jean Paul, Heine, de Musset, Raimund, Maupassant, Wilde, Kipling ai più famosi "William Wilson" di Poe e "Goliàdkin" di Dostoevskij.

Le storie incentrate sul doppio hanno tutte alcune caratteristiche strutturali comuni; possono però approdare a esiti diversi. Il soggetto si confronta col suo doppio, l'immagine di se stesso; solitamente, solo il soggetto può vedere il proprio doppio, che gli appare esclusivamente in privato, oppure solo lui può percepirne la presenza. Inoltre il doppio produce due effetti apparentemente contraddittori: da una parte opera ai danni del soggetto, gli appare nei momenti meno opportuni, lo condanna al fallimento; dall'altra realizza i suoi desideri più reconditi o rimossi, agisce come il soggetto non oserebbe mai, o come la sua coscienza non gli permetterebbe mai di agire. Se il finale è positivo, le due personalità scisse si riconciliano, oppure la parte "malvagia" scompare. Se il finale è tragico, il soggetto uccide il proprio doppio, ma, uccidendolo, uccide se stesso, non sapendo che la sua reale sostanza e il suo più autentico essere si concentrano in lui.

E' questo precisamente il caso di Dorian Gray, rispetto al quale Rank scrive: "l'adorazione iniziale per la propria bellezza cede lentamente il passo al disgusto per il proprio IO, frantumando lo specchio".