Il
celebre saggio
L’umorismo
fu scritto da
Pirandello nel
1908 con intenti
accademici,
evidenti nella
trattazione
storica che
costituisce
la prima parte,
mentre la seconda,
dedicata all’analisi
dell’”essenza”
dell’umorismo,
riflette maggiormente
il programma
letterario dell’autore;
ma già
le Premesse
iniziali
del Fu
Mattia Pascal,
del 1904, avevano
gettato le basi
della nuova
poetica.
L'opera si apre infatti
con due premesse: la
prima in cui ci viene presentato il protagonista-narratore e il suo strano caso;
e la seconda, "filosofica", nella quale l'autore espone, per bocca
di Mattia, la sua concezione dell'uomo e della vita.
Riporto
la parte finale
della seconda
premessa, intitolata
Premessa seconda (filosofica) a mo' di scusa,
che ritrae Mattia,
ormai "fu
Mattia",
all'interno
della biblioteca
in cui aveva
lavorato in
passato, alle
prese con don
Eligio Pellegrinotto,
il suo amico
bibliotecario,
che lo esorta
da tempo a
scrivere un
libro:
Tutto sudato e impolverato, don Eligio scende dalla scala e viene a
prendere una boccata d'aria nell'orticello che ha trovato modo di far
sorgere qui dietro l'abside, riparato giro giro da stecchi e spuntoni. -
Eh, mio reverendo amico, - gli dico io, seduto sul murello, col mento
appoggiato al pomo del bastone, mentr'egli attende alle sue lattughe. -
Non mi par più tempo, questo, di scriver libri, neppure per ischerzo.
In considerazione anche della letteratura, come per tutto il resto, io
debbo ripetere il mio solito ritornello: Maledetto sia Copernico!
Luigi
Pirandello
-
Oh oh oh, che c'entra Copernico! - esclama don Eligio, levandosi su la
vita, col volto infocato sotto il cappellaccio di paglia. - C'entra, don Eligio. Perché, quando la Terra non girava... - E dàlli! Ma se ha sempre girato! -
Non è vero. L'uomo non lo sapeva, e dunque era come se non girasse. Per
tanti, anche adesso non gira. L'ho detto l'altro giorno a un vecchio
contadino, e sapete come m'ha risposto? ch'era una buona scusa per gli
ubriachi. Del resto, anche voi scusate, non potete mettere in dubbio
che Giosuè fermò il Sole. Ma lasciamo star questo. Io dico che quando
la Terra non girava, e l'uomo, vestito da greco o da romano, vi faceva
così bella figura e così altamente sentiva di sé e tanto si compiaceva
della propria dignità, credo bene che potesse riuscire accetta una
narrazione minuta e piena d'oziosi particolari. Si legge o non si legge
in Quintiliano, come voi m'avete insegnato, che la storia doveva esser
fatta per raccontare e non per provare? - Non nego, - risponde don
Eligio, - ma è vero altresì che non si sono mai scritti libri così
minuti, anzi minuziosi in tutti i più riposti particolari, come dacché,
a vostro dire, la Terra s'è messa a girare. - E va bene! Il
signor conte si levò per tempo, alle ore otto e mezzo precise... La
signora contessa indossò un abito lilla con una ricca fioritura di
merletti alla gola... Teresina si moriva di fame... Lucrezia spasimava
d'amore... Oh, santo Dio! e che volete che me n'importi? Siamo o
non siamo su un'invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di sole,
su un granellino di sabbia impazzito che gira e gita e gira, senza
saper perché, senza pervenir mai a destino, come se ci provasse gusto a
girar così, per farci sentire ora un po' più di caldo, ora un po' più
di freddo, e per farci morire - spesso con la coscienza d'aver commesso
una sequela di piccole sciocchezze - dopo cinquanta o sessanta giri?
Copernico, Copernico, don Eligio mio ha rovinato l'umanità,
irrimediabilmente. Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco adattati alla
nuova concezione dell'infinita nostra piccolezza, a considerarci anzi
men che niente nell'Universo, con tutte le nostre belle scoperte e
invenzioni e che valore dunque volete che abbiano le notizie, non dico
delle nostre miserie particolari, ma anche delle generali calamità?
Storie di vermucci ormai le nostre. Avete letto di quel piccolo
disastro delle Antille? Niente. La Terra, poverina, stanca di girare,
come vuole quel canonico polacco, senza scopo, ha avuto un piccolo moto
d'impazienza, e ha sbuffato un po' di fuoco per una delle tante sue
bocche. Chi sa che cosa le aveva mosso quella specie di bile. Forse la
stupidità degli uomini che non sono stati mai così nojosi come adesso.
Basta. Parecchie migliaja di vermucci abbrustoliti. E tiriamo innanzi.
Chi ne parla più? Don Eligio Pellegrinotto mi fa però osservare che
per quanti sforzi facciamo nel crudele intento di strappare, di
distruggere le illusioni che la provvida natura ci aveva create a fin
di bene, non ci riusciamo. Per fortuna, l'uomo si distrae facilmente. Questo
è vero. Il nostro Comune, in certe notti segnate nel calendario, non fa
accendere i lampioni, e spesso - se è nuvolo - ci lascia al bujo.
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